venerdì 30 ottobre 2015

Ken Parker Classic N. 17 - "La lunga pista rossa"


È in'edicola il diciassettesimo numero della collana Ken Parker Classic, la ristampa delle avventure di Lungo Fucile edita da Mondadori. In questo episodio il personaggio creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo viene raffigurato nelle prime tavole dai disegni del grande Renzo Calegari e poi da Giorgio Trevisan. Violenza e vendetta tanto dalla parte dei rossi che da quella dei bianchi e, in mezzo, due bambini contesi. La frontiera viene rappresentata in alcuni dei suoi aspetti più crudi e crudeli. Di base resta sempre l'impossibilità di integrazione fra i due popoli e l'amarezza di fondo che ne deriva.
Fugace apparizione in questo episodio di Calegari, amato da tanti lettori per le sue opere, fra le quali spiccano l'indimenticabile Storia del West, serie creata insieme a Gino D'Antonio, e Welcome to Springville, su testi di Giancarlo Berardi.

Disegno di Renzo Calegari tratto da "Welcome to Springville"

domenica 25 ottobre 2015

Ken Parker a colori - N.1


Dal 20 ottobre si può trovare in libreria, edicola e fumetteria il primo volume della collana Ken Parker a colori, edita da Mondadori. Il personaggio creato da Giancarlo Berardi e da Ivo MIlazzo rivive le proprie avventure sulle pagine di un'edizione di grande prestigio. Si tratta infatti di un volume cartonato, del formato di 21 x 26 cm, composto da carta ad alta grammatura e, ovviamente, caratterizzato da una colorazione di alto livello. Questa prima uscita racchiude le tre prime storie pubblicate dalla Cepim di Sergio Bonelli nel lontano 1977: Lungo Fucile, Mine Town e I gentiluomini.
L'opera segue altre due collane che la Mondadori ha dedicato al biondo trapper. La prima. denominata semplicemente Ken Parker, ha riproposto in 50 volumi settimanali brossurati tutte le avventure di Chemako in ordine cronologico fino all'ultimo episodio inedito, Fin dove arriva il mattino, che ha segnato la conclusione della storia di Ken. Redazionali e interviste ai due creatori del personaggio hanno arricchito questa collana che presentava più storie in un singolo volume, e che si è conclusa in aprile di quest'anno. A luglio è poi iniziata Ken Parker Classic, serie settimanale brossurata che ristampa le avventure di Ken in albi singoli, così come venne pubblicata originariamente.
Mondadori presenta Ken Parker a colori come collana trimestrale di cui sono stati già preparati i primi tre volumi, che coprono le prime nove storie di Lungo Fucile. Se in origine l'opera era stata pensata come selezione a colori delle migliori storie del Nostro, ora pare che l'editore e i due autori stiano pensando ad una ristampa integrale. L'investimento è alto e si potrà concretizzare nella sue interezza se la risposta dei lettori sarà all'altezza delle aspettative. In teoria, quindi, potremmo leggere tutte le avventure di Ken a colori.
Un vero appassionato di Ken Parker dovrebbe essere felice di tutte queste pubblicazioni che fanno rivivere la sua storia, soprattutto se pensa ai lunghi anni nei quali Ken è stato assente dagli scaffali di edicole, fumetterie e librerie. Ne dovrebbe essere felice per se stesso, ma soprattutto perché, a distanza di quasi quarant'anni dalla sua nascita, il personaggio creato da Berardi e Milazzo può essere scoperto e amato da nuovi lettori. Invece, a dar retta ai commenti apparsi su web da parte di parecchi vecchi lettori di Ken, non è così. La fine di Ken non è andata giù a tanti. L'episodio conclusivo è stato considerato una chiusura indegna della storia di Ken. Un modo facile e veloce escogitato dai due autori per levarsi di torno un personaggio che volevano ormai lasciarsi definitivamente alle spalle. Addirittura alcuni lettori di vecchia data hanno interpretato la morte di Ken come un tradimento nei loro confronti, una pugnalata inferta dai due autori ad un pubblico che per tanti anni aveva atteso pazientemente un seguito alle vicende di Ken. Ma ad essere tradito, secondo questi lettori, è stato anche lo stesso Ken, uscito finalmente dopo vent'anni da prigione per finire poi ucciso in un modo così insensato. Ma non finisce qua. La mania del complotto ha scatenato le dietrologie. Berardi e Milazzo hanno liquidato Ken in quattro e quattro otto per poi godersi i soldi di tutte queste ristampe. Tradimento all'ennesima potenza: Ken, figlio del '68, trasformato in merce dalla berlusconiana Mondadori, con la connivenza dei due autori venduti.


