domenica 30 gennaio 2011

KP 4: Omicidio a Washington

Titolo: Omicidio a Washington
Data: Settembre 1977

Soggetto/Sceneggiatura:
Giancarlo Berardi
Disegni/Copertina:
Ivo Milazzo





In seconda di copertina un canto guerriero Dakota con il consueto disegno di Ivo Milazzo  per la rubrica "Tracce nel vento"


E al numero 4 la coppa Berardi-Milazzo piazza la prima bomba della serie. Omicidio a Washington è uno degli albi che mi piacciono di più per diversi motivi. E' rivoluzionario dal punto di vista grafico, per alcune scelte che vedremo, la storia è molto avvincente e si sviluppa su due scenari completamente diversi, Berardi fa esprimere a Ken dei concetti importanti del suo modo di vedere il mondo e infine accade il primo fatto che segnerà una svolta nel seguito delle vicende. Ma andiamo con ordine.
Nel numero precedente, I gentiluomini, avevamo lasciato Ken in viaggio su un treno diretto ad est. Qui scopriamo la destinazione finale: Washington, la capitale, e la bella tavola d'apertura ci mostra il Nostro in stazione con un'espressione un po' frastornata. Ken è ritratto vestito da trapper, con tanto di fucile, sella e borsone: la sua figura è sovrapposta alle due vignette orizzontali sotto il titolo, creando un effetto di stacco rispetto allo sfondo rumoroso e caotico della stazione.


Ken è a Washington per incontrarsi con un personaggio storico realmente esistito, Ely Donehogawa, un irochese (laureatosi in ingegneria e giurisprudenza) cui il presidente Grant ha affidato l'incarico di Commissario dell'Ufficio per gli Affari Indiani. Ken deve sollecitarlo affinché nomini un agente indiano nella riserva Dakota in cui si trova Fort Smith. Negli ultmi periodi, infatti, ci sono state delle continue provocazioni da parte dei bianchi nei confronti dei Dakota con l'intento di causare una nuova guerra indiana. Motivo? Il solito... la recente scoperta dentro la riserva di giacimenti minerari che fanno gola alle compagnie...
Donehogawa incontra Ken e lo fa partecpare ad una seduta parlamentare durante la quale il Commissario parla all'assemblea. E qui si apre una sequenza di tavole straordinarie, tanto per i disegni, quanto per i contenuti, che culminano nelle tavole seguenti:

Disegno di Ivo Milazzo: Eli Donehogawa pronuncia il suo atto di accusa nell'aula parlamentare

Queste sono tavole storiche: per la prima volta nella storia della Bonelli, un unico disegno copre completamente due pagine. E l'eccezionalità grafica è giustificata dalla grandiosità delle tavole che abbraccia tutta l'aula parlamentare, partendo dal primo piano del pubblico rumoreggiante nel loggione, per scendere sui deputati negli scranni fino a Donehogawa che, davanti alla Presidenza, in piedi sta declamando il suo discorso. Le parole del Commissario sono importanti ed esplicite: accusa gli Stati Uniti d'America di genocidio verso il popolo rosso.
Di grande pathos è anche la tavola successiva, più tradizionale graficamente, ma di enorme impatto per la scena rappresentata e le parole pronunciate da Ken:

Disegno di Ivo Milazzo: Ken si vergogna di essere un cittadino americano

Il cuore del lettore batte con quello di Ken, sbottato per l'indignazione di essere rappresentato da individui che non possono essere chiamati uomini. E' l'indignazione dell'uomo comune, che magari non ha studiato, ma che conosce i valori dell'onestà e della lealtà. Ogni singola vignetta di questa tavola è memorabile per le espressioni che Milazzo fa assumere al viso di Ken, per la forza e la chiarezza delle parole che Berardi gli fa pronunciare, e infine per l'uscita sdegnosa dall'aula degli unici che possono dire di avere una dignità.
In tre sole tavole sono condensati quindi molti sentimenti e molte idee di Ken che sono sufficienti per far innamorare il lettore al personaggio.
Rispetto all'interpretazione grafica di Ken, si può notare che il tratto di Milazzo è evoluto rispetto ai numeri passati: c'è ancora qualche isolata vignetta in cui l'espressione del viso di Lungo fucile è un po' incerta ma, in generale, si può dire che Ken abbia raggiunto la sua rappresentazione grafica classica. Anzi, in questo numero ho osservato che lo spettro di espressioni diverse assunte dal viso di Ken è molto ampio. L'abbiamo già visto nella tavola in cui Ken sbotta al Parlamento, ma ce ne sono altre lungo tutto l'albo che rivelano vari stati d'animo diversi. Eccone alcune:

