"In sella a un mulo a tirare un barcone / colmo di pietre oppur di carbone. Un ponte basso adesso si appresta / chinate tutti e in fretta la testa"Questo è il verso cantato da Benny Pitt, l'irlandese suonatore di banjo che allieta la navigazione sull'Erie Canal di Zagor, Cico e alcuni protagonisti de I sabotatori, la storia che Ade Capone ha scritto per il diciannovesimo Maxi Zagor uscito nelle edicole a fine gennaio. Cico non prende alla lettera il suggerimento cantato, tanto meno interpreta correttamente il movimento dell'irlandese, finendo per dare una sonora zuccata contro la volta del ponte sotto il quale l'imbarcazione si sta infilando. Inevitabilmente, in quanto fan del Boss, non ho potuto fare a meno di pensare alla canzone Erie Canal, inserita da Bruce Springsteen nel suo disco del 2006 We shall overcome: The Seeger Sessions, l'album con cui il songwriter del New Jersey ha omaggiato una delle leggende della musica folk statunitense, Pete Seeger, eseguendo brani scritti dal vecchio autore folk o canzoni tradizionali da lui rese famose, come appunto Erie Canal. Non può trattarsi, in ogni caso, dello stesso brano eseguito nel fumetto da Benny, in quanto la storia di Zagor è ambientata all'inizio dell'Ottocento, durante i lavori di costruzione del lungo canale che collega tuttora il fiume Hudson con il lago Erie. La canzone interpretata da Seeger e poi da Springsteen fu composta nel 1905 da Thomas S. Allen ma anche qui troviamo un mulo, di nome Sal, che trascina una chiatta, e l'invito rivolto ai naviganti ad abbassare la testa all'approssimarsi di un ponte basso sul canale ("low bridge, everybody down"). Il tono del brano è piuttosto malinconico in quanto i primi del Novecento corrisposero al periodo nel quale i muli furono mandati in pensione a vantaggio delle chiatte spinte dal motore a vapore prima e dal diesel poi.
Non so se Ade Capone si sia intenzionalmente ispirato a questa canzone del 1905 ma, se lo ha fatto come immagino, è un'altro dettaglio che contribuisce a rendere molto piacevole questa storia zagoriana. Come già ci aveva abituato in precedenti numeri di Maxi Zagor, l'autore piacentino mescola abilmente la Storia e la Fantasia, dimostrando un gran lavoro di documentazione. Mentre nella serie regolare, ormai da più di un anno, Zagor e Cico sono impegnati in una trasferta latino-americana con ambientazioni più attinenti alla sfera fantastica (se non fantascientifica e magica) dell'universo zagoriano, sui Maxi e sul Gigante la nolittianità si declina nella sua forma western (o per meglio dire eastern) con storie ambientate a Darkwood o dintorni e con i classici elementi quali le tribù di nativi, i fuorilegge, e magari, come in questo caso, riferimenti a fatti storici ben precisi. Questi ultimi, infatti, abbondano nella storia in questione e ne sono le fondamenta.
Disegno di Gaetano e Gaspare Cassaro |
Da ricordare lo scambio di battute fra il vecchio pellerossa, custode del sacro villaggio scavato nella roccia che dice:
e Zagor, suo prigioniero, che risponde:"I visi pallidi stanno occupando le nostre terre parlando di pacifica convivenza, ma non esitano a trattarci come selvaggi da depredare e sterminare!"
Nonostante il successo dello Spirito con la Scure nella presente storia (come in tante altre), non può che destare amarezza sapere che il vecchio saggio ha predetto il futuro.
"Se mi conosci, sai che lotto da sempre proprio per impedire tutto ciò!"
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