martedì 4 gennaio 2011

KP 1: Lungo fucile

(Ho deciso di rileggere da capo la saga di Ken Parker e di annotare qualche stimolo, qualche immagine di volta in volta. Sarà una lunga e appassionante cavalcata.... Si comincia ovviamente col numero 1....)

Titolo: Lungo fucile
Data: Giugno 1977

Soggetto/Sceneggiatura:
Giancarlo Berardi
Disegni/Copertina:
Ivo Milazzo




Una prima novità grafica della serie è data dall'immagine di copertina che dalla prima continua anche in quarta: una novità in casa Bonelli. Milazzo può così sfoggiare il suo talento incantando il lettore con i suoi acquarelli.

In seconda di copertina c'è un'interessante introduzione alla serie (non è firmata, forse è di Sergio Bonelli) in cui si parla dell'immagine del West che si vuole proporre con la nuova collana. La riporto qui di seguito, perché rappresenta una chiarissima dichiarazione di intenti.


Direi che la presa di distanza dalla morale di un certo West conservatore e reazionario è più che esplicita....

I disegni dell'albo sono del 1974 e Lungo fucile avrebbe dovuto essere un numero unico ed autoconclusivo all'interno della collana Rodeo, ma Bonelli ne fu folgorato e decise così di dedicare un'intera collana al nuovo personaggio. Non posso non proporre la tavola d'apertura che mostra un Ken barbuto e il giovane, entusiasta ma sfortunato fratello Bill.


La storia ha inizio in una data precisa: il 29 dicembre del 1868. Lo scorrere del tempo è una caratteristica della serie che la differenzia dalle altre bonelliane, in cui il protagonista in genere non invecchia mai.

Fin da subito Berardi presenta alcuni importanti valori di Ken: lo vediamo in questa vignetta.


Ken non usa un moderno Winchester a retrocarica ma un vecchio Kentucky, ad avancarica e dotato di un colpo solo. D'altronde per l'uso che ne fa è più che sufficiente e anzi migliore di un automatico.

I due fratelli sono vittima di un agguato per rapina, nel quale il giovane Bill perde la vita. Gli autori sono tre bianchi, anche se usano dei cavalli non ferrati, Ken capisce dalle impronte degli zoccoli che i ferri sono stati tolti da poco per simulare un agguato da parte di indiani. La rabbia di Ken è tremenda e visibile in questo intenso primo piano.


La somiglianza con Jeremiah Johnson di "Corvo rosso non avrai il mio scalpo", film di Sydney Pollack interpretato da Robert Redford, è evidentissima.
Ken decide di vendicarsi e le tracce dei tre lo portano a Fort Smith, dentro la riserva indiana dei Cheyenne, poco prima che abbia luogo la rivolta degli stessi indiani che, stufi di essere ingannati dalle false promesse dei bianchi che li stanno affamando, decidono di assalire il forte e di morire in battaglia.

Ecco una splendida e cruda vignetta raffigurante uno degli assalitori Cheyenne.




I tre si sono arruolati come scout e così pure fa Ken, con il dichiarato obiettivo di smascherarli. L'assalto al forte fallisce parzialmente, così i guerrirei Cheyenne fuggono portandosi dietro donne, vecchi e bambini. I soldati guidati dagli scout li inseguono. Di nuovo Berardi ci fa conoscere, in più di una vignetta, idee alla base della morale di Ken che ritroveremo poi lungo la serie. Eccone due.


La crudeltà nell'uomo non conosce differenze di colore della pelle.


Per guadagnare tempo, essendosi trovati in una situazione difficile accerchiati dagli indiani, Ken ha ucciso uno sciamano con un colpo del suo Kentucky a grande distanza, riscuotendo le congratulazioni dei soldati: lui però non ne è felice...


Avvengono poi degli scontri, rappresentati da suggestive tavole di Milazzo.



Si rivela anche la viltà di un sergente che ordina di attaccare un gruppo pressoché indifeso di donne, vecchi e bambini.



Ken riesce a scovare gli assassini di suo fratello. In queste immagini Milazzo rappresenta con grande effetto la sua rabbia.




