Dragonero
approda al numero 50 con l'albo intitolato La vendetta, e lo fa in modo che definire spettacolare è
poco. Fin dalla copertina, di Giuseppe
Matteoni, si comprende come sia un numero cruciale per la storia, e
che si concentra sul personaggio principale della saga, Ian. La
spada, Tagliatrice Crudele, che non abbandona mai il nostro scout,
qui esalta ed anticipa quello che troveremo all'interno dell’albo,
spezzando in due l’immagine, da un lato Ian come lo conosciamo,
tuttavia con la ferita della cicatrice ancora fresca, dall'altro un
volto sfigurato, quasi a rappresentare il dissidio interiore del
personaggio, ed un passato che riemerge e fa sentire tutto il suo
peso, sottolineato dagli stessi colori cupi del lato sinistro. Gli
autori decidono inoltre di regalarci un albo a colori, caratteristica
tipica, solitamente, del traguardo del numero 100, ma Dragonero è un
albo di tale successo, che questa decisione non può che essere più
che gradita.
È vero che il lettore storico Bonelli è abituato al bianco e nero, ma finora il colore si è sposato in modo assolutamente eccellente con questo fumetto, sia negli speciali e magazine, sia nelle splendide edizioni da libreria che raccolgono (finora) la riedizione del primo romanzo a fumetti e la storia doppia Nelle terre dei Ghoul. Una decisione questa della Bonelli che spesso ha fatto finora discutere, per il fatto che riproporre una storia già edita in un altro formato “costringe” il fan ad un acquisto extra, ma che, tuttavia, non si può che apprezzare, per diversi motivi: in primo luogo, proporre un fumetto, normalmente venduto in edicola, anche nelle librerie può avvicinare altri lettori a questo (fantastico) mondo, in secondo luogo, tale pratica è normale in altri Paesi del mondo (e poi, diciamolo, queste edizioni “libro” sono fantastiche, le pagine patinate danno una sensazione stupenda, dal profumo della carta, alla sensazione al tatto, che probabilmente solo chi, come il sottoscritto, è nato con la “carta” e non con il digitale potrà capire fino in fondo).
È vero che il lettore storico Bonelli è abituato al bianco e nero, ma finora il colore si è sposato in modo assolutamente eccellente con questo fumetto, sia negli speciali e magazine, sia nelle splendide edizioni da libreria che raccolgono (finora) la riedizione del primo romanzo a fumetti e la storia doppia Nelle terre dei Ghoul. Una decisione questa della Bonelli che spesso ha fatto finora discutere, per il fatto che riproporre una storia già edita in un altro formato “costringe” il fan ad un acquisto extra, ma che, tuttavia, non si può che apprezzare, per diversi motivi: in primo luogo, proporre un fumetto, normalmente venduto in edicola, anche nelle librerie può avvicinare altri lettori a questo (fantastico) mondo, in secondo luogo, tale pratica è normale in altri Paesi del mondo (e poi, diciamolo, queste edizioni “libro” sono fantastiche, le pagine patinate danno una sensazione stupenda, dal profumo della carta, alla sensazione al tatto, che probabilmente solo chi, come il sottoscritto, è nato con la “carta” e non con il digitale potrà capire fino in fondo).
Per quanto
riguarda il colore, fin dalle prime pagine Giada Marchisio e Paolo
Francescutto fanno sfoggio della loro
arte. Personalmente ritengo il loro stile particolarmente calzante al
fumetto, come ho avuto modo di esternare allo stesso Paolo
incontrandolo in occasione della recente manifestazione The Game Fortress svoltasi a Palmanova:
i colori, tra l’acquarello ed il pastello, rendono alla perfezione,
a mio parere, l’atmosfera fantasy di Dragonero, giustamente diverso
dallo stile “lucido” (perdonate i miei termini, sicuramente poco
tecnici) di altri fumetti con ambientazioni diverse. I coloristi
fanno sfoggio della loro bravura in pagine di impatto, come quelle in
cui devono rendere l’ambiente piovoso, le goccioline sugli abiti
dei personaggi, o i riflessi in uno specchio o in un vetro.
Procedendo con la lettura dell’albo, appare perfetta la scelta di
cambiare le tonalità, a sottolineare il fatto che si tratti del
passato di Ian, e la drammaticità degli eventi che vengono
descritti.
Definitivamente abbandonata la classica griglia
bonelliana, sia con riquadri di diverse dimensioni, sia con elementi
che li attraversano, creando, di fatto, un unico quadro d’insieme. È qualcosa a cui ormai dovremmo essere abituati, dopo numeri in
cui abbiamo visto paesaggi che occupano addirittura due pagine (a
riguardo, chi avrà acquistato anche lo splendido speciale, avrà
avuto modo di apprezzare particolarmente questo aspetto), e che non
può che stupire.
Venendo
ai disegni, il tratto di Francesco
Rizzato è perfetto, le espressioni dei
volti rendono un Ian particolarmente cupo e riflessivo, e gli altri
protagonisti dell’albo assolutamente “vivi”. In definitiva,
l’insieme di disegni e colori rendono questo albo sicuramente uno
dei migliori, ad oggi, da questo punto di vista, se dovessi
assegnarli un voto, sarebbe senza ombra di dubbio un 10 pieno, senza
nessuna esitazione, una degna celebrazione di questo importante
traguardo raggiunto.
