E' il numero stampato sul braccio di Primo Levi quando entrò nel febbraio del 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz. Si sta avvicinando il 27 gennaio, il giorno della memoria: per Primo Levi la memoria era un dovere, cui si sottopose appena uscito dal lager, appena ebbe a disposizione una carta, una matita e un tavolo. Per tutta la sua vita la memoria rappresentò il suo impegno di testimone diretto, soprattuto nei confronti dei giovani.
Più volte affermò l'importanza dell'educazione scolastica come strumento essenziale per tenere viva la memoria, ricordando come i regimi nazista e fascista ebbero nella propaganda e nella scuola le armi principali per la generazione di fanatici sostenitori.
Lessi Se questo è un uomo e La tregua alle medie, come spero facciano tuttora gli studenti di quell'età, ma li rilessi e li feci miei più tardi, durante gli anni dell'università, ancora giovane certo, ma più o meno alla stessa età in cui Primo Levi fu catturato e portato ad Auschwitz. Primo Levi da allora è diventato il mio autore preferito e non solo per le sue opere centrate sulla Shoah, ma anche per i suoi libri e racconti che hanno come tema il lavoro, la scienza e la chimica: che non sono affatto disgiunti da quello concentrazionario, anzi. La chimica era per Levi uno strumento di analisi della realtà e della natura nella sua essenza più profonda. Il mestiere di chimico non lo abbandonava mai mentre scriveva, anzi gli offriva punti di vista e mezzi utilissimi per la sua analisi della realtà umana. Un aspetto poi poco noto di Levi è la sua grande ironia, evidente in molti suoi straordinari racconti. Quello che voglio dire è che Levi è molto di più di quello che di lui è più noto, è una miniera inesauribile di spunti e di riflessioni sul mondo e sull'uomo.
Quando penso a Primo Levi il primo sentimento che provo è la tristezza: per le ferite che ha subito personalmente, per l'abominio a cui l'uomo può arrivare in certe condizioni. Levi diceva che fra i suoi aguzzini rarissimi erano i mostri mentre la maggior parte erano uomini normali: ciò che lui subì fu nello stesso tempo disumano ma anche umano in quanto opera dell'uomo. Ammettere che dentro di noi si nasconda una parte così nera è pesante, ma così è. Per fortuna la tristezza poi mi abbandona, scacciata da uno sconfinato senso di affetto e rispetto per un uomo così grande, dietro la cui mitezza e perfino dolcezza emergono chiare fermezza, lucidità di pensiero e una straordinaria perseveranza nel testimoniare per il bene degli altri uomini. Mi rassicura sapere che è esistita una persona così, perché anche io sono fatto della sua stessa natura. Dentro di noi c'è veramente tutto.
Primo Levi è morto di Memoria.
RispondiEliminaHa raccontato ciò che ha vissuto, ha preferito rinnovare il dolore ogni giorno, piuttosto che tornare a vivere dimenticando.
Ecco cosa ho trovato in un libro che acquistai e lessi a Sacile, nei giorni in cui ci conoscemmo:
"All'estremo del raccontare credo di esserci io, non ho mai cessato di raccontare. Ma c'è un mio amico il quale ha bloccato tutto, ha rimosso tutto, non vive male ma non parla più di queste cose, non ne ha mai parlato con nessuno [...] Io non so dire, ognuno vive delle esperienze a modo suo, certo che in molte famiglie effettivamente"gli altri", i non superstiti, i non reduci, si sono opposti a questo raccontare. Il perchè varrebbe la pena di saperlo. In molti casi perchè il reduce è scomodo e noioso... Ravviva le sofferenze..."
PRIMO LEVI - Da "Conversazioni e Interviste"; EINAUDI (pagg.50-51)
caro Emiliano, hai toccato un punto molto dolente per me, ovvero la morte di Primo Levi. Stavo per scriverne anche nel post, ma non ce l'ho fatta.Ricordo ancora adesso il momento in cui appresi la notizia, cosa stavo facendo, dove mi trovavo, con chi ero; come quando muore una persona cui vuoi veramente bene, il tuo cervello fa una foto dell'istante che poi non dimentichi più. Tuttora non so cosa dire o pensare a riguardo, ne sono disarmato: provo dolore e rispetto per la scelta. Non so se sia morto di Memoria. Non so se chi non ne ha mai parlato vivesse meglio di lui. Non so se rinnovasse il dolore testimoniandolo: forse anche chi non ne parlava, dentro di sè lo rinnovava ugualmente, almeno Primo Levi lo esprimeva fuori di sè. Non penso che puoi vivere con dentro una cosa così grande: il tuo inconscio lavora a tua insaputa e scava, scava.... Penso che ognuno ha la sua evoluzione/elaborazione di fronte a un evento subito così tragico e devastante. Qualsiasi ipotesi facciamo poi sulle motivazioni del suicidio sono inutili a mio parere. E' un atto così estremo che io non me la sento di esprimermi a proposito. Accolgo con grande gioia quello che ci ha dato in vita.
RispondiEliminaCondivido pienamente sulla grandezza di Levi come autore. Anche per me paradossalmente pensare a lui è come pensare a un caro amico che non c'è più. Mi rimane un senso di mancanza di tutto ciò che avrebbe potuto ancora darci e mi chiedo spesso cosa ne penserebbe di questo o quel fatto di cronaca, della situazione politica di questi giorni, lui che era così lucido nel vedere le cose.
RispondiEliminaGrazie per le belle foto.