Disegno di Ivo Milazzo

Disegno di Ivo Milazzo

Disegno di Ivo Milazzo

Tornando alla storia, gli affaristi senza scrupoli in combutta con i politici corrotti fanno assassinare Ely Donehogawa: questa è una licenza che si prende Berardi visto che il Commissario per gli Affarii Indiani in realtà morì di morte naturale. In ogni caso Ken viene accusato dell'omicidio e finisce in galera, dalla quale viene tirato fuori da Oake Barnum, l'agente della Pinkerton che Ken aveva conosciuto lungo il viaggio in treno. A queso punto c'è una bella sequenza in cui un Ken triste esprime la sua difficoltà nei confronti dell'ambiente cittadino.

Disegno di Ivo Milazzo: Ken è solo

C'è poi una tavola interessante in cui Ken rifiuta la pietà di una ragazza di città (la stessa che aveva conosciuto lungo il viaggio in treno) che le si sta per concedere, interessata più che a lui, alla figura di trapper coraggioso che Ken rappresenta ai suoi occhi. Simpatica la considerazione conclusiva...

Disegno di Ivo Milazzo: Ken rifiuta le profferte amorose di un'attraente ragazza di città

Nel frattempo un delinquente comune viene incastrato e accusato dell'assassinio di Ely Donehogawa: Ken sa che non è il vero colpevole ma il capro espiatorio viene messo a tacere per sempre....

Disegno di Ivo Milazzo: il falso colpevole dell'assassinio viene eliminato dalla polizia

Ken non ha più nulla da fare a Washington: la pessima esperienza vissuta lo fa tornare nel Montana molto amareggiato. Purtroppo le sciagure non finiscono qui. Il vero assassino, Donald Welsh, ha assunto le vesti del nuovo agente indiano della riserva Dakota, con l'intento nascosto di scatenare, in seguito a continue provocazioni, le ire della tribù Dakota, il cui capo Ohiewa, nella vignetta seguente, si mostra molto scettico riguardo alla possibile convivenza coi bianchi:

Disegno di Ivo Milazzo: Ken fuma il calumet con il capo Dakota Ohiewa

Nel salutare il capo indiano, Ken usa per la prima volta il suo classico saluto:

Disegno di Ivo Milazzo: So long!

Le provocazioni di Welsh hanno successo, i Dakota cadono nel tranello e l'esercito, pur immaginando il gioco sporco che si sta compiendo, minaccia l'intervento. La scusa tristemente famosa dell'eseguire gli ordini, con cui spesso i militari si lavano falsamente la coscienza perdendo però la dignità di uomini, causa l'irreparabile.

Disegno di Ivo Milazzo: il comandante di Fort Smith esegue gli ordini

Si scatena la battaglia ed è un inferno, rappresentato magistralmente da Ivo Milazzo che si distingue sempre nella capacità di disegnare scene di questo tipo.

Disegno di Ivo Milazzo: i Dakota attaccano

In particolare la tavola seguente ricorda quei dipinti olandesi del Seicento in cui venivano rappresentate scene di battaglia molto complesse.

Disegno di Ivo Milazzo: infuria la battaglia

Nonostante il caos che si genera, Ken riesce a distinguere Welsh, lo insegue, lo cattura ma viene colpito a tradimento. La vignetta conclusiva è molto preoccupante. Ken giace a terra, con una pallottola in corpo, mentre Welsh si allontana indisturbato a cavallo.

Disegno di Ivo Milazzo: Ken a terra

Questa vignetta è molto importante. Rappresenta la prima svolta decisiva nella storia di Ken. Una delle novità introdotte dalla serie è proprio questa: il protagonista non è sempre uguale a se stesso come accade nelle altre collane Bonelli. Succedono infatti degli eventi tali da far cambiare, a volte anche radicalmente, la vita di Ken. D'altronde è quello che succede nella vita reale di tutti noi: cambiamo con il passare del tempo perché ci succedono dei fatti più o meno importanti. Da questo punto di vista, come da molti altri, Ken è uno di noi.

