Qui sopra Fabrizio Gifuni e Vittoria Puccini
Siè ben rappresentata l'esperienza di Basaglia, interpretato da un sincerissimo Fabrizio Gifuni, nell'ospedale psichiatrico prima di Gorizia e poi di Trieste, con immagini a volte anche molto crude, ma necessarie: il manicomio fino all' arrivo di Basaglia era un lager, in cui la persona veniva sottoposta a trattamenti orribili, veniva trattata da non-persona. C'è una bella scena che vede discutere Basaglia e i suoi collaboratori poco dopo aver assistito per la prima volta alle terribili condizioni in cui erano tenuti i pazienti all'ospedale di Gorizia. Un medico gli chiede quale terapia intendesse adottare, lui risponde: "Solo l'ascolto, che terapie volete fare con persone che son rimaste legate ad un letto per 15 anni, o chiuse in gabbia? Ascoltarle, dobbiamo andare da loro ed ascoltarle". In sè è un fatto molto semplice e ovvio, diremmo adesso, ma per quel tempo era una rivoluzione: trattare i matti come persone. Nella fiction emerge la figura umana di Basaglia, in altri gesti altrettanto semplici ma ancora rivoluzionari: come il non indossare i camici bianchi o come abbattere la divisione fra settore maschile e femminile e poi i cancelli fra interno ed esterno del manicomio. O come quando inizia ad organizzare le assemblee in cui tutti possono dire la propia opinione: nelle prime c'è un grande silenzio, perché nessuno è più abituato ad esprimersi, ma poi le voci si accavallano tanto che bisogna stabilire un presidente. Infine si sperimenta anche la libertà dell'uscire fuori grazie a permessi. Libertà è la nuova conquista. Realizzata in pieno solo più tardi a Trieste, e con la legge 180 del 1978 con cui si aboliscono i manicomi. L'ultimo in Italia verrà smantellato appena nel 1999, perché, come dice bene Basaglia in commissione parlamentare, non puoi abolirli senza aver prima creato una rete di centri diffusi sul territorio in grado di fornire assistenza in loco, a domicilio se serve. Come appunto si fa per la prima volta in Italia a Trieste, quando la legge è ancora in fase di approvazione. Si mostra anche la prima riluttanza della gente nel vedere i matti liberi venire a vivere accanto a sè. Ma anche il ravvedimento di molti, dopo averne fatto la conoscenza e essersi accorti che si tratta di persone. In effetti si ha molto più paura di ciò che non si conosce.
Vedere la fiction ha per me poi rappresentato sul piano personale un ritorno con il cuore e l'animo al mio periodo di obiettorato, prestato proprio in una di quelle strutture diurne e notturne dislocate sul territorio. Ho convissuto per 10 mesi con i matti, gli operatori e il mio collega/amico obiettore. Ho imparato lo stesso messaggio lanciato da Basaglia: a guardare ai matti come persone, ad ascoltarli, a condividere con loro le cose di tutti i giorni. Tutto qua, semplice a prima vista, ma difficile se parti da un'idea che colloca i matti in un mondo a parte. Basaglia ha fatto di tutto per distruggere quel mondo a parte e far coincidere il loro mondo con il nostro.
link all'incontro internazionale di psichiatria a Trieste
Per me l'unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi d'ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali che esplodono tra le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno oh!
RispondiEliminajack kerouac - on the road