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mercoledì 2 giugno 2010
Il cinema moderno e la guerra
Questo sarcastico remake, opera di Emiliano Pagani e Daniele Caluri, creatori di Don Zauker, di una scena di Valzer con Bashir, mi ha fatto tornare in mente delle considerazioni del filosofo marxista e psicanalista lacaniano Slavoj Žižek riguardo a film come Valzer con Bashir appunto, ma anche Lebanon, o The Hurt Locker.
Film che parlano della guerra, vista attraverso i diretti protagonisti, i soldati che si pongono drammaticamente domande riguardo ciò che stanno facendo. Quello che si vede è però il loro dramma privato e non il contesto, le ragioni della guerra che fa da terribile sfondo alle storie intime dei combattenti. Il valore estetico e morale di questi film resta elevato, ma il pensatore sloveno elabora sulla questione una riflessione, secondo me, molto azzeccata.
Lo spunto viene dall’assegnazione dell’Oscar 2010 al film di Kathryn Bigelow The Hurt Locker: “spostare l’attenzione sull’esperienza traumatica del colpevole ci consente di rimuovere l’intero contesto etico-politico del conflitto […]. Questo tipo di umanizzazione serve dunque a mettere in ombra la questione fondamentale: la necessità di una spietata analisi politica della posta in gioco nella nostra attività politica e militare”. In film celebrati per il loro presunto antimilitarismo, come The Hurt Locker, “il modo in cui si descrivono l’orrore quotidiano e le esperienze traumatiche dei soldati in zone di guerra sembra lontano anni luce dalla celebrazione sentimentale del ruolo umanitario dell’esercito americano in film come lo spregevole Berretti verdi di John Wayne. Tuttavia, dovremmo sempre tenere presente che in The Hurt Locker la cruda rappresentazione della follia della guerra rende accettabile il fatto che i suoi protagonisti stanno facendo esattamente la stessa cosa dei Berretti verdi. L’ideologia non si vede, ma c’è ed è più forte che mai: noi siamo lì con i nostri ragazzi, e ci identifichiamo con le loro paure e le loro angosce invece di domandarci che ci fanno laggiù”.
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