martedì 2 ottobre 2012

Ricordando Sergio Bonelli: il Tex di Guido Nolitta

Ad un anno di distanza dalla morte di Sergio Bonelli mi è venuto spontaneo leggere delle sue vecchie storie a fumetti e approfondire la sua figura attraverso la lettura di alcuni testi. La pubblicazione recentissima, da parte della Rizzoli Lizard, del primo volume degli Archivi Bonelli, dedicato a Guido Nolitta, mi ha sollecitato a riprendere in mano "El Muerto", l'affascinante storia di una vendetta di cui Tex è l'oggetto. Sto parlando di un albo storico, il 190 dell'agosto 1976, seguito da "La collina degli stivali", nel quale ha luogo il drammatico epilogo della vicenda (i disegni sono di Galep).
La storia è importante nell'evoluzione della figura del personaggio Tex Willer, in quanto rappresenta un eroe diverso da quello di Gian Luigi Bonelli, cui fino ad allora i lettori erano abituati. In verità, la prima sceneggiatura del Ranger firmata da Guido Nolitta fu "Caccia all'uomo", disegnata magistralmente da Fernando Fusco e pubblicata nel gennaio dello stesso anno. Qui troviamo un Tex completamente diverso da quello del padre. Infatti il Tex di Gian Luigi capisce se chi gli sta davanti è buono o cattivo dal solo sguardo: ha un sesto senso infallibile che gli permette di discernere il Bene dal Male. Il Ranger di Guido Nolitta invece dimostra un lato più umano, tanto che in "Caccia all'uomo" prende un abbaglio considerando Andy Wilson, il ragazzo ricercato dall'amico sceriffo Tom Kenyon, un fuorilegge. Lo insegue, lo cattura attraverso mille difficoltà ma, strada facendo, si riempie di dubbi, arrivando a convincersi che sul giovane penda una falsa accusa. Questo ripensamento tardivo, tuttavia, non è sufficiente a salvare la vita ad Andy che, giunto con un Tex malconcio ad Agua Fria, viene arrestato dal crudele sceriffo, frettolosamente processato e impiccato dallo spietato giudice Maddox. Una volta ripresosi, Tex elimina i due violenti rappresentanti di una legge del tutto personale ma ormai la frittata è fatta.
Il sesto senso di Tex ha fallito e le conseguenze, sono state pesanti. Inoltre, cosa mai successa prima, il dubbio, questa forma del pensiero così sconosciuta, ha attraversato la mente di Tex. So che all'epoca ci furono diverse discussioni fra i lettori se tale impostazione di Tex fosse corretta, accettabile o comunque coerente con le linee guida del personaggio. Secondo me, la figura dell'eroe ne giovò. Resta il fatto che la maggiore umanità di Tex introdotta da Guido Nolitta è un fattore di cui oggi gli attuali sceneggiatori (Boselli, Faraci, Manfredi e Ruju) devono tener conto, cercando di mediarlo con la figura invincibile e quasi onnisciente del Tex del padre Gian Luigi.
La coppia di albi in cui si narra di Paco Ordonez, alias El Muerto, si caratterizzano poi per una tensione via via crescente: il fuorilegge e la sua banda massacrano di botte Tiger Jack e feriscono Kit Willer al solo scopo di incattivire Tex, che viene sfidato ad un duello mortale con El Muerto sulla collina degli stivali. L'adrenalina raggiunge il massimo nella scena finale naturalmente, anche se un deciso pugno nello stomaco sono le tavole precedenti nelle quali uno spietato Tiger Jack manda all'altro mondo il disarmato Faccia Tagliata, il navajo rinnegato appartenente alla banda di Paco Ordonez, augurandogli meritatamente di "precipitare nell'inferno dei bianchi".
Ma che cosa differenzia, in questa storia, il Tex nolittiano da quello del padre? Il motivo dell'odio di El Muerto nei confronti del Ranger. Il fuorilegge, infatti, ha questo soprannome perché il suo viso è stato orrendamente sfigurato in un incendio, involontariamente provocato dal Ranger, quando questi si era presentato nel covo della banda dei fratelli Ordonez per arrestarli. I due fratelli di Paco assaggiarono fatalmente il fuoco caldo della colt di Tex che rischiò di morire fra le fiamme, sviluppatesi, nel frattempo, fino a distruggere completamente il covo dei tre banditi. Le urla di Paco furono sentite da Tex ma questi non riuscì a fare nulla, salvato in extremis dall'intervento di altri uomini. Ancora, anche se in modo meno marcato che in "Caccia all'uomo", un atto di Tex (l'incendio provocato) ha delle conseguenze nel futuro non volute ma drammatiche (il ferimento di Tiger Jack e di Kit e il difficile duello finale nel quale, a parte la ovvia morte di Ordonez, Tex si rimedia una ferita alla spalla).
Tex resta sempre un eroe invincibile, ma qualcosa di più umano si è insinuato dentro di lui in quel lontano 1976 e da allora non l'ha più abbandonato. E questo grazie a Sergio Bonelli/Guido Noliita.

2 commenti:

  1. Ci pensavo l'altro giorno: secondo me è proprio Boselli il grande continuatore di Nolitta al momento.
    Pur nei diversi accenti, invece trovo che il Tex di Faraci, con tutti gli aggiornamenti del caso, sia più vicino al Tex di Bonelli padre.Voglio dire che, per quanto Faraci sia abile a mischiare le carte, nella sostanza il suo Tex resta sempre centrale rispetto alla trama come accadeva "alle origini".
    La particolarità di Nolitta, e oggi di Boselli, mi sembra sia stata invece come dici te di spingere sul pedale dell'umanità, non solo nei confronti dell'eroe, ma anche di pards e avversari. Non è un caso che molti nemici fabbricati da Nolitta per Tex, finiscano quasi per rubargli la scena: e anche per questo restano memorabili per ciascuno di noi.
    Alla base c'è proprio una diversa interpretazione non solo psicologica, ma anche narrativa della funzione dell'eroe nel racconto. Mi permetto di segnalarti quello che ho scritto in questo senso su Lo Spazio Bianco qualche tempo fa parlando di Nizzi e che è, in qualche modo, complementare al discorso sul Tex di Nolitta.
    http://www.lospaziobianco.it/49284-buonanotte-tex-iene-lamont-texone-26

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  2. Avevo letto già a suo tempo il tuo pezzo sul Texone di Nizzi e concordo con la tu analisi. Concordo anche sul fatto che Boselli sia il più vicino a Nolitta fra i 4 attuali sceneggiatori. Poi c'è il Tex di Manfredi che invece è più classico, si ispira di più all'originale di Gian Luigi. I Tex di Boselli e di Manfredi sono quelli che preferisco, anche se quello di Ruju sta scalando la classifica con buone storie (vedi l'ultima sul mezzosangue Makua) mostrando delle caratteristiche nolittiane. Invece quello di Faraci stenta ad entrare nelle mie corde: spesso è troppo di maniera e privo di anima.

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