giovedì 2 gennaio 2020

Magico Vento: felice ritorno del 2019

Copertina di Corrado Mastantuono

La Sergio Bonelli Editore ha saggiamente alternato nel corso del 2019 sperimentazioni con nuove miniserie, nuovi personaggi e nuovi formati alla ripresa di personaggi classici, quali Mister No, Napoleone e Magico Vento. Fra i fumetti migliori pubblicati dalla casa editrice milanese figura senz'altro lo sciamano bianco dei Lakota, creato da Gianfranco Manfredi. Quest'ultimo ha deciso di continuare laddove avevamo lasciato il Nostro: ritirato in Messico, dopo aver combattuto, e perso, a fianco del valoroso capo apache Victorio. I quattro nuovi albi si pongono quindi in continuità temporale rispetto alle storie precedenti. Siamo nel 1881 e la Storia incrocia di nuovo il suo corso con la vita di Magico Vento e dell'inseparabile amico giornalista Poe.
Ancora emerge forte il tratto distintivo del personaggio: il sapiente intreccio fra avvenimenti storici della Frontiera, le tradizioni e il mondo soprannaturale dei nativi americani e la vita dei protagonisti. Il tutto cucito secondo delle trame avventurose che tengono il naso del lettore attaccato dalla prima all'ultima pagina. Nove anni son trascorsi dalla conclusione della serie regolare di Magico Vento, ma attendere così tanto le nuove avventure è valsa la pena. Forse non è chiaro a tutti il valore che ha Magico Vento. Credo sia l'unico fumetto western che conduce il lettore dentro la vita quotidiana da un lato, e quella storica dall'altro di un mondo che ha popolato per decenni l'immaginario collettivo di lettori di libri e fumetti e spettatori di film e serie western.
Il mix di realismo e avventura è riuscito anche in questo caso, dove vediamo Magico Vento e Poe agire al fianco di personaggi storici quali il capo apache Geronimo e i fratelli Wyatt e Virgil Earp. Una rivolta indiana, ispirata da Mingus, un pericoloso predicatore bianco, è il collante che lega questi personaggi nei luoghi attorno alla riserva indiana di San Carlos, nel Fort Apache e nella città di Tombstone. Manfredi dà il suo meglio quando svolge l'intreccio delle azioni di guerriglia, degli inseguimenti, dei trabocchetti, degli scontri nei quali il Nostro affianca Geronimo. Nulla è lasciato al caso, tutto è meticolosamente spiegato attraverso il suo semplice svolgersi. E ogni cosa va al suo posto. Il bello, in realtà, è dato da tutti i personaggi apparentemente minori, come il corrotto agente della riserva Bosom, o lo scout apache Chato, o il fanatico collonnello Carr, o le due donne, l'apache Lozen e la papago Chona, che si riveleranno fondamentali figure nell'ultima pagina del quarto albo.


Manfredi spazia dagli ampi paesaggi polverosi percorsi a cavallo da apache e soldati al fuoco che divampa dentro Fort Apache al celebre OK Corral di Tombstone, scena dello scontro fra i fratelli Earp e Doc Holliday da una parte e i cinque cow boys capitanati da Ike Clanton dall'altro. Attraverso questo duello, diventato epico grazie a film e libri, si conclude la caccia di Magico Vento. Mingus viene ucciso e, con lui, la sua pericolosa profezia. Ma non c'è niente di epico nelle gesta disegnate con tratto realistico e preciso da Darko Perovic: la guerra è solo "una sequenza di massacri, spesso a danno di innocenti, una sconfitta per tutti che nessuna epica può sublimare in eroismo", come scrive lo stesso Manfredi nella rubrica "Blizzard Gazette", in apertura del terzo albo.
Il ritorno di Magico Vento racconta di un mondo al tramonto, in cui ci sono stati degli sconfitti, i nativi americani, e dei vincitori, i bianchi. Gli sconfitti, però, hanno perso solo militarmente, la loro resistenza non si è mai fermata: è proseguita attraverso forme diverse lungo tutte le generazioni che si sono siccedute fino ai giorni nostri. E l'ultima pagina dell'ultimo albo mostra come magico Vento e Poe intendano proseguire nella loro lotta al fianco dei nativi.
Quattro albi terminano presto, ma sappiamo che Manfredi e Perovic hanno altre storie in serbo per noi. Le attendiamo con trepidante ansia.

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