Quale è l'errore di fondo di tutte queste elucubrazioni? Mettere se stessi al centro di tutto, pretendendo che una creatura artistica non sia figlia della libertà assoluta dei suoi autori. Ken è uscito dalla testa e dalla matita di Berardi e Milazzo per andare per il mondo. Noi lettori abbiamo condiviso le sue storie, gioendo e addolorandoci insieme a lui. Abbiamo percorso la sua strada standogli a fianco. Ken, quindi, è entrato nelle nostre vite, cambiandocele un po'. Probabilmente è stato più vero e reale lui, personaggio di carta, di tante persone in carne ed ossa che incrociamo lungo la nostra esistenza. E adesso cosa facciamo? Ci dimentichiamo di tutta questa verità e di tutto questo realismo e accusiamo i due autori di averci rubato Ken, di averlo sfruttato e svenduto al miglior offerente? Ma chi siamo noi per accampare diritti su che fine doveva o non doveva fare Ken? Decidiamo noi forse della sorte delle persone che incontriamo per via? Oh, certo, potremmo avere dei desideri su come si accasa Tizio, su dove trascorre la pensione Caio o su quando (il più tardi possibile) morirà Sempronio. Ma sono solo pensieri, aspettative, sogni. La realtà è diversa e non la decidiamo noi. Non ne abbiamo il diritto.
Infine, se penso a tutti coloro che, a fronte delle tre ristampe ravvicinate di Mondadori, accusano Berardi e Milazzo di aver approfittato di Ken solo per guadagnarci sopra, mi vengono i brividi. Credevo, un po' ingenuamente, lo confesso, che i lettori di Ken fossero diversi dagli altri, che fossero delle persone che ragionano senza preconcetti e dietrologie e che sanno porsi nei panni altrui. Evidentemente mi sbagliavo.

venerdì 23 ottobre 2015

La sedizione e la legge (II)



"Sarei presente in quest'aula anche se non fossi io lo scrittore incriminato per istigazione. Aldilà del mio trascurabile caso personale, considero l'imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie. Perciò considero quest'aula un avamposto affacciato sul presente immediato del nostro paese. Svolgo l'attività di scrittore e mi ritengo parte lesa di ogni volontà di censura.
 Sono incriminato per un articolo del codice penale che risale al 1930 e a quel periodo della storia d'Italia. Considero quell'articolo superato dalla successiva stesura della Costituzione della Repubblica. Sono in quest'aula per sapere se quel testo è in vigore e prevalente o se il capo di accusa avrà potere di sospendere e invalidare l'articolo 21 della Costituzione.Ho impedito ai miei difensori di presentare istanza di incostituzionalità del capo di accusa. Se accolta, avrebbe fermato questo processo, trasferito gli atti nelle stanze di una Corte Costituzionale sovraccarica di lavoro, che si sarebbe pronunciata nell'arco di anni. Se accolta, l'istanza avrebbe scavalcato quest'aula e questo tempo prezioso. 
Ciò che è costituzionale credo che si decida e si difenda in posti pubblici come questo, come anche in un commissariato, in un'aula scolastica, in una prigione, in un ospedale, su un posto di lavoro, alle frontiere attraversate dai richiedenti asilo. Ciò che è costituzionale si misura al pianoterra della società.Inapplicabile al mio caso le attenuanti generiche,se quello che ho detto è reato, l’ho ripetuto e continuerò a ripeterlo.Sono incriminato per avere usato il verbo sabotare. Lo considero nobile e democratico. Nobile perché pronunciato e praticato da valorose figure come Gandhi e Mandela, con enormi risultati politici. Democratico perché appartiene fin dall'origine al movimento operaio e alle sue lotte. Per esempio uno sciopero sabota la produzione. Difendo l'uso legittimo del verbo sabotare nel suo significato più efficace e ampio. Sono disposto a subire condanna penale per il suo impiego, ma non a farmi censurare o ridurre la lingua italiana. 
"A questo servivano le cesoie" : a cosa? A sabotare un'opera colossale quanto nociva con delle cesoie? Non risultano altri insidiosi articoli di ferramenta agli atti della mia conversazione telefonica. Allora si incrimina il sostegno verbale a un'azione simbolica? Non voglio sconfinare nel campo di competenza dei miei difensori.
Concludo confermando la mia convinzione che la linea di sedicente alta velocità in Val di Susa va ostacolata, impedita, intralciata, dunque sabotata per la legittima difesa della salute, del suolo, dell'aria, dell'acqua di una comunità minacciata.
 La mia parola contraria sussiste e aspetto di sapere se costituisce reato".

