"Ho esattamente la stessa età di Tex, essendo nato del 1948. È una gran bella esperienza scrivere da adulto avventure di un personaggio che si è conosciuto fin da bambino. Gianluigi Bonelli, poi, era a mio avviso uno sceneggiatore immenso: sia per il taglio cinematografico delle storie sia per la sua inarrivabile arte del dialogo. Mi piacevano molto anche le storie di Sergio Bonelli, perché avevano un coté più fantastico, presentando situazioni limite e surreali (piramidi nel west, per dirne una) e raccontando un Tex meno prepotente. Detto questo, Tex preferisco affrontarlo poco e con cautela, perché come eroe corrisponde alla mia psicologia ancor meno di Dylan Dog. Tex non ha mai dubbi, ed è protagonista assoluto in modo persino autoritario: “uccide” (nel senso che oscura) ogni altro personaggio, persino i suoi pard e suo figlio. Io ho un’altra concezione dell’eroe. Un eroe senza debolezze umane alla lunga mi annoia. È anche difficile renderlo davvero realistico, perché uomini così non esistono. Tex puoi anche farlo cadere nel fango, ma quando si rialza ha sempre la camicia pulita e stirata. Persino i personaggi di John Wayne erano più sporchi, ambigui e inafferrabili di Tex, e non parliamo neanche di quelli di Gary Cooper che erano davvero macerati, come lo Sceriffo di High Noon, che alla fine viene addirittura salvato dalla moglie, cosa che all’epoca fece scandalo e segnò una svolta importantissima, nel cinema western. Di Tex si capisce tutto e si sa sempre in anticipo cosa farà, soprattutto si sa che vincerà facilmente perché nessun avversario è alla sua altezza, a parte Mefisto, che però se lo si considera bene è uno stregone da baraccone (per non parlare del figlio di Mefisto che è un povero sfigato. Per inciso non capisco perché i figli debbano per forza essere inferiori ai padri, questo non è nella tradizione salgariana, dove Jolanda fa una splendida figura rispetto a suo padre e il figlio del Corsaro rosso è molto più importante del padre, di cui non sappiamo molto, se non che è morto quasi subito). Tornando ai Cattivi: secondo me nel racconto d’avventura in generale, se il cattivo non è affascinante e potentissimo, l’eroe ne risulta indebolito: è troppo facile combattere contro le scamorze. Inoltre se si sceneggia Tex per troppi numeri alla fine è inevitabile ripetersi e mettere in scena sempre le stesse cose, seguendo gli stessi moduli. Questo per chi scrive tutti i giorni è pericolosissimo, perché ti fa impigrire. Non è colpa di tizio o di caio, è inevitabile, indipendentemente dal livello dello sceneggiatore. Mettere in scena per decine di volte gli stessi meccanismi rafforza un personaggio nel suo impatto con il pubblico più affezionato, ma deprime gli sceneggiatori e i disegnatori che vengono spinti a ripetersi. È come se Tex si sceneggiasse da solo. Ma allora che bisogno c’è di uno sceneggiatore? Diventi una specie di agiografo, cioè uno che fa la propaganda di un personaggio ed è dunque costretto a vederlo sempre in positivo e a mantenerlo intatto nei decenni a dispetto dei cambiamenti sociali e di costume. Funziona, certo, ma sul piano della scrittura è faticosissimo."
Kit Carson in un'inedita veste ottimista |
In questi termini Gianfranco Manfredi si esprime su Tex, durante la chiacchierata intrattenuta col sottoscritto e pubblicata qui. In effetti l'autore marchigiano centellina le sue sceneggiature per il personaggio creato da Gianluigi Bonelli e, magari proprio grazie a questa parsimonia, come d'altronde afferma lui stesso, ogni volta il risultato è un successo. L'ultimo in ordine di tempo è il Texone, il venticinquesimo della serie, uscito il 21 giugno e intitolato Verso l'Oregon. L'eccellenza del risultato la si deve anche ai disegni dell'argentino Carlos Gomez, noto in Italia soprattutto per aver disegnato Dago, il personaggio ideato da Robin Wood e Alberto Salinas.
Una buona storia unita a dei validi disegni sono sempre garanzia di un ottimo risultato. Manfredi intreccia sapientemente due trame, senza mai sbilanciare l'una ai danni dell'altra. Ci parla di una caccia ad un assassino dalla psiche molto debole e di un gruppo di tenaci donne, alle quali Tex, nel massimo del suo splendore "irrealistico" (quando si rialza ha sempre la camicia pulita e stirata) e un Carson quanto mai energico fanno da scorta nella loro carovana verso l'Oregon. A Oregon City si tireranno le fila di entrambe le storie.
Per me che non lo conoscevo è stata una sorpresa scoprire i disegni di Carlos Gomez. Ho apprezzato soprattutto la capacità dell'autore di Cordoba di far recitare i suoi personaggi. Riesce infatti a far assumere loro, con molto dinamismo e realismo, delle posture, delle gestualità e soprattutto delle espressioni facciali che non si vedono così spesso sulle pagine di Tex. Di seguito riporto alcuni esempi esplicativi che mi hanno molto divertito (da rimarcare il buon vecchio Carson che Gomez interpreta alla grande).
Neanche io conoscevo Gomez... personaggi coì espressivi, in vita mia, li ho visti disegnare solo ad un certo Milazzo ;)
RispondiEliminami hai tolto le parole di bocca!!! avrei voluto scriverlo, ma poi sarei sembrato di parte... :-)
RispondiEliminae sul Texone Gomez si è pure trattenuto...
RispondiEliminaBello il texone. Ne ho parlato anch'io. Ma solo una cosa, Alessandro. Se non hai mai letto il Dago di Wood e Gomez, fallo. Prendi un numero a caso di Dago Ristampa in edicola e leggilo. Credo tu possa fare una felice scoperta.
RispondiElimina@Luca: intendi dire che in altre opere Gomez rende ancora più espressivi i volti e fa recitare ancor di più i personaggi con la gestualità?
RispondiElimina@Luigi: ho avuto spesso la tentazione di acquistare Dago ma mi son sempre bloccato per non correre il rischio, una volta innamorato del personaggio, di dilapidare fortune nell'acquisto di tutti i numeri... perche' io son così, ho quasi una mania compulsiva... :-) dovrei curarmi...
a parte gli scherzi, ora che ho avuto questo splendido stimolo dal Texone, una prova su Dago la devo proprio fare...