Mi sto ancora rigirando tra le mani il libretto dell'Einaudi che narra per parole e immagini la storia di un party selvaggio. E' un romanzo scritto in versi da Joseph Moncure March, pubblicato con molte censure nel 1928. Descrive, attraverso un party, un'epoca, quella degli anni 20. Non è una festa qualsiasi: gli ospiti sono ballerine e prostitute, clown da avanspettacolo e uomini d'affari, lesbiche e omosessuali. Gli uomini vestono lo smoking e le donne abiti affascinanti. Il fumo e la musica invadono le stanze dell'appartamento in questa notte segnata dal'alcool, dal sesso e dalla violenza.
Perchè parlo di questo libro? Perché ho appena letto l'edizione del 1994, che ha fatto rinascere dall'oblio il romanzo arricchendolo delle splendide illustrazioni di Art Spiegelman. E' stato infatti il famoso autore di Maus ad essere attratto da questo poema popolare, che tanto scandalo suscitò all'epoca, ma che fu presto dimenticato, a meno di un film del 1975 ad esso ispirato. Grazie all'opera di recupero di Spiegelman, "The Wild Party" fu riscoperto e divenne il soggetto di due diversi adattamenti teatrali per musical a New York.
Le illustrazioni di Spiegelman riescono a fondersi perfettamente con il testo, diventando un tutt'uno. Ne sono più che il sottofondo. A tratti si ha l'impressione di guardare un film, tanto le immagini sanno dare vita alle parole scritte.
Personalmente ho percepito chiaramente nelle illustrazioni e nei versi l'aria torbida della festa, il jazz che avviluppa col fumo tutto l'ambiente. E poi la carica sessuale dei corpi che, dopo litri di alcool, si lasciano andare gli uni sugli altri con lussuria. L'atmosfera per certi versi anticipa quella hard-bolied dei romanzi di Dashiell Hammett e di Raymond Chandler che saranno pubblicati negli anni successivi.
L'epilogo non poteva essere diverso: la fatale Queenie, ballerina del vaudeville, suscita la gelosia del suo violento amante Burrs, quando prima flirta e poi si concede alla passione del giovane, elegante e tenebroso Black. La polizia irrompe a tarda notte nell'appartamento trovando il cadavere di Burrs, freddato da una revolverata di Black.
Ci sono amori di fuoco: altri appasiscono nell'incuria
ma l'amore più intenso, il pù pulito, è la lussuria.
E la loro lussuria era furore. Aveva un odore,
di acciaio, di pietra, di martelli...
clangore, colpire, coltelli.
Un odore di torce selvagge, rombanti
da spezzare il ferro, da accecare anche i santi:
di lunghi treni che si schiantano sotto terra,
e schiantano le strade, come tuoni di guerra:
l'odore di un motore; sgorga il vapore;
piedi che pestano, folla in clamore.
La lussuria li aveva drogati. Potevano fnirne dilaniati.
Ma in ogni caso, no: non si sarebbero fermati.
Molto interessante.
RispondiEliminaFantastiche le illustrazioni del "vecchio" ART!
Grazie per la segnalazione.