"Il favoloso Mark, il comandante dei Lupi dell'Ontario? Oh... Quanto mi piacerebbe conoscerlo di persona! Dicono che sia alto, coraggioso e bello come un semidio!"In queste parole, pronunciate da una donna in adorazione nella terza pagina del primo numero, sta tutto Mark. Un eroe senza macchia e senza paura, osannato come un semidio, che lotta per la libertà di un popolo oppresso. C'è quanto basta per offrire ai ragazzi dell'epoca del sano e costruttivo intrattenimento all'insegna dell'Avventura più classica. Ma niente di più. Il Comandante Mark non ha sfaccettature: è monolitico nella sua purezza. Irreale. Psicologicamente piatto. Privo di sfumature. Bene e male sono nettamente separati: i ribelli americani sono buoni e coraggiosi e i soldati inglesi sono cattivi e inetti. Se non fosse per i suoi compagni Mister Bluff e Gufo Triste (e il cane Flok) mancherebbe anche il sorriso che nasce dalle gag che li vede protagonisti. Che distanza da Tex e Zagor, eroi sì dalla parte del Bene, ma con una notevole profondità psicologica (pur nelle rispettive differenze). Per non parlare di Storia del West (storia di uomini normali) e dei successivi Mister No e Ken Parker: un abisso incolmabile.
Erano quasi quarant'anni che non leggevo il Comandante Mark e ho fatto a fatica a terminarne la lettura. Alla fine guardavo solo le figure, tornando così indietro a quando leggevo i fumetti senza saper leggere. Ma forse è proprio questa la dimensione in cui collocare Mark: quella propria di un lettore bambino, a cui basta un eroe senza macchia e senza paura, che dimostri il suo coraggio contro dei nemici malvagi. Un eroe d'altri tempi, appunto. Un eroe fuori dal tempo.
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