Memorabile la tavola finale: Ken ha ucciso gli assassini di Bill che, per recuperare la refurtiva, avevano torturato la moglie del capo Cheyenne Mandan. Quest'ultimo ha salvato la vita a Ken che stava per essere a sua volta ucciso con la motivazione di tradimento dal vile sergente.
Le parole di Mandan rivelano tutta la tristezza e lo scoramento di un popolo mille volte ingannato e mille volte colpito a morte dalle false promesse dell'uomo bianco. Nello stesso tempo c'è anche la presa di coscienza che la violenza delle armi non porta da nessuna parte, anche se non si intravede un'alternativa.




Il primo albo propone quindi temi importanti con efficacia e chiarezza: protagonista è subito lo scontro fra le due civiltà che viene presentato con grande amarezza. Nello scenario generale emergono le virtù e le viltà dei singoli, il rispetto reciproco fra uomini leali al di là del colore della pelle. Vediamo un Ken colpito violentemente negli affetti capace di scatenare una rabbia distruttiva. Nello stesso tempo emerge la sua grande umanità e il rispetto per chi combatte per difendere la propria vita e la propria dignità.

12 commenti:

  1. Sai che con quest'albo non riesco mai ad essere obiettivo?

    Questo perché all'epoca, non lessi KP cronologicamente, ma iniziai da "chemako" (ehm), per poi recuperare più tardi i primi albi, risalendo la corrente.

    La dico brutale... Penso che il primo albo fosse un western, tutto sommato, non cos' rivoluzionario a tutto quello che è venuto dopo. Perfino il personaggio è lontano dalla complessità psicologica che ha assunto nel corso delle storie.

    Ma non credo sia un limite: dimoistra che lavoro incredibile abbiano fatto berardi e milazzo.

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  2. beh, il primo albo avrebbe dovuto essere un pezzo unico, la complessità psicologica ha bisogno di più numeri per potersi dipanare. Pensa che io lessi per primo Sciopero e poi cercai gli altri albi. Lungo Fucile è una bella presentazione ma non è sicuramente il miglior albo della serie. Penso si capisca comunque che Ken non sarebbe stato un personaggio classico western.

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  3. Accidenti, Alessandro, complimenti! Se continui così potrebbe venir fuori l'enciclopedia definitiva su Ken Parker (che oltre a svelarne chiavi di lettura e dietro le quinte potrebbe anche avvicinare qualche "profano" incuriosito)

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  4. Bellissima analisi, Alessandro. Un bel tuffo nel passato. Ma questa cosa che Bonelli ne fu folgorato e chiese a Berardi di estendere quella storia ad una serie regolare, proprio non la sapevo.

    Quindi dobbiamo ringraziare anche the Big Sergio, presumo.

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  5. sì Luigi, dobbiamo proprio ringraziare Sergio Bonelli: la notizia l'avevo letta tempo fa ed è riportata anche sul peziosissimo sito di fumetti ubcfumetti.com: http://www.ubcfumetti.com/kp/1.htm

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  6. Credo che Bonelli ne abbia parlato (ma devo andare a riguardare per essere preciso) anche nel libro intervista con Busatta "Come Tex non c'è nessuno".

    Bonelli oltre che un grande editore è stato forse il più grande "talent scout" del fumetto italiano: non è da tutti riconoscere ed esaltare talenti così diversi gli uni dagli altri: Berardi, Castelli, sclavi...

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  7. caro ulla volevo farteli di persona, ma a quanto pare domani (per me che scrivo) non ci si vedrà: complimenti dunque e auguri per l'impresa!

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  8. Una bella impresa... ti seguo sul sentiero di Lungo Fucile...Chemako.

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  9. Ken Parker era davvero un bellissimo fumetto, ma ora lo fanno ancora? abito all´estero e qui non si trova niente

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  10. l'ultima edizione italiana che ha ripubblicato le storie integralmente è della Panini, e si è conclusa nel 2006.. la puoi trovare su amazon

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  11. Ho 47 anni e per la prima volta ho letto KP che dire....di una poesia folgorante, chemako e terre bianche sono i miei preferiti, sono al numero 18. Insegna piu' questo fumetto di tanti libri.

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  12. son d'accordo con te: insegna più di tanti altri libri o film ...
    e vedrai che sarà sempre più coinvolgente ed emozionante...

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