Infine la storia. È veramente difficile darne
una recensione evitando qualsiasi spoiler. Sicuramente è un albo che
non si può leggere prescindendo dagli eventi anticipati in questi
anni, e particolarmente negli ultimi mesi, ormai con la saga delle
Regine Nere quasi alle porte (Autumn is coming, parafrasando una nota
serie di successo ;) ). Lo stesso Luca Enoch (per chi non lo sapesse,
ideatore e sceneggiatore principale della serie, insieme a Stefano
Vietti), nell'incontro alla kermesse di Palmanova dei primi di
luglio, ha confermato che l’Erondar così come lo conosciamo sta
per finire: come un demiurgo ha mostrato un certo piacere
nell'anticipare quello che ci aspetta, uno sconvolgimento
principalmente politico, ma che coinvolgerà intere città e
personaggi che abbiamo amato lungo la saga. L’atmosfera di una
guerra in arrivo si respira quasi subito, Stefano Vietti
(sceneggiatore di questo albo), tratteggia perfettamente l’ansia di
un impero che sa già cosa sta per arrivare, e appronta, con
particolare celerità, le difese. Lo stesso Ian, nel suo viaggiare
per le terre dell’Erondar, incrocia legioni imperiali in movimento
ed attraversa ponti e strade che vengono attentamente ispezionati e
rafforzati in vista degli eventi futuri. Vietti fa sfoggio, in questo
frangente, della sua profonda cultura e di quanto minuziosamente stia
seguendo questa saga: è evidente la passione che muove gli
sceneggiatori di Dragonero, e i fan, ovviamente, non possono che
gongolare. Tuttavia ciò fa solo da sfondo all'albo che abbiamo tra
le mani, così come il racconto della cicatrice di Dragonero è solo
un pretesto per approfondire un’altra questione: il protagonista
qui è Ian, abbandonati, fin dalle prime pagine, i suoi fidati
comprimari Sera e Gmor (se di comprimari vogliamo parlare, dal
momento che, albo dopo albo, vengono tratteggiati in maniera sempre
più minuziosa e dettagliata, tanto da farne protagonisti della
serie, al pari dello scout che ne dà il nome).
L’albo è tutto
giocato sul dissidio interiore di Ian, che da un lato vorrebbe una
vita “normale”, a fianco della donna che ama e che incontrerà in
questo numero in uno dei rari momenti di rilassatezza, d’altro
canto è mosso da un senso del dovere che lo porta a scelte
difficili, scelte che, come chiarirà l’albo, ha già compiuto in
passato e le cui conseguenze si riaffacciano in tutto il loro orrore.
Lo stile si fa improvvisamente cupo e drammatico (ad un certo punto,
temiamo che sia la fine per uno dei personaggi), mantenendo la
tensione lungo tutto l’albo sino all'epilogo, e lasciandoci con
il dubbio se sia Tagliatrice Crudele a trascinare Ian, o se ci sia un
filo sempre più sottile tra le scelte dello scout e la volontà
della sua spada (fino alla domanda finale su chi sia il mostro).
L’albo è un continuo gioco tra presente e flash back, evidenziati,
come anticipato, dai cambi di colore delle varie sezioni. La storia e
lo stile danno sicuramente un assaggio dello spin off che uscirà a
breve (La Banda dei senzanima), dalle tematiche, a detta degli
autori, più crude e violente.
Mi preme sottolineare come le piccole
storie inserite finora in coda ad alcuni albi doppi qui risultino
tutt'altro che superflue: alcuni le hanno criticate come inutili
divagazioni, per il sottoscritto, invece, (finora) apparivano un
apprezzabile contorno alle definizione di un mondo fantasy veramente
vasto, mentre ora appare chiaro come non siano solo questo, ma
diventino anche spin off cruciali ai fini della storia.
Concludendo,
non posso che sottolineare come questa serie stia mantenendo un
livello assolutamente d’eccellenza, alternando numeri più
rilassati (fino ad intermezzi assolutamente esilaranti, dove è
evidente lo spirito di Enoch), a numeri più cupi e tragici, facendo
di questo personaggio uno dei più riusciti, a mio parere, in casa
Bonelli, e dando lustro ad un genere di cui si sentiva la mancanza,
forse vicino ad un Nathan Never per quanto riguarda la fantascienza
bonelliana, anche se sono diversi gli eventi che hanno portato i due
personaggi a diventare quello che sono. È assolutamente da
sottolineare come un tale fumetto sia in grado di appassionare sia un
amante del genere fantasy, sia una persona che normalmente non lo
segue (ne ho un rappresentante al mio fianco, portata ai fumetti, e
appassionata a QUESTI fumetti). Non possiamo che augurarci lunga vita
a Dragonero, ed attendere, con un po’ di impazienza, la saga che ci
terrà incollati per ben 12 numeri.
Recensione a cura dell'amico Fabrizio Tofful, grande appassionato dei generi fantasy e fantascienza.
Un grazie di cuore all'amico Alessandro per la pubblicazione della recensione! Da eterno insoddisfatto su quello che produco, spero di essere stato esaustivo. Di sicuro tante delle cose che pensavo mi sono rimaste in testa. Apprezzo scambi di opinioni e spunti di riflessione. Se qualcuno vuole parlarne, i commenti sono benvenuti!
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