Esattamente un anno fa, in questo post, scrivevo della collezione storica a colori di Zagor, il cui debutto nelle edicole coincideva con un tempo da lupi. Oggi, come allora, il primo numero della collezione storica a colori di Dylan Dog esce in concomitanza con neve e bora scura. Condizioni atmosferiche assai diverse da quelle che caratterizzarono la giornata di quasi 27 anni fa quando, quindici anni compiuti da poco, acquistai con molta curiosità e un po' di perplessità il primo albo di quel fenomeno editoriale destinato a sconvolgere le sorti del fumetto popolare italiano: Dylan Dog, per l'appunto. Quel giorno di ottobre del 1986 era piuttosto grigio, ma non freddo: ricordo che, dopo essere uscito dall'edicola con L'alba dei morti viventi andai a tirare due calci al pallone nel campetto dietro la casa del mio amico Paolo (non è che si stava sempre nella sua camera ad ascoltare Guccini o il Boss...). Non so se il cielo malinconico e un po' triste di quel giorno abbia influito nel mio mancato rapporto con Dylan Dog. So solo che non sbocciò mai l'amore fra me e il personaggio di Tiziano Sclavi.
Lessi la prima storia ma non mi affascinò al punto da proseguire nell'acquisto degli albi successivi. Probabilmente intervennero nella decisione anche altri fattori, quello economico in primis, ma sicuramente se quel giorno la lettura della prima avventura dell'Indagatore dell'Incubo mi avesse colpito, avrei rinunciato a qualche altra testata bonelliana in suo favore. E invece no! Un altro motivo potrebbe essere che il genere horror non ha mai esercitato su di me un'attrazione particolare, al punto che, per esempio, la successiva presentazione di Magico Vento come un fumetto western-horror mi fece storcere il naso e quasi rinunciare al suo acquisto (poi si capì che l'etichetta non era delle più precise e anzi addirittura fuorviante: le atmosfere gothic di Gianfranco Manfredi erano tutt'altra cosa e, nel suo caso, sarebbe più proprio parlare di Terrore anziché di Orrore, come spiega lui stesso in questa intervista). Probabilmente sono uno dei pochi lettori bonelliani a non avere intrapreso la lettura di Dylan Dog. Ci sono ragioni psicanalitiche a me ancora sconosciute che spiegano questo fatto? Non lo so! Visto che Dylan Dog è una rappresentazione a fumetti delle paure e dei fantasmi dell'animo umano, il mio rifiuto corrisponde forse alla fuga di fronte alle mie paure o ai miei fantasmi? Chi lo sa! Probabilmente mi sto facendo tante domande inutili. So solo che oggi non sono il quindicenne di allora e il desiderio di acquistare questa ristampa a colori è stato genuino. Spero di divertirmi!
PS: non fatevi illusioni, voi appassionati di Dylan Dog che pensate che il numero uno originale sia ancora in mio possesso. Le mie scarse doti commerciali me l'hanno fatto scambiare con pochi numeri di altri fumetti (di valore economico molto inferiore) che mi interessavano di più.....
Ho visto la locandina stamattina nell'edicola dove sono andato a prendere la marca da bollo per la fattura del fottuto dentista.
RispondiEliminaNon sono riuscito a capire di chi è il disegno della copertina, la firma per me è illeggibile... forse Bruno Brindisi? No, non gli somiglia molto.
Si tratta proprio di Bruno Brindisi...
EliminaGli anni passano per tutti.
EliminaAh! Pensa, Alessandro, che io i primi 10 numeri originali li regalai a un mio compagno militare!!!
EliminaAnche tu sei un uomo di affari, vedo!!!!
EliminaEh sì....:-D
EliminaAlessandro, per fortuna hai studiato che se pensavi di campare vendendo mortadella a quest'ora eri spacciato. Fammi capire, possiedi il n. 1 di un fumetto, di una rivista, di un quotidiano o di un giornaletto di dubbia moralità e tu che fai? Lo scambi. Ma ti si deve proprio insegnare tutto? Dall'imposta di registro al senso degli affari? Comunque, a parte questo, se non sbaglio, credo di ricordare esattamente il giorno in cui comprasti il n. 1. Non giurerei sulle avverse condizioni meteo, tuttavia mi pare di rammentare, e correggimi se sbaglio (...se sbaglio mi corrigerete, K.W, 1978) che in quel fumetto ad un certo punto si vedono delle forbici che entrano in un occhio. O forse mi confondo con uno dei rari numeri che ho acquistato io....Certo che a leggere questo blog ne esce un'immagine della nostra adolescenza piuttosto cazzara. Si ascoltava Guccini, si ascoltava il Boss, si giocava a calcio e si leggevano i fumetti. E ancora non hai scritto nulla in merito al tennis, alla pesca e ad altre attività più solitarie. E' letteralmente miracoloso che non ci abbiano mai rimandato a settembre.
