domenica 14 dicembre 2014

Quattro nuove short stories per Tex Willer


Dopo la prima prova di un anno fa, ritornano le storie brevi a colori di Tex Willer nell'albo numero 6 della collana Color Tex, intitolato Stelle di latta e altre storie. Si tratta di un albo che vede diversi autori al loro esordio sulle pagine del Ranger, tanto fra i disegnatori quanto fra gli sceneggiatori. Fra i primi balza subito all'occhio la bella copertina del pordenonese Giulio De Vita, che vorremmo vedere più spesso pubblicato in Italia e non solo Oltralpe, dove il suo talento è stato ampiamente riconosciuto da tempo.
Come ho già scritto in un precedente post, a me piacciono le short stories che sono caratterizzate da uno spazio di azione ben preciso, da una durata di tempo limitata, da personaggi appena abbozzati, da una forte tensione e da un non detto che lascia spazio all'intuito del lettore. E le quattro storie del nuovo Color Tex non mi hanno convinto del tutto.



La prima, Stelle di latta, è proposta dalla coppia di autori di LukasMichele Medda ai testi e Michele Benevento alle matite, qui con l'aiuto di Oscar Celestini alla colorazione. Mi è parsa una storia molto ricca di avvenimenti e di personaggi con un interessante passato, più adatta a dispiegarsi su un racconto lungo piuttosto che su uno breve. Mi sarebbe piaciuto conoscere di più sul passato comune di Carson e dei suoi due vecchi amici ritrovati. Invece tutto è spiegato un po' sbrigativamente: serviva qui un maggiore approfondimento della storia personale e comune dei tre. Inoltre i fatti della trama si svolgono con un'eccessiva fretta. Un bel soggetto che meritava di essere sviluppato su duecento tavole della serie regolare è stato compresso in trentadue. Peccato. Ottima l'esordio texiano di Benevento che caratterizza i due pards alla perfezione, molto classici nella loro naturalezza, così come gli altri personaggi e le varie scene d'azione. Nonostante la buona colorazione, mi è venuta la curiosità di immaginare come sarebbe stato il mood della storia se fosse stata disegnata in bianco e nero, considerando che i neri di Benevento conferiscono alle storie di Lukas un tono cupamente suggestivo.



Maggiore unità di tempo e di luogo ha il secondo racconto, Incontro a Tularosa, firmato da Moreno Burattini per i testi