lunedì 17 dicembre 2012

Historica 1 - Airborne 44


La Mondadori ha varato una lodevole iniziativa editoriale a fumetti. Si tratta di Historica, una collana mensile che vuole rievocare eventi storici e i loro protagonisti attraverso le opere di maestri internazionali del fumetto. La veste editoriale è veramente notevole: i volumi sono cartonati, di grande formato, carta di pregio e buoni colori. Il prezzo davvero competitivo: 13 euro meno un centesimo. Al momento le uscite sono state due: dell'ultima, Bois-Maury di Herrman e Yves H. scrive in abbondanza Luca Lorenzon sul suo blog. Io invece voglio soffermarmi sul primo volume, Airborne 44 di Jarbinet.



Le due storie in cui si divide l'albo sono ambientate sul fronte occidentale della Seconda Guerra Mondiale. La prima rievoca quello che fu chiamato il colpo di coda di Hitler, ovvero l'offensiva finale, portata nel dicembre del 1944 dalle truppe tedesche sulle Ardenne, quella regione collinare coperta di foreste che si divide fra Belgio, Lussemburgo e Francia. I protagonisti sono dei soldati americani, dei civili locali e dei militari tedeschi. La stessa tipologia di personaggi è presente nel secondo racconto, Omaha Beach, dove le concitate scene dello sbarco in Normandia del 6 giugno 1944 sono il perno attorno cui ruotano tutte le vicende.


Attraverso un ottimo uso della tecnica pittorica degli acquerelli il belga Jarbinet descrive con molto realismo le scene di guerra, inducendo nel lettore una profonda sensazione di disgusto e di orrore nei confronti della stessa. Se l'obiettivo dell'autore era quello di far percepire l'insensatezza e la crudeltà della guerra, beh, ci è riuscito. Tanto i bianchi boschi delle Ardenne, quanto le grigie spiagge e i verdi prati della Normandia, sono macchiati del rosso del sangue degli uomini che, militari o civili, americani o tedeschi, sono dipinti come pedine sacrificali usate da interessi che stanno sopra di loro. La Storia di disegna sopra le loro teste, ma gli effetti si producono sui loro corpi e sulle loro vite.



La follia della guerra non riesce però a soffocare il bisogno d'amore degli uomini. In entrambi i racconti, che sono intrecciati, è descritta una storia d'amore: più scontata e forse meno riuscita la prima, più convincente e appassionante la seconda. Ho trovato infine un po' forzata la vignetta conclusiva dove i protagonisti, invecchiati di quasi vent'anni, arrivano via mare a New York, discutendo amaramente di come l'uomo perseveri a fare la guerra, mentre sullo sfondo, delle Twin Towers sembra distinguersi solo il profilo.


Un personaggio ha attratto la mia attenzione, più degli altri. Si tratta di Egon, il militare tedesco che ha disertato e che, nelle prime scene, si torva faccia a faccia, fucile puntato contro fucile puntato, con Luther, il sergente americano protagonista del primo racconto. Egon è originario delle Ardenne ed è stato arruolato a forza nell'esercito germanico. Il riferimento di Jarbinet è storico: le Ardenne e la Mosella furono annesse da Hitler nel Terzo Reich, in quanto considerate territori tedeschi. Di conseguenza gli uomini furono costretti alla leva e all'arruolamento nella Wehrmacht e nelle Waffen-SS.


Ciò mi ha fatto inevitabilmente pensare alle identiche sorti subite dai ragazzi dell'estremo Nord-Est italiano nel 1943. Tutte le terre di confine sono soggette a continue ed arbitrarie attribuzioni a questo o a quello stato. Dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943, le provincie di Udine, Gorizia, Trieste, Pola e quella di Lubiana (invasa da Mussolini negli anni precedenti) entrarono a far parte del Reich come Zona d'operazioni del Litorale Adriatico. I ragazzi, considerati abbastanza grandi da poter fare il soldato, furono obbligati alla coscrizione; gli uomini, come i miei nonni, erano già andati in guerra negli anni precedenti e, dopo l'Armistizio, si erano dispersi, erano stati fatti prigionieri dai tedeschi o erano entrati a far parte della Resistenza.


Ricordo un conoscente di mio padre, più anziano di lui, che conservava ancora una foto che lo ritraeva, ragazzo non ancora diciottenne, con la divisa tedesca. Solo pochi mesi di addestramento, senza mai arrivare, per sua fortuna, al combattimento, grazie alla sopraggiunta fine della guerra. Da ragazzo, ho sempre guardato quella foto con una angosciosa incredulità, uno sbigottimento totale: mi son sempre domandato come mi sarei comportato io nei suoi panni, quali paure mi avrebbero gelato il sangue, quale incoscienza mi avrebbe spinto a ribellarmi, quali scelte avrei compiuto o avrei subito. Al di là di qualche cedimento alla retorica o al sentimentalismo, il lavoro di Jarbinet ha il grande merito di far riflettere su tutto questo.

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