domenica 23 dicembre 2018

Sei vite del Sessantotto, secondo Gianfranco Manfredi


I modelli, le categorie servono a semplificare la vita, a renderci più semplici i fenomeni complessi. Fenomeni di qualsiasi tipo, fisico, chimico, storico, economico, e via dicendo. Senza modelli non riusciremmo a farci un'idea sommaria della realtà e, quindi, a viverci dentro ma, nello stesso tempo, i modelli non bastano. Bisogna essere coscienti che la vita è molto più varia e complicata. La realtà che ci circonda e i fatti del passato sono analizzabili sì scientificamente ma poi c'è sempre, e per fortuna, la storia del singolo, la vita che si discosta dal modello e che ci affascina per la sua unicità.
Gianfranco Manfredi sembra aver seguito questa bussola per ideare e scrivere la nuova serie a fumetti Cani sciolti, edita dalla Sergio Bonelli Editore all'interno della nuova etichetta Audace. Son trascorsi cinquant'anni dal Sessantotto e le celebrazioni, gli approfondimenti e i dibattiti su quel fenomeno storico hanno percorso tutto il 2018. La casa editrice milanese ha sfatato un suo tabù, decidendo per la prima volta di dedicare una serie a fumetti ad un periodo storico così vicino a noi, avvenuto (anche) in Italia e che ha ancora conseguenze e il cui dibattito, politico e non, è ancora vivo e vivace tuttora. Lo ha fatto nel modo giusto, affidando la penna ad uno sceneggiatore di fumetti che fu un protagonista diretto di quegli anni, ad uno che il Sessantotto (e poi il Settantasette) lo ha fatto sul serio. 
Gianfranco Manfredi aveva vent'anni all'epoca ed era uno studente universitario nella Milano del 1968. Si trovava al centro, quindi, dei fatti. Chi meglio di lui poteva raccontarli? Ma c'è modo e modo di affrontare un tema così complesso e variegato quale il Sessantotto. Lo schema scelto da Manfredi è quello di narrare delle esperienze di singoli protagonisti immaginari (ma ispirati ad esperienze reali) di quegli eventi. Sei amici, sei vite che si incontrano durante le occupazioni delle aule universitarie e che proseguono la loro amicizia negli anni a venire. Quattro ragazzi e due ragazze di estrazione borghese (chi più alta, chi più bassa) perché allora l'Università non era fatta per i figli dei proletari, ciascuno con le proprie caratteristiche che abbiamo appena iniziato a conoscere grazie ai due numeri pubblicati finora, Sessantotto e Dove siete?, disegnati da Luca Casalanguida.




Il primo albo ci introduce nel vivo delle manifestazioni studentesche e occupazioni delle aule universitarie. Ci fa respirare subito l'aria ribelle che caratterizzava quella stagione. Vediamo gli eventi attraverso gli occhi dei sei amici, tutti diversi l'uno dall'altro, ma tutti accomunati dal desiderio di cambiare le cose. Sei cani sciolti anticonformisti che non appartengono a nessuno schieramento politico particolare e che non vogliono più sottostare alle regole che la società ha imposto loro fino a quel momento: vogliono modificarle, ribaltarle a partire dal luogo che vivono ogni giorno, l'Università.
Il secondo albo è ambientato vent'anni dopo, quando un fotografo che ritrasse insieme i sei amici durante una manifestazione, realizza una mostra fotografica rievocativa del Sessantotto e si chiede che fine abbiano fatto quei sei giovani. Viene affrontato quindi il tema del ricordo, del dibattito, che ha caratterizzato anche il 2018, di come si può ripensare e affrontare dopo tanti anni un evento storico, i cui protagonisti sono ancora vivi e attivi nella società. Ed è inevitabile che i protagonisti del tempo di pongano la domanda su come siano cambiati, cosa sia rimasto dello spirito del tempo e quale risultato abbia prodotto nella società. Ma, di nuovo, Manfredi non ci dà una risposta bensì ci offre il racconto di sei vite, a distanza di vent'anni, ciascuna diversa dall'altra.




Centrale nell'albo è poi il confronto fra uno dei protagonisti e il padre, partigiano all'epoca della Seconda Guerra Mondiale. Un confronto fra due generazioni ribelli distanti temporalmente poco più di vent'anni: la Resistenza e il Sessantotto che si parlano attraverso due storie particolari. Un padre che ha dovuto uccidere, giovanissimo, altri uomini e un figlio che si è interrogato sulla possibilità di prendere in mano un'arma. Un dialogo intimo e sincero fra due persone che si aprono l'un l'altra su un tema molto delicato e difficile da rievocare.
L'interesse che mi ha suscitato questa serie a fumetti è andato decisamente oltre le mie aspettative, proprio perché Gianfranco Manfredi ha trovato la formula giusta per raccontare quel periodo che noi, nati negli anni successivi, non abbiamo potuto vivere direttamente e che abbiamo conosciuto attraverso libri, trasmissioni televisive, inchieste giornalistiche che sono state o troppo celebrative e retoriche da una parte, o troppo riduttive e schematiche dall'altra. Raccontare la Storia attraverso le vite di singoli è forse il modo migliore o, comunque, quello che preferisco. E Gianfranco Manfredi ne è maestro.

2 commenti:

  1. Io sono rimasto deluso dai disegni di Casalanguida, non li ho trovati adatti al fumetto, un po' sintetici e piuttosto freddi. Forse se li avessero colorati...

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    1. Sì, nonostante io apprezzi in generale la sintesi grafica, in questo caso avrei preferito un tratto più "caldo"

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