domenica 8 marzo 2015

Ken Parker senza speranza



Ancora il carcere. È questo il contesto in cui la continuty dell'umana avventura di Ken Parker si interrompe nel primo dei quattro albi speciali semestrali (pubblicato per la prima volta dalla Sergio Bonelli Editore nel luglio del 1996 e ristampato una settimana fa da Mondadori) con i quali il Nostro si congeda dai suoi lettori. Due dei tre albi successivi, infatti, narrano di avventure che si collocano temporalmente prima de I condannati e uno vede il figlio Teddy come protagonista. Il ritorno al formato bonelliano classico trova Chemako testimone di una delle peggiori situazioni umane in cui sia mai capitato. Dopo la rivolta del carcere di Jackson, di cui è stato uno dei protagonisti, Ken viene trasferito in un penitenziario di massima sicurezza, a Fort Lauderdale, in mezzo alle everglades della Florida. Un ambiente inospitale, in cui la natura è il primo elemento punitivo nei confronti dei prigionieri, ma non il peggiore. Se a Jackson il tentativo (vano) del direttore era stato quello di impostare la detenzione dei carcerati su delle basi rieducative, qui a Fort Lauderdale non c'è nessuna speranza. Il fine è solo la punizione, dura, spietata, violenta, senza redenzione. Un lager, dove i condannati sono sottoposti ad un lavoro massacrante in mezzo alla palude, in balia di secondini che giocano con la loro vita mentre il direttore dedica attenzioni “particolari” ad alcuni detenuti. Un incubo nel quale Ken riesce a mantenere viva, nonostante tutto, la propria umanità, che si manifesta innanzitutto nell'aiuto ad Hamilton, un condannato anziano. Intorno a questo compagno di sventure e alla sua storia si dipana la trama di questo albo che si conclude tragicamente con un inutile tentativo di fuga, in cui lo stesso Ken viene coinvolto contro la propria volontà.



Come al solito, nei soggetti di Giancarlo Berardi, la storia con i suoi sviluppi ben congegnati è funzionale a far emergere lo spessore dei personaggi, con il loro corredo di sentimenti e di idee. Giri l'ultima pagina e ti accorgi che quello che rimane non è la soluzione ingegnosa con cui Ken ha individuato l'assassino di Hamilton, ma sono le emozioni e i volti dei protagonisti, da Hamilton al direttore, dal medico al secondino, dal detenuto in fin di vita a quello suicida. Tanti personaggi, tante facce (splendidamente disegnate da Pasquale Frisenda e Laura Zuccheri), tante storie di tragica umanità, tutte accomunate da uno sguardo che non lascia spazio a nessuna speranza. È un'amarezza indicibile che ti consegna questa storia, una visione dell'uomo e del suo mondo senza possibilità di salvezza. Manca solo un mese all'epilogo inedito delle avventure di Ken, che lo vedranno, già lo sai, finalmente fuori dal carcere: e questo ti rincuora. Ma ti sei portato dentro per quasi vent'anni quest'amarezza. E, da lettore appassionato di un personaggio che, per il suo realismo, buca la carta su cui è disegnato per entrare nella vita, non puoi altro che constatare che è stato un vero peso.

5 commenti:

  1. Bella recensione su uno degli episodi più drammatici.
    vent anni di attesa, però, per conoscere l'epilogo del nostro eroe-antieroe, sono stati decisamente troppi. È come se fossimo rimasti incarcere anche noi, o, almeno, la nostra immaginazione, lì con lui

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    1. Vero, una parte di noi è rimasta con lui per troppi anni. Sarà una liberazione in tutti i sensi poter leggere l'epilogo dell'umana avventura di Ken.

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  2. Frisenda e Zuccheri: due allievi che hanno spiccato il volo e che mi sarebbe tanto piaciuto rivedere sulle pagine di Ken. Per consolarmi custodisco un fantastico profilo proprio di Ken che Laura Zuccheri a realizzato per me due anni fa a Lucca, confessando il suo amore per il personaggio.

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    1. mi accorgo solo adesso di non aver firmato il post.
      Saluti. Gaspare

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    2. Son d'accordo, Gaspare. Il Ken di Frisenda è quello che, dopo Milazzo, preferisco. Ogni volta che Laura Zuccheri firma i disegni di un albo di Julia, è una delizia per gli occhi.
      Ciao

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