7 commenti:

  1. non per contraddire la tua affermazione, ma per completarla.
    quando dici che ken, a differenza degli altri fumetti bonelliani, non è sempre uguale a se stesso, caratterialmente parlando, anche nathan never è cambiato parecchio nel corso della sua storia, per tutte le vicende che si sono alternate nel corso della sua vita.

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  2. ciao Fabri, certo, hai ragione. Ma Ken Parker è stata la prima serie Bonelli che ha introdotto questa novità: siamo nel 1977.

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  3. Anche per me il numero dal quale ho iniziato ad amare Ken è proprio questo; è qui che comincia a fare la differenza con quello che in quel periodo circolava in edicola ( forse l'unica serie che poteva avere qualche similitudine era Storia del West di G. D'Antonio sempre della Bonelli) ed è qui che inizia un cammino straordinario che porterà i magnifici due a creare delle storie indimenticabili (Chemaco è dietro l'angolo).
    Bravo Alessandro, la tua iniziativa è lodevole, continua così.

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  4. e già, è proprio la storia che ti fa innamorare....
    Son contento poi che citi Storia del west, che è stata una delle prime che ho amato quand'ero ragazzo.
    E grazie per l'incoraggiamento.

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  5. Grande storia e grandi disegni.
    Un numero caratterizzato dalla dignità e dala personalità di Donehogawa e Ken Parker.

    La pagina in cui Ken Parker cammina solitario è da brivido.
    E' malinconica e poetica.
    E' sospesa nel tempo.
    Ti faccio notare come l'abbigliamento di Ken e lo sfondo siano essenziali, tanto da staccare la pagina dal suo contesto per farla divenire "contemporanea"ed eterna.
    Non so quanto sia voluta la cosa ma io amo pensare che sia stata una cosa mirata e meditata.
    Se guardi Ken in questa pagina, potrebbe essere un Beatnik negli anni cinquanta, oppure il protagonista dei "Tre giorni del Condor" negli anni settanta; o ancora un uomo che cammina nella Seattle ai tempi dei Nirvana.

    Fantastico.

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  6. concordo: è una delle più belle immagini che ritraggono Ken in assoluto...
    è eterna.. mi vedo anche Robert De Niro nell'immagine della locandina di Taxi Driver

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  7. Ciao e complimenti per il lavoro fatto con questo blog.
    Fornisco anch'io il modestissimo mio contributo evidenziando un paio di curiosità.
    La nuova edizione della Mondandori (Ken Parker Classic) presenta almeno un paio di di differenze rispetto all'originale, che a mio avviso sono indice di un vivo e costante interesse di Berardi per la sua creatura più importante.
    La prima: quando Ken cammina da solo, in quella Washington immersa nel vento (tavola opportunamente riportata per la sua bellezza anche qui), nella ristampa Mondadori viene omessa la frase di Lungo Fucile "In una città, un uomo solo è veramente solo". Trovo la scelta piuttosto azzeccata, in quanto quella frase non fa altro che rimarcare ciò che Milazzo aveva già splendidamente espresso con la sua matita (un disegno a volte vale più di mille parole). Inoltre, con Ken che tace, anche noi siamo partecipi di quel grande silenzio, immersi quanto mai con lui in quella strada deserta, nei deserti pensieri.
    La seconda: anche qui un omissis, la battuta riportata sul blog, quando Ken rifiuta la ragazza, nella versione ristampata scompare. In questo caso si tratta di una scelta ben più radicale rispetto alla precedente, poiché cambia totalmente il mood dell'ultima vignetta (non più alleggerita da una battuta forse fin troppo facile), con un Ken più maturo, e per noi, al contempo, imperscrutabile (cosa gli passerà davvero per la testa in quel momento, noi che avremmo fatto al suo posto)?
    Purtroppo non ho la versione originale, per cui non posso cercare altre curiosità simili, già queste due, comunque, a mio parere dimostrano che l'amore per Ken è ben vivo ancora oggi, sia quello dei lettori, sia quello degli autori.

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