Erri De Luca, 19 ottobre 2015: dichiarazione spontanea resa al processo che si è celebrato presso il tribunale di Torino e che lo vedeva accusato di istigazione a delinquere, in seguito a delle interviste in cui lo scrittore dichiarava che "la Tav Torino - Lione va sabotata". Erri De Luca è stato assolto poche ore dopo perché il fatto non sussiste.

Segue da qui.

giovedì 22 ottobre 2015

Ken Parker Classic N. 16 - "Butch l'implacabile"


È in'edicola il sedicesimo numero della collana Ken Parker Classic, la ristampa delle avventure di Lungo Fucile edita da Mondadori. In questo episodio il personaggio creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo viene incarnato dai disegni del compianto Bruno MarraffaGià nei due episodi ambientati nei ghiacci dell'Alaska settentrionale (Le terre bianche e Il popolo degli uomini) Marraffa era riuscito nel difficile tentativo di proiettare letteralmente il lettore nelle tempeste di neve, di farlo remare in una canoa durante la caccia al tricheco o di inserirlo in un igloo di un villaggio inuit. La precisione con cui il paesaggio e l'ambiente sono stati riprodotti non è l'unico pregio. Ancor più coinvolgente è la fisicità con cui i corpi vengono ritratti: anatomicamente sono perfetti. Basti guardare i comanche protagonisti de Butch l'implacabile, l'episodio che finora esalta di più le doti e lo stile di Marraffa. La loro spietatezza non dipende solo dalla violenza oggettiva degli atti che compiono ma è figlia anche della carnalità con cui sono rappresentati i loro corpi.
Durissimo questo albo, pieno di brutale violenza, fisica e verbale. Butch, cacciatore di scalpi, è una figura riprovevole, contro la quale Ken si scaglia rabbiosamente. Lo vediamo agire spietatamente mentre assassina a sangue freddo un piccolo gruppo di indiani, senza riguardo per vecchi, donne, bambini o malati. E dopo il massacro assistiamo al macabro atto dello scalpo. Berardi non ci risparmia da scene forti. E Marraffa le rappresenta con estremo realismo. Come ho scritto sopra, il grande formato amplifica ancor di più la resa dei disegni e quindi le emozioni che suscitano. Più di una volta, dopo alcune sequenze di vignette, son rimasto colpito dalla violenza trasmessa. E dalla figura di Butch. Un'altra piccola perla uscita dalla fantasia di Berardi e raffigurata perfettamente dall'espressione dura e tagliente creata da Marraffa.



