domenica 7 agosto 2011

Il politicamente corretto ha ucciso il western

John Wayne e James Stewart in "L'uomo che uccise Liberty Valance"
È quanto afferma lo scrittore e intellettuale spagnolo Javier Marias in un articolo apparso sabato 6 agosto sulle pagine della cultura del quotidiano LaRepubblica. L'autore de "Il tuo volto domani" si presenta come un grande appassionato e conoscitore del genere western lamentandone però un suo declino quasi inarrestabile. La causa? Il politicamente corretto, che si è insinuato negli ultimi decenni nella cultura e società occidentali, ha provocato il rifiuto di sentimenti dell'uomo che erano alla base dei film e delle opere western. Odio, vendetta, ambizione, ostinazione infinita nel dare la caccia al nemico per ucciderlo, desiderio di giustizia. Sono questi i sentimenti ad essere, secondo Marias, connaturati all'uomo (e alla donna) e che il genere western metteva in scena nelle sue opere classiche (di cui Marias fa una pregevole antologia). Sentimenti di cui ora la società sembra vergognarsi: è inamissibile che un uomo possa essere meno rispettoso della legge e meno obbediente, ma più complesso e più profondo, ovvero più umano.
Van Heflin e Glenn Ford in "Quel treno per Yuma"
Questo è, in sintesi, il pensiero originale e interessante di Marias, commentato in un articolo a parte, da un'intervista di Luca Raffaelli a Sergio Bonelli, in quanto editore dell'eroe western che, al contrario delle opere cinematografiche, non conosce crisi, ovvero Tex Willer. Il patron del fumetto italiano si trova d'accordo “per buoni due terzi” con l'intellettuale spagnolo, attribuendo però la crisi del genere tanto amato ad un “prosciugamento” del filone, ad un progressivo allontanamento del pubblico dovuto alla stanchezza di vedere riproposti “quei paesaggi e quei costumi”. Ma perché allora il ranger più famoso dei fumetti è ancora in auge, domanda Raffaelli. Perché, risponde Bonelli, “rappresenta la giustizia, la certezza, perché ce l'ha coi potenti e difende i deboli”. E perché “dichiarò vendetta sulla tomba di Lilyth, la sua moglie indiana”. Insomma, pare che Tex, a differenza dei protagonisti dei moderni film western, abbia il coraggio di incarnare ancora sentimenti politicamente scorretti....
A mio parere, il desiderio di giustizia e la certezza che il cattivo di turno subirà la legittima punizione per mano del ranger è il motivo per cui Tex gode ancora di seguito e popolarità, anche se solo presso un pubblico non più giovane (fra cui, ormai 40enne mi iscrivo anch'io). Inconsciamente il lettore vede placata una sua angoscia (ovvero che i più furbi e disonesti la fanno franca nel mondo reale) quando Tex spedisce il prepotente di turno a spalare carbone nelle miniere di Messer Belzebù. Se lo fa poi attraverso una sceneggiatura elegante e ben calibrata come nell'albo di agosto appena uscito (“Il pasto degli avvoltoi”, con i testi di Gianfranco Manfredi e i disegni di Giovanni Ticci, seguito de “Sei divise nella polvere” di cui avevo parlato qui) dà ancora più soddisfazione:



Pardo, bandito sanguinario: “Nessuno può battermi! Io sono il numero uno!
Tex: “Ti sbagli Pardo! Tu sei solo l'ultimo a morire
Pardo: “Questo è da vedersi!
Tex fulmina il desperado che, morente, esclama: “Chi... diavolo...sei... tu?
Tex, con la stella da ranger che brilla sul petto: “Sono la tua cattiva stella!

E chiudi l'albo con l'animo più sereno.

Nessun commento:

Posta un commento

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...