La notizia è vecchia di un paio di mesi. Ne parlo oggi perché il quotidiano La Repubblica dedica nell'edizione odierna un ampio spazio alla notizia della pubblicazione negli Stati Uniti del Diario di Anna Frank a fumetti. Ben tre pagine del giornale contengono molti disegni tratti dal libro fresco di stampa, foto d’epoca e due articoli rispettivamente di Gabriele Cantucci e Siegmund Ginzberg. Mi fa sempre piacere scovare in un importante quotidiano ad ampia diffusione nazionale una simile attenzione per un’opera a fumetti. In questo caso, poi, ci troviamo di fronte ad un’opera che è stata autorizzata dalla Fondazione Anna Frank, ovvero da quell’ente ufficiale preposto alla diffusione e valorizzazione della figura di Anna Frank, del suo Diario e di tutti i valori di fratellanza, eguaglianza e rispetto della dignità umana che rappresenta.
Gli autori, Sid Jacobson per i testi, e Ernie Colon per i disegni, si distinguono perché hanno fatto ben di più che una semplice trasposizione in fumetto del Diario, bensì hanno ricostruito la storia della famiglia Frank a partire dalla gioventù del padre Otto, che sarà poi l’unico superstite allo sterminio. Da quanto capisco l’opera è rivolta esplicitamente ai ragazzi delle scuole: la fondazione ha scelto di usare il medium fumetto, per di più a colori, per avvicinare un pubblico più avvezzo al linguaggio che lo caratterizza. L’intento è sicuramente lodevole, perché non saranno mai sufficienti tutti gli sforzi per diffondere presso le nuove generazioni quanto scritto da Anna Frank e, in generale, la tragica esperienza dell’Olocausto. Un autore dei due articoli, Siegmund Ginzberg, si domanda, e io con lui, come mai il volume sia destinato ad un pubblico maggiore di 14 anni. Forse che i ragazzi delle medie o della quinta elementare non sarebbero in grado di capire? Io credo di sì…
Ci sono altre parti dell’articolo da sottolineare, in cui Ginzberg, di origini ebraiche, si sofferma sul presunto valore del fumetto.
“Vedo già qualcuno che arriccia il naso. Anche se il libro ha l’imprimatur dell’Anna Frank House. Come, Anna Frank banalizzata in un fumetto!” L’autore previene eventuali critiche da parte di chi considera il fumetto non degno di trattare un argomento così delicato e “alto”, citando simili contestazioni avanzate in passato nei confronti della versione teatrale e cinematografica del Diario.
Poi prosegue: “Cinema e fumetto sono due forme di letteratura tutt’altro che figlie di un dio minore. Superman, Barman, Captain America e gli altri supereroi del fumetto combattevano i nazisti ben prima dell’Olocausto con la stessa efficacia di Chaplin Grande dittatore e Humphrey Bogart sullo schermo”. A parte che cinema e fumetto non sono forme di letteratura ma sono forme d’arte, così come lo è la letteratura stessa, ciascuna con il proprio linguaggio, non è che la patente di dignità artistica spetta ad una forma espressiva se tratta di temi importanti dal punto di vista etico e civile, come può essere la lotta al nazismo. Non è il tema che rende arte il fumetto o il cinema, ma il modo in cui lo si rappresenta.
Ad ulteriore giustificazione della nobiltà dei comics, Ginzberg cita due grandi autori di origine ebraica, come Art Spiegelman e Will Eisner, che hanno affrontato nelle loro storie a fumetti il tema dell’Olocausto (Maus) o quantomeno della discriminazione antisemita (Verso la tempesta e Fagin l’ebreo, solo per citarne due). Anche qui, gli autori sono due “fondamentali” nell’universo fumettistico, ma non è il soggetto (o comunque non solo quello) ad averli resi immortali, bensì la loro poetica ed estetica.
Gran bel post.
RispondiEliminaBel post... purtroppo noi che sosteniamo il fumetto abbiamo ancora tanto da lottare prima che questo medium riceva la considerazione artistica che merita...
RispondiElimina