martedì 22 maggio 2012

Quando a Zagor cadde in testa un Tvrdokrilac


La foresta di Darkwood è turbata da un inconsueto e forte ronzio. Zagor e Ciko si domandano preoccupati chi o che cosa lo generi, anche perché si sta facendo sempre più vicino. Poi, all'improvviso, uno strano Tvrdokrilac guidato da un trionfante Ikarovo Pero si staglia nel cielo. La sorpresa dei due compagni di mille avventure si tramuta presto in terrore quando vedono il velivolo meccanico del barone precipitare sulla loro capanna, facendo esclamare allo Spirito con la Scure: "Tako mi Darkvuda!".
Ho bevuto troppa grappa e questo mi fa scrivere nomi a caso? No! Sto solo citando i personaggi e il contesto dell'avventura di Zagor che noi conosciamo come "Un'impresa disperata", ma che nella Jugoslavia di un tempo era nota con il titolo di Tvrdokrilac, coleottero appunto. Perché è proprio un "coleottero meccanico" quello che il barone Icaro la Plume fa sfracellare sulla capanna di Zagor e Cico provocando la classica espressione "Per tutti i tamburi di Darkwood!".
























Mi sono divertito a fare questo confronto linguistico grazie ad un regalo di Dalibor, un mio collega croato che condivide con me la passione dei fumetti. Dalibor vive ora a Trieste, ma è nato in uno Stato che ora non esiste più: la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, la cui dissoluzione tanto dolore e devastazione ha causato negli anni Novanta.
Tornando a temi più divertenti come i fumetti, Dalibor mi ha raccontato come da ragazzo lui comprasse costantemente molti fumetti italiani che venivano pubblicati già dagli anni Settanta in Jugoslavia. Me ne ha regalati alcuni, sapendo della mia passione per i Bonelli e dintorni. Non poteva mancare, oltre a Zagor, il Ranger più famoso del mondo dei comics, Tex in Zakon Kolta (Senza tregua) o Mister No nel numero 100 sve u koloru intitolato Dzungla (Giungla!) (da notare che i testi vengono attribuiti a G. Nolita, con una t, mentre in realtà sono di Sclavi, ma pazienza...), o il Komandant Mark della Esse Gesse in Zed (Sete!) o  Blek della Dardo in Cudoviste nad Bostonom (Un mostro a Boston) o Bela i Bronko in Divlja zemlja (Terra selvaggia). Ma sono solo alcuni titoli di fumetti italiani che trovavano largo successo nelle terre balcaniche.

Interessante sottolineare anche che non solo lo Stato in cui vennero pubblicati ora non esiste più, ma anche la lingua. Non ho ancora detto infatti che i termini che ho citato appartengono al serbocroato, un'idioma che cercava di unificare a livello linguistico due comunità che la storia aveva tenuto divise per molti secoli. In realtà i serbi e i croati, quando giunsero nei Balcani attorno al VII secolo, parlavano dei dialetti molto simili fra loro, appartenenti allo stesso ceppo. Poi la storia portò i croati più verso la sfera di influenza occidentale e i serbi verso Costantinopoli, tanto che anche gli alfabeti si differenziarono: latino per i primi, cirillico per i secondi. Ma diversi intellettuali serbi e croati già nell'Ottocento propugnavano un'unita linguistica che si realizzò nel Novecento prima con il Regno di Jugoslavia fra le due guerre e soprattutto con al Repubblica fondata dal Maresciallo Tito nel Dopoguerra. Il serbocroato divenne lingua ufficiale dello Stato.
























Ricordo che ai tempi del Liceo a Gorizia, molti ragazzi che frequentavano istituti commerciali, studiavano come lingua straniera il serbocroato, visto che i rapporti economici fra le mie terre e la vicina repubblica richiedevano professionisti che conoscessero la nuova-antica lingua. Sappiamo tutti quanto tragicamente avvenne lo sfascio del vicino Stato socialista. Dopo la divisione croati e serbi ripristinarono ufficialmente le loro rispettive lingue all'interno dei nuovi stati sorti dopo il 1991, accentuandone le differenze, invece di sottolineare le affinità e la comune origine. Il nazionalismo estremo si manifesta anche attraverso questi strumenti, che non sono armi vere e proprie, ma lo possono diventare.
Allora mi fa ancora più piacere ricordare questi albi che Dalibor mi ha regalato, come un esempio di unione fra due popoli, realizzata attraverso un tipo di cultura molto efficace, visto che i fumetti erano diffusissimi presso i ragazzi serbi e croati. Mi piace pensare che un bambino cresciuto a Zagor, Tex e Mister No non si sia macchiato degli orrori che la guerra ha poi fatto emergere dal profondo dell'animo umano. Sono un illuso?

Mister No: "Per cento fulmini!"
Esse Esse. "Al diavolo!"

2 commenti:

  1. Gran bel post, Alessandro. Tra divulgazione e nostalgia. Anzi, Ostalgia.

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  2. Bel post, sono d'accordo. Sono sempre rimasto affascinato dalle storie dei personaggi a fumetti popolari italiani in altri Paesi.

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