sabato 9 luglio 2011

Sei divise nella polvere

L'estate di Tex Willer è decisamente all'insegna di Gianfranco Manfredi. Dopo infatti il Texone di giugno (di cui ho parlato qui e qui) lo scrittore marchigiano firma soggetto e sceneggiatura della storia pubblicata sugli albi mensili di luglio e agosto. Mi son veramente divertito a leggere la prima parte di quest'avventura, "Sei divise nella polvere", che vede il ranger più famoso del fumetto dare la caccia, insieme all'inseparabile Carson, ad una banda di rapinatori alquanto insolita. Dopo il killer dalla psiche molto debole, inseguito fino in Oregon dai due pards nel Texone, ecco un'altra raffigurazione del personaggio negativo molto particolare. Se là l'assassino disegnato magistralmente da Carlos Gomez ispirava pietà, qui la banda di soldati capitanata dal tenente Bigelow disegnata da Giovanni Ticci ispira quasi simpatia. E non solo al lettore: ad un certo punto Tex infatti cede alle punzecchiature di Carson, confessandogli che, se non ci fosse scappato il morto nel corso della rapina alla banca che ha visto i militari protagonisti, li avrebbe volentieri lasciati andare. Perché? Lo spiega lo stesso Tex in questo scambio di battute cameratesche tra i due vecchi amici:


Le preoccupazioni del ranger sono infatti rivolte alla ben più pericolosa banda di desperados di Pardo, le cui scorribande sanguinose incrociano la strada dei due pards. Pardo sì che è rappresentato come un classico cattivo: senza scrupoli, feroce e assassino. La differenza con Bigelow salta subito all'occhio.
Manfredi interpreta di nuovo Tex nel solco della tradizione più classica: eroe tutto d'un pezzo, senza debolezze, così come deve essere. Eppure è sempre un grande piacere riconoscere nella sceneggiatura i tratti più salienti di questo personaggio, soprattutto se inseriti nel punto giusto della storia. Come quando risponde alla domanda del maggiore Newman "Da quanti anni servite la legge?" nel modo seguente:


O quando non si fa scrupoli ad sbeffeggiare un'autorità militare, incarnata sempre dal maggiore Newman, vigliacca e schiava dell'alcol (sottolineata in questo dal disegno di Ticci):


Il Tex che dà lezioni su cosa sia la legge ad arroganti suoi rappresentanti è un altro classico:


Ma la battuta più bella e piena di significato viena fatta pronunciare da Manfredi al vecchio Carson:


In un certo senso è molto liberatoria: sembra quasi che Kit si sfoghi, dicendoselo più a se stesso che al meschino cittadino "onesto". E' una grande espressione di libertà.
Con Manfredi quindi, la tradizione texiana c'è tutta, ma qua e là ci sono alcune chicche che la rendono unica fra i vari autori del ranger.
Di classico poi nella storia ci sono anche i disegni, perché ormai Ticci è un classico, e con questa storia un desiderio di Manfredi si è avverato, come dice lui stesso nel seguente estratto da questa intervista:

"Nel caso di Ticci, mi portavo dentro il desiderio di scrivere una storia per lui da moltissimo tempo, perché tra i disegnatori del Ranger ritengo sia quello che ha saputo negli anni mettere meglio in luce gli elementi dinamici del racconto. Dopodiché, il giudizio sarà ovviamente dei lettori."

Ultima annotazione: nella vignetta seguente Carson saluta il meschino uomo "onesto" in un modo che mi ricorda qualcuno....

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