Butch è spregevole, certo, ma anche chi è cattivo e implacabile può avere argomenti interessanti.
"Mi sorprende sempre l'ipocrisia dei moralisti! Credete davvero di avere la coscienza pulita tutti voi!?.. Ci siamo dentro tutti...a cominciare dai politici che non hanno mai rispettato un trattato.. fino ai coloni che invadono le terre degli indiani, e all'esercito che li massacra a mucchi, e all'opinione pubblica che acconsente in silenzio...Per quei musi di rame non c'è speranza! Sono destinati a scomparire fino all'ultimo! E non per volontà di pochi singoli, ma di un'intera nazione!"
La proprietà, il denaro e il potere governano il mondo e, secondo Butch, sono il motore dello sterminio dei nativi. Analisi lucida e realista, non c'è che dire, anche se espressa da un assassino. La sua risposta però quale è? Come reagisce a tutto questo Butch? Visto che gli indiani sono destinati comunque a morire, tanto vale trarne vantaggio. La crudeltà che accompagna i suoi gesti è per lui trascurabile. Interessante a questo proposito il confronto fra Ken e Butch sulle rispettive esperienze di vita con gli indiani.
"Ho imparato a conoscerli, ad apprezzare la loro intelligenza, il loro coraggio, la loro giustizia! Sono un popolo con una civiltà e una spiritualità elevatissime!"
afferma Ken, a cui Butch replica:
"Balle! Io sono stato dieci anni con i comanche e non ne ho visto traccia! L'unica cosa che hanno di umano è l'aspetto ma dentro sono bestie! E come tali li uccido!"
E più tardi, riferendosi ad un guerriero comanche che sta per affrontare in una sfida corpo a corpo:
"Avevo otto anni quando suo padre mi prese con sé dopo aver massacrato la mia famiglia...Finché ne ebbi diciotto, mi trattò come uno schiavo. Poi una notte lo uccisi e fuggii col suo scalpo!"
Ecco, quindi che scopriamo un aspetto importante del passato di Butch, che ci aiuta certamente a capire un po' di più la possibile motivazione delle sue azioni: la vendetta, una vendetta ingiustificabile perché rivolta indiscriminatamente verso tutti gli altri indiani. Comprendiamo ma non giustifichiamo e non accettiamo. Ma il personaggio è splendido.



Butch usa la violenza solo per il proprio tornaconto personale, perché con la violenza è stato allevato e perché, quindi, è l'unico linguaggio che conosce. Di fronte a Butch c'è Ken, un uomo con le sue debolezze e con i suoi ideali, uno che magari fa la stessa analisi di Butch riguardo alle cause dello sterminio degli indiani, ma che si vi si oppone con tutto se stesso, nel suo piccolo, con tutti i suoi limiti, e sapendo che non riuscirà a fermare il processo inarrestabile. Ma c'è un ideale dentro Ken, un ideale molto semplice e spontaneo: il rispetto della dignità umana. Basterebbe questo. Basterebbe assumere comportamenti coerenti nei confronti di questo ideale per avere anche il rispetto di se stessi. Cosa più difficile a farsi che a dirsi. Molto più facile farsi trascinare da bassi istinti, adducendo sbagliate motivazioni personali, inserendole in una più vasta giustificazione "ideologica" come fa Butch. Ken invece ci prova, sbagliando più di una volta come facciamo tutti, ma ci prova. E' questa, in fondo, la differenza fra Ken e Butch.

domenica 18 ottobre 2015

Tex alla francese: intervista a Mario Alberti


"Tex deve essere sempre il punto focale di tutto, anche se se ne vede solo la tesa del cappello. Difficile anche perché recita usando sfumature minime ed è facile eccedere…tutto deve contribuire a mostrare uno che non ha dubbi, non ha esitazioni, non ha paura e vola alto su tutto con un mezzo sorriso."

Il resto della mia intervista a Mario Alberti sul suo Frontera! (di cui Mauro Boselli è autore dei testi) è disponibile a questo link su Fucine Mute.

