Il caso ha voluto che due letture, apparentemente distanti fra loro, si incrociassero durante queste vacanze. Mi riferisco a L'uomo delle Filippine, l'intenso racconto a fumetti di Giancarlo Berardi, disegnato magistralmente da Ivo Milazzo, uscito nell'aprile del 1980 per la collana Un uomo un avventura della Sergio Bonelli Editore (allora edizioni CEPIM) e del libretto Contro l'imperialismo di Mark Twain nell'edizione italiana della Mattioli 1885.
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Particolarmente cruenta fu la reazione che gli USA riservarono ai filippini che si ribellarono alla svendita per 20 milioni di dollari del loro paese operata dalla Spagna in favore degli stessi americani. La guerra che ne nacque si rivelò molto violenta: si protrasse fino al 1913 causando quasi un milione di vittime fra i filippini e vedendo l'uso da parte delle truppe americane di tecniche di tortura come il waterboarding e dei campi di concentramento. Nel primo testo presentato nel libro, Alla persona che vive nelle tenebre, del febbraio 1901, Twain si scaglia duramente, fra l'altro, contro l'ipocrisia dei politici del suo paese, sottolinenado le atrocità commesse in nome della civiltà.
Penso che le parole dello scrittore americano siano l'ideale accompagnamento degli acquarelli di Milazzo e della storia raccontata da Berardi, che vede il vecchio protagonista Stappleton, un membro della Commissione di inchiesta per i crimini di guerra, recarsi in incognito in un campo militare nel mezzo della giungla controllata dai ribelli. Lì potrà toccare con mano le atrocità commesse dai soldati e diventarne testimone. Il racconto di Berardi si conclude con un processo relativo ad un'altra strage di guerra di un'epoca diversa ma idealmente collegata alla prima: quella del villaggio di Mylai in Vietnam del 16 marzo del 1968. In realtà ogni crimine di guerra è collegato a tutti gli altri: ciò che li unisce tutti è che sono connaturati alla guerra stessa, qualsiasi essa sia, e qualsiasi sia la causa che l'ha scatenata.
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Disegno di Ivo Milazzo: la mitragliatrice non risparmia i civili |
"...Certo, han l'aria d'esser cose equivoche, ma non lo sono. Sì, ci sono state falsità, ma sono state dette per una buona causa. Siamo stati sleali, ma è stato solo perché il vero bene potesse venire fuori da un male apparente. Certo, abbiamo schiacciato un popolo ingannato e fiducioso, ci siamo scagliati contro i deboli e gli indifesi che avevano fiducia in noi; abbiamo spazzato via una repubblica giusta, intelligente e bene organizzata;
abbiamo pugnalato alle spalle un alleato e prso a schiaffi un ospite; abbiamo comprato un'Ombra da un nemico che non aveva nulla da vendere; abbiamo derubato della terra e della libertà un amico che si fidava di noi; abbiamo esortato i nostri ragazzi puliti e onesti a imbracciare un moschetto screditatao e a fare un lavoro da bandti sotto una bandiera che i banditi si erano abituati a temere, e non a seguire; abbiamo insozzato l'onore d'America e sporcato il suo viso davanti al mondo; ma ogni singola cosa è stata per il bene comune.
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Disegno di Ivo Milazzo: Stappleton cita Mark Twain |
Lo sappiamo. Il Capo di ogni Stato e Sovranità nel Mondo Cristiano e il novanta per cento di ogni corpo legislatvo del Mondo Cristiano, inclusi il nostro Congresso e le nostre cinquanta Legislature Statali, sono membri non solo della chiesa, ma anche del Trust Benedizioni-della-Civiltà. Quest'accumulo che abbraccia tutto il mondo di morali ammastrate, di elevati principi, e di giustizia, non può compiere un atto sbagliato, un atto ingiusto, un atto ingeneroso, un atto sporco. Sa di che cosa si tratta. Non tenere: va tutto bene..."
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Disegno di Ivo Milazzo: il waterboarding |
"..Quanto poi alla bandiera per la Provincia Filippina, la cosa è presto risolta. potremmo adottarne una speciale - i nostri Stati lo fanno: magari semplicemente la nostra bandiera, ma con le strisce bianche dipinte di nero e le stelle sostituite da teschi e tibie incrociate..."
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Disegno di Ivo Milazzo: scene di battaglia nella giungla |
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Disegno di Ivo Milazzo: processo per la strage di Mylai nel Vietnam |
La fine? Non direi...
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Abu Ghraib, Iraq, 2003 |
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