venerdì 7 settembre 2012

La mia estate in noir (I)

Non c'è niente da fare: è il libraio migliore che abbia mai incontrato. E' quello che ogni estate mi consiglia autori che altrimenti non scoprirei mai. Sono scrittori noir, o per lo meno girano attorno a questa etichetta. Dei perfetti sconosciuti per me, ma non per lui che se li legge tutti. E poi me li suggerisce.

Ferdinand von Schirach
Così ho scoperto quel gioiello intitolato Il caso Collini, di Ferdinand von Schirach edito da Longanesi, che ha suscitato le forti emozioni già raccontate qui, e di cui ho scritto una breve recensione qui. Il migliore romanzo dell'anno, senza dubbio: grande nella sua semplicità, potente nella sua verità.
Il testimone è passato quindi ad un autore misterioso, Shane Stevens. Misterioso non solo perché il nome è uno pseudonimo, ma soprattutto per il fatto che fece perdere le proprie tracce a partire dagli anni Ottanta rimanendo nell'anonimato fino alla morte avvenuta nel 2007. Questo aspetto ha accresciuto la sua fama, che si deve essenzialmente e con merito ad un vecchio romanzo del 1979, Io ti troverò, pubblicato in Italia appena nel 2010 e considerato il capostipite del genere del serial killer. Un libro idolatrato da altri scrittori americani del calibro di Stephen King e James Ellroy per la sua capacità di descrivere il male perfetto.

Il libraio però mi ha indicato un altro suo romanzo, L'ora della caccia, edito da Fazi Editore, motivando il suo suggerimento con il fatto che il tema mi sarebbe sicuramente piaciuto. E non si è sbagliato. Come potrebbe infatti deludermi una caccia ai nazisti? Soprattutto poi se a condurla nella Parigi del 1975 è un ispettore ebreo francese, César Dreyfus, unico superstite di una famiglia sterminata ad Auschwitz. La testardaggine del poliziotto nell'andare oltre alle apparenze di un caso di suicidio, lo portano a scoprire trame complesse che lo riportano indietro di 30 anni. Al periodo in cui l'Europa stava uscendo dal baratro nel quale le follie naziste l'avevano catapultata. Un esito sporco di tanto sangue e di tanti colpevoli sfuggiti alla giustizia grazie ad una rete di salvataggio che permise la fuga di numerosi criminali. Dreyfus fa una caccia spietata a Dieter Boch, il killer nazista, sollevando imbarazzo nelle alte sfere della polizia, della politica e dei servizi segreti francesi e tedeschi di entrambe le Repubbliche, la Federale e la Democratica. Lui, che convive con quel terribile e ingiusto senso di colpa che assale i sopravvissuti all'Olocausto, vuole solo la verità, lo deve alla sua famiglia, vuole svelare la rete che ha concesso una nuova vita impunita agli assassini dei suoi genitori e di tanti altri innocenti. Si scontrerà con tutti quelli che preferiscono lasciare le cose come stanno per interesse, per soldi, per quieto vivere o per razzismo. Stevens tesse una trama molto complessa e ricca di colpi di scena, dove la fanno da padrone due elementi. Da una parte il ritmo, l'azione quasi rocambolesca a volte. Dall'altra il fine e testardo ragionamento dell'ispettore ebreo che finisce con l'immedesimarsi nella psiche del sicario nazista per comprenderne le motivazioni e le mosse. Un'identificazione dolorosissima ma necessaria.
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