Il debutto di Morgan Lost


Il primo che mi viene a dire che la Bonelli non sperimenta, lo prendo a calci nel sedere. Dopo il Tex alla francese della coppia Boselli - Alberti, ecco un'altra novità assoluta per la casa editrice milanese. Mi riferisco a Morgan Lost, la nuova serie mensile ideata da Claudio Chiaverotti, all'esordio nelle edicole a partire da sabato 17 ottobre con l'albo intitolato L'uomo dell'ultima notte. Cosa ha di nuovo? Lo si percepisce già dalla copertina di Fabrizio De Tommaso: ha una struttura e una grafica completamente diverse dalle tradizionali Bonelli. E poi la colorazione delle tavole: una mezza tinta grigia con dei particolari rossi in ogni vignetta. Il risultato è unico, molto più innovativo dei colori di Orfani. E si presta perfettamente a dipingere lo sfondo urbano in cui sono ambientate le vicende del protagonista. La città, New Heliopolis, è inquietante, trasmette un senso di profondo disagio, c'è molta oscurità, i profili dei palazzi incutono ansia. Mi ha trasmesso, in altre parole, le stesse opprimenti sensazioni di Sin City. Le caratteristiche urbane si addicono alla realtà distopica nel quale Chiaverotti fa muovere i propri personaggi: ovvero gli Anni Cinquanta di una non ben precisata era dove la burocrazia ha preso il controllo su tutto, dove si lavora quattordici ore al giorno e dove non c'è mai stata la Seconda Guerra Mondiale perché Marlene Dietrich ha ucciso Adolf Hitler nel '37.
Ma, soprattutto, in questa città tetra campeggiano dei mega schermi sui quali vengono proiettate le news riguardanti le gesta efferate di sanguinari serial killer, osannati dai cittadini come delle rock star. E qui entra in scena Morgan Lost e la sua professione: cacciatore professionista di taglie, con tanto di patente rilasciata dalle autorità. Morgan Lost colpisce subito per il tatuaggio che contorna il suo sguardo gelido, triste regalo di un macabro rituale compiuto sei anni prima da due seguaci di Seth, il dio egizio della violenza. Lisbeth, la fidanzata, viene torturata e uccisa mentre Morgan è salvato in extremis dall'intervento di una squadra di polizia, capitanata dall'allora tenente, oggi capitano Regina. Da quel tragico evento, Morgan, prima tranquillo proprietario di un cinema, diventa un implacabile cacciatore di taglie. E Chiaverotti ce lo mostra subito nello svolgimento delle sue funzioni mentre arresta un serial killer, dimostrando, da bravo detective vecchia maniera, una raffinata capacità di deduzione logica. Ma il vero antagonista di questo primo albo è un'altra serial killer, ben più pericolosa e dal modus operandi che rivela dei sinistri collegamenti con l'assassino della fidanzata di Morgan Lost. Non solo: la longa manus dello stato intralcia pesantemente l'indagine del nostro protagonista.



Un albo a tinte forti, quindi, tanto dal punto di vista psicologico (l'animo tormentato di Morgan Lost, così come quello dei suoi antagonisti, sarà un vaso di Pandora da scoperchiare e conoscere storia dopo storia), quanto per le scene forti, ricche di schizzi di sangue e di violenza. Il mix di azione intervallata a flash-back e a brevi fughe oniriche concorre a rendere scorrevole la lettura. Michele Rubini fa un lavoro egregio ai disegni, diventando parte fondamentale per la buona riuscita dell'albo nel suo complesso. Non sono mai stato un cultore del genere horror né di quello distopico, ma Morgan Lost si presenta davvero bene sia per lo stile narrativo che per i disegni, offrendo molti spunti e facendo venire voglia di continuare con l'acquisto del prossimo albo. Cosa peraltro necessaria, visto che l'ultima pagina si chiude con un perentorio "fine primo tempo". 

giovedì 15 ottobre 2015

Ken Parker Classic N. 15 - "Uomini, bestie ed eroi"


È in'edicola il quindicesimo numero della collana Ken Parker Classic, la ristampa delle avventure di Lungo Fucile edita da Mondadori. Quarta ed ultima tappa dell'indimenticabile amicizia fra il personaggio creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo e la giovane Pat O'Shane. Lasciare l'incontenibile Pat è molto doloroso anche per noi lettori, non solo per Ken. Perché ci siamo divertiti un sacco e ci siamo commossi con questa ragazza dai capelli rossi e con il viso punteggiato da lentiggini, impertinente e spiritosa, emotiva e simpatica, istintiva e coraggiosa, ancora bambina per certi aspetti e già donna per altri. Ma non poteva andare diversamente: Pat ha realizzato il sogno di stabilirsi in un ranch acquistato con i propri risparmi, dove sarà aiutata da due onesti lavoratori e da un giovane che le vuole bene. E Ken la ha accompagnata in questa impresa mettendoci, come al solito, tutto se stesso.
"Chiuso in un ranch mi sentirei come in prigione"
obbietta Ken a Pat che non vorrebbe lasciarlo andare via. E aggiunge:
"Ora non hai più bisogno di me. Hai messo le ali, ed è giusto che voli libera, senza pesi..."
C'è tutto Ken Parker in queste due frasi. E quello che Ken lascia nel cuore degli altri, Pat lo grida con tutto il fiato che ha in corpo mentre due lacrimoni le rigano le guance:
"Ti porterò nel cuore, Ken! Per tutta la vita!"
L'albo è celebre anche per la parte iniziale ambientata nel saloon nel quale Ken entra per cercare cowboys da ingaggiare per condurre una mandria da Doge City fino al ranch di Pat. La ricerca diventa il pretesto per far sfilare davanti al lettore e agli occhi increduli e divertiti di Ken una serie di personaggi dei fumetti e dei loro autori.


L'omaggio è a metà fra l'affettuoso e il parodistico. Ci sono anche gli stessi Berardi e Milazzo con cui Ken dialoga. Personalmente l'ho sempre considerata una trovata molto simpatica ma non quel colpo di genio che tanti lettori hanno voluto vedere. Ciò che rende memorabile questo albo non è certo il siparietto metafumettistico iniziale, bensì il commiato fra Ken e Pat. 

lunedì 12 ottobre 2015

Zerocalcare e il potere di una foto


La foto di un antico ponte romano potrebbe essere stata scattata in Italia o in Spagna, in Francia o in Grecia, in Egitto o in Palestina. Ma i Romani si spinsero anche più a Oriente, in Siria, per la precisione nell'attuale Rojava, la regione curda di Kobane. Anche lì, sulla strada che porta a Kobane da Qamishlo c'è un ponte romano. Della foto che lo ritrae e della donna che l'ha scattata Zerocalcare ci racconta la storia in Ferro & piume, il reportage giornalistico a fumetti pubblicato da Internazionale il 2 ottobre. Dopo le 42 tavole del primo servizio di graphic journalism che l'autore romano disegnò e scrisse sempre per la stessa rivista lo scorso gennaio, è ancora la guerra fra l'Isis e i curdi ad essere l'oggetto del suo racconto, vissuto in prima persona.



Questa volta Michele Rech ci riferisce di un particolare incontro vissuto nel giugno di quest'anno lungo la strada che portava lui e i suoi compagni della Staffetta Romana per Kobane nella città capoluogo del Rojava, a lungo contesa fra Isis e curdi. Zerocalcare fa quello che il giornalista dovrebbe fare: andare sul teatro di guerra e parlare con i protagonisti. Ma lo fa senza il cappello del giornalista, bensì con quello di un uomo che cerca di capirci qualcosa in un conflitto che i giornalisti di professione spiegano in modo parziale e di parte. Parla con i resistenti curdi per i quali sta facendo quel viaggio. Incontra Nasrin, una donna, la comandante delle unità di protezione delle donne del Rojava, le YPJ. Una donna che gli presenta tanti volti: quello pietoso del comandante militare che sa consolare i parenti dei suoi combattenti. Quello granitico della resistente politica che ti spiega il gioco sporco e stragista che la Turchia di Erdogan sta giocando sulla pelle dei curdi e dei sostenitori turchi dei curdi. E infine quello sereno di una donna che per un pomeriggio torna a vestire i panni civili da reporter di prima della guerra: imbraccia la macchina fotografica invece del fucile e scatta una bella foto ricordo ad un gruppo di ragazzi italiani su un ponte romano del Rojava, Kurdistan siriano. Il senso della resistenza di quella donna sta tutto in quel gesto: scattare una foto e lottare per poterlo ritornare a fare anche nel futuro, dopo che la guerra si sarà conclusa e i curdi avranno ottenuto la possibilità di vivere in pace, in una società democratica, in fratellanza con le altre etnie. È questo l'obiettivo dei resistenti curdi: una società egualitaria che si fonda su un nuovo patto sociale.



Ed è per questo che sono osteggiati da tutti: dai turchi in primis, ma anche da tutto il mondo occidentale che vede nel loro scopo un pericolo per la stabilità dei loro interessi. Non si spiegherebbe altrimenti il disinteresse, lo scarso appoggio o perfino l'ostilità che hanno ricevuto per la loro lotta democratica dalle potenze occidentali democratiche. Non si spiegherebbe altrimenti la scarsa informazione sulla loro battaglia, sulla loro vita e sulla loro organizzazione statale. Il comandante Nasrim era già stata in Italia qualche mese prima, ma aveva potuto raccontare la propria esperienza di resistenza solo nei circuiti associazionistici e politici di un certo tipo. La grande stampa e i mass media l'hanno ignorata. D'altro canto presentare una donna musulmana che distrugge in un solo istante tutti i pregiudizi che i mass media sono riusciti faticosamente a costruire attorno alla figura del musulmano, è pericoloso. Molto più semplice e comodo lasciarla ospite dei circuiti di informazione alternativi, che ben pochi seguono, e continuare a bombardare il cervello dei lettori/telespettatori con i soliti luoghi comuni sull'Islam. Semplificare male è la parola d'ordine, anziché spiegare la complessità. Quindi dobbiamo ringraziare Internazionale e Zerocalcare per il secondo reportage di graphic journalism sul Rojava, sulla resistenza curda e sul potere di una foto.



domenica 11 ottobre 2015

Il romanzo di Mister No


Inizialmente la formula scelta per celebrare Mister No non mi convinceva tanto: perché un romanzo e non un fumetto inedito? Ma in seguito, addentrandomi nella lettura del secondo Avventura Magazine intitolato Mister No - Come un romanzo, edito il mese scorso dalla Sergio Bonelli Editore, mi son dovuto ricredere. E sì, perché è stato un emozionante tuffo nel passato (quello di Jerry Drake e il mio) ripercorrere la vita di Mister No dalla sua infanzia a New York fino al suo arrivo a Manaus. Attraverso gli undici capitoli scritti egregiamente da Luigi Mignacco ho attraversato continenti, scenari e avventure che hanno reso Jerry Drake il personaggio che diverse generazioni di lettori hanno saputo amare lungo più di trent'anni di pubblicazioni. Probabilmente non c'era modo migliore di celebrare i quarant'anni della nascita dell'anti eroe creato da Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) se non quello di far raccontare in flash-back allo stesso Mister No le vicende che lo hanno condotto nella foresta amazzonica. Letti così di fila tutti gli avvenimenti precedenti all'arrivo a Manuas, si ottiene un quadro molto chiaro del personaggio. Si evidenziano i suoi tratti caratteriali e ideali attraverso le vicende vissute in prima persona.



È proprio la vita vera che ci parla e ci mostra come la violenza abbia sempre inseguito Jerry, prima sulle strade di New York insanguinate dalla lotta fra clan mafiosi e poi sui teatri di guerra di mezzo mondo. Pacifico, Italia, Ardenne: sono questi gli scenari in cui il soldato Jerry Drake affronta l'orrore della guerra, cercando di mantenere sempre viva la propria umanità e credendo sempre nel valore dell'amicizia, anche quando questo comporta gravi conseguenze per lui stesso. Insofferente verso l'insensata disciplina militare, Mister No dice sempre quello che pensa e fa quello che dice. Cerca, in altre parole, di praticare la coerenza, una virtù che è sempre meno diffusa presso gli uomini. Anche negli avvenimenti vissuti nel dopoguerra, al ritorno a casa in una nazione che guarda di traverso i reduci, Jerry si scontra con la violenza di criminali e uomini di stato. Sembra una lotta impari e crudele: Mister No non riesce a vivere in pace e con serenità se non per brevi periodi. Ma c'è anche un altro aspetto che risalta dal racconto della vita di Mister No, ed è un aspetto solare, di un uomo che, nonostante tutto, ama la vita e ama divertirsi. Le donne, il jazz, le bevute con gli amici costituiscono la parte spensierata della vita di Jerry. I suoi lettori lo amano anche per questo, per il suo lato scanzonato, per la sua capacità di stare insieme agli altri. È il compagno di bagordi che tutti vorremmo avere. Di più, è l'amico che tutti vorremmo avere.
Prima dicevo che la lettura del romanzo di Mignacco è stato anche un tuffo nel mio passato. È stato inevitabile, infatti, non ripensare ai bei momenti che ho trascorso leggendo le avventure di Mister No, anche grazie alle pagine a fumetti (colorate per l'occasione) tratte dagli albi originali e inserite lungo gli undici capitoli del magazine. Mister No è stato il primo personaggio della Bonelli di cui ho cominciato da ragazzino a raccogliere gli albi, richiedendone anche alcuni arretrati. A posteriori direi che, pur nelle straordinarie imprese che solo un personaggio dei fumetti può vivere, il fascino che lungo gli anni ha saputo esercitare su di me sia dovuto al suo realismo e al sentirlo a me vicino. Ci si immedesima più facilmente, infatti, in un uomo che crede nei propri ideali, che cerca faticosamente di mantenerli come rotta della propria vita, pur sbagliando e riprovando. Mister No ha pagato sempre in prima persona le proprie scelte, spesso scomode. Io gli ho voluto e gli voglio bene anche per questo.



L'omaggio a Mister No è stato impreziosito dalle illustrazioni di Aldo Di Gennaro che, unitamente al colore ingiallito della carta, contribuiscono a creare un'aurea nostalgica di romanzo d'avventura d'altri tempi. Al tributo all'anti-eroe creato da Guido Nolitta non potevano mancare Michele Masiero e Roberto Diso, autori della cornice a fumetti iniziale e finale che racchiude il racconto in flash-back.
Ora, dopo questo volume celebrativo, tutti i lettori di Mister No, vecchi e nuovi (e, mi auguro, che dopo questa pubblicazione ce ne saranno molti di nuovi), hanno solo un desiderio. Leggere una storia inedita a fumetti di Mister No. In Bonelli ci stanno lavorando.  

venerdì 9 ottobre 2015

Ken Parker Classic N. 14 - "Ranchero!"


È in'edicola il quattordicesimo numero della collana Ken Parker Classic, la ristampa delle avventure di Lungo Fucile edita da Mondadori. Terza tappa della straordinaria amicizia fra il personaggio creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo e la giovane Pat O'Shane, in una storia disegnata da Giancarlo Alessandrini che ci parla di boxe e del mondo degli incontri clandestini che le ruota attorno. Una vicenda che prelude già alla fine del rapporto fra Ken e Pat, visto che la giovane riesce nell'intento di conquistare il ranch dei suoi sogni, ovvero un posto stabile dove fermarsi. Dubitiamo che l'errabondo Ken vorrà fare altrettanto. Ma questo tema sarà materia dell'albo successivo. Nel presente il biondo trapper diventa perfino boxeur pur di volgere a proprio favore una truffa ordita ai danni suoi e della sua giovane amica, cimentandosi sul ring con un temibile avversario. Pat si dimostra più furba del coraggioso Ken che, nella tavola finale, appare pesto, dolorante e un po' filosofo. Ancora molta ironia e molto affetto fra i due protagonisti ma c'è spazio anche per farci capire meglio un aspetto del carattere e degli ideali di Ken, un uomo che cerca sempre giustizia e non vendetta.

domenica 4 ottobre 2015

Il messaggio di Nausicaa


Ci sono voluti più di trent'anni, ma alla fine Nausicaa della Valle del Vento, il film d'animazione il cui successo convinse l'autore e regista Hayao Miyazaki a dare vita al celebre Studio Ghibli, viene proiettato nelle sale cinematografiche italiane. Ma lo si potrà vedere solo per tre giorni, dal 5 al 7 ottobre, grazie all'evento speciale con cui la Lucky Red ci fa questo grande dono. Sì, perché poter apprezzare questo capolavoro al cinema non si può definire altrimenti. In questo film, infatti, è enunciata tutta la poetica che Miyazaki poi esplorerà e approfondirà nei suoi film successivi: il messaggio ecologista e il rispetto per la Natura, il ripudio della guerra, il ruolo della donna, il volo, la forza e la saggezza che proviene dai propri errori. Un messaggio laico di crescita e di tolleranza, verso gli altri e verso la Natura. 

venerdì 2 ottobre 2015

Ken Parker Classic N. 13 - "La città calda"


È in'edicola il tredicesimo numero della collana Ken Parker Classic, la ristampa delle avventure di Lungo Fucile edita da Mondadori. Continua la straordinaria amicizia fra il personaggio creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo e la giovane Pat O'Shane, in una crime story disegnata da Giorgio Trevisan. Una storia corale, ricca di protagonisti fra i quali spicca Pat e il suo rapporto con Ken, in un alternarsi di momenti ora comici, ora affettuosi.
I due giungono a Rapid City per cercare la madre della ragazza ma vengono coinvolti, loro malgrado, nella rapina che un folto numero di malviventi sta organizzando. Fra questi una donna che, durante una lunga notte passata da sola in compagnia di Pat, instaura un rapporto di intima confidenza con l'adolescente, fino a farla (e a farci) dubitare della sua vera identità. Inutile dire che il racconto del modo in cui si sviluppa questo legame fra le due donne è magistrale.

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