sabato 4 luglio 2015

La ristampa di Linus


Oggi, sabato 4 luglio, chi acquista il quotidiano La Repubblica (ma anche chi non lo fa se l'edicolante è compiacente come il mio) può portarsi a casa, al modico costo di 4 euro e 90, la copia anastatica del primo numero della rivista Linus. L'iniziativa editoriale prevede la riproposta settimanale dei primi 12 numeri della rivista che esordì poco più di 50 anni fa, nell'aprile del 1965. Inutile dire che i soldi sono ottimamente spesi, visti i contenuti.
"Questa rivista è dedicata per intero ai fumetti. Fumetti s'intende di buona qualità, ma senza pregiudizi intellettualistici."
Queste sì che sono parole! Sono le prime, in alto a sinistra a pagina 1, l'incipit dell'introduzione, del breve manifesto con cui la rivista si presentò ai lettori, senza intellettualismi e senza pregiudizi.
E poi ancora, qualche riga più giù:
"L'unico criterio di scelta di questa "letteratura grafica" è quello del valore delle singole opere, del divertimento che ne può trarre il lettore, oggi; non quello di un interesse puramente documentario o archeologico."
Ovvero: noi di Linus non selezioniamo i fumetti per costruirne un polveroso museo, ma ti offriamo quelli di migliore qualità per farti divertire. E ci riescono fin dal primo numero, dove le strips dei Peanuts sono seguite da una bellissima storia di Braccio di Ferro (Braccio di Ferro e le Arpie, del 1939), un viaggio per i mari che diventa una sorta di Odissea. Si continua poi con Li'l Abner per finire con Krazy Kat.
Molto interessante l'articolo d'apertura (subito dopo l'introduzione) contenente l'intervista di Umberto Eco a Elio Vittorini e Oreste Del Buono, intitolata Charlie Brown e i fumetti. Vittorini e Del Buono ricordano come conobbero le strips di Schulz e poi i tre dibattono sul mondo di Charlie Brown e compagni. Vittorini accosta Schulz a Salinger, ma lo considera più artista perché capace di rappresentare molto meglio il mondo degli adulti attraverso le vicende di questo gruppo di bambini. Io non ho letto Salinger, quindi non posso condividere o meno l'opinione di Vittorini, ma sono d'accordo completamente con quanto scrive successivamente Del Buono, perché il rapporto che ho avuto verso i Peanuts si è evoluto nello stesso modo. Del Buono, infatti, si considera un convertito a Charlie Brown: 
"All'inizio non mi piaceva affatto. Intanto il mio interesse per i fumetti era diretto al genere avventuroso e Charlie Brown non mi divertiva. Trovavo persone che ridevano, leggendo Charlie Brown, e cercavo questa parte di comico senza trovarla. Però a un certo punto è avvenuta proprio una specie di rivelazione: ho scoperto che i fumetti di Charlie Brown sono assolutamente realistici. E' avvenuta addirittura un'identificazione: Charlie Brown sono io. da questo punto ho cominciato a capirlo. Altro che comico, era tragico, una tragedia continua. Ed ecco finalmente ne ho cominciato a ridere. Un fumetto come diagnosi, prognosi ed esorcismo."
Proprio così: da bambino non capivo Charlie Brown, ne compravo i diari scolastici, ma mi annoiava. Poi, cerescendo, ho capito.
L'intervista continua con un'interessante analisi delle caratteristiche del medium fumetto, sempre in riferimento alle strips di Schulz. Queste, a forza di ripetere e accumulare momento su momento, gag su gag, personaggio su personaggio, riescono a costruire un mondo, un significato secondo, che finisce per abbracciare e riflettersi su tutte le strips, rendendole parti di un unico sistema. Eco chiosa affermando che un buon fumetto è quello dove la ripetizione ha un significato e arricchisce la storia. Nel cattivo fumetto, invece, "la ripetizione annoia e dimostra povertà d'invenzione". Semplice, ma vero.
Un'ultima cosa: mi son sempre chiesto perché la rivista non avesse preso il nome del protagonista dei Peanuts. Lo svelano le ultime righe dell'introduzione:
"Perché "Linus"? Perché Linus, partner e antagonista di Charlie Brown, è un personaggio pieno di fantasia (anche "grafica": disegna nell'aria!), è simpatico e ha un nome facile da dire e ricordare."
E' vero: Linus ha più fantasia di Charlie Brown e poi lo amiamo tutti e ci identifichiamo con lui per il suo attaccamento morboso alla coperta.

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