RispondiEliminaRicordi bene: ci sono delle forbici che entrano in un occhio!! L'ho appena riletto il numero 1 (ristampato...). Non avrei mai pensato che ti ricordassi quel giorno... Ti assicuro: era nuvoloso, ma non pioveva, tanto che andammo a giocare a calcio: uno in porta e l'altro che tira le punizioni, ricordi? Troverò sicuramente l'occasione per parlare delle partite di tennis e delle uscite a pescare, non temere!
EliminaMi dai una notizia pessima, in pratica la prova definitiva del mio progressivo invecchiamento neuronale. Ricordo dettagli insignificanti di un quarto di secolo fa ma se mi chiedi dove ho appoggiato le chiavi dell'auto mezz'ora fa ho pesanti esitazioni. Mah.
EliminaQuante cose mi hai fatto tornare in mente. Anche io con Dylan ebbi una espereenza molto simile. Mi innamorai del personaggio solo qualche anno dopo, leggendo "Memorie dall'invisibile" forse tra le più belle pagine del fumetto seriale italiano di sempre.
RispondiElimina... La realtà è che (parlo per me, ma forse generazionalmente ti puoi ritrovare nel giudizio) lo lessi in un'età in cui ero fumettisticamente parlando più settario di un Nazimaoista degli anni Settanta... Pensavo che il fumetto iniziasse con la T di Tex e finisse con la Z di Zagor. In più l'horror non mi hai mai affascinato come genere. Per cui lessi due o tre numeri e lasciai perdere. Ma poi mi sembra di ricordare che non fummo gli unici ad avere questo tipo di risposta. Se Dylan è diventato quello che è dvientato, oltre alla bravura di Sclavi, lo deve alla generosità editoriale (et lungimiranza) di Sergio Bonelli.
Alla T di Tex e alla Z di Zagor, aggiungevo allora la S di Storia del West e la M di Mister No e Martin Mystère, ma la D di Dylan non ci è mai entrata. Forse mi son arreso troppo presto o forse le storie migliori, come suggerisci tu, sono arrivate più tardi. Sicuramente il genere horror non era tra i miei preferiti e questo non aiutò.
EliminaSalve a tutti, scusate il disturbo.
RispondiEliminaDato che mi pare che qui siete tutti Bonelliani e, credo, friulani, io sto cercando una copia del Dylan Dog in lingua friulana pibblicato nel 95 da "La Patrie dal Friûl". Se c'è qualcuno che può aiutarmi può rispondere in questo blog fornendomi i suoi dati per contattarlo o scrivermi direttamente alla mail luigimarini@hotmail.it . Ho già contattato tempo fa Dree Venier ma purtroppo non è riuscito ad aiutarmi.
Grazie!
Ciao, ti avrei segnalato proprio Dree Venier, ma vedo che ci hai già pensato tu... Mi dispiace, non so come aiutarti: se però ne trovo traccia ti avviso.
EliminaIo scoprii Dylan Dog qualche anno più tardi, nel '90. Ci sono storie che hanno segnato la mia adolescenza: Johnny Freak, Il già citato Memorie dall'invisibile, Il Volo dello Struzzo, Totentanz, Zed...solo per citare i primi titoli che ricordo. Dylan Dog non è stato solo un fumetto...è stato un mondo. Purtroppo nemmeno io conservo più gli albi originali (a parte, forse qualche album gigante o pubblicazione fuori collana...un paio, peraltro, con dedica autografa di Sergio Bonelli e Angelo Stano). Resto molto affezionato a Dylan e Groucho. Così come sono affezionato a Ken, che scoprii molti anni più tardi, ai tempi dell'università, grazie alle ristampe Panini...
RispondiEliminaA distanza di qualche mese, ti confesso che ho abbandonato l'acquisto delle ristampe, un po' per motivi economici e un po' perché l'albo colorato perde molto fascino del bianco e nero che immagino sia fondamentale per apprezzare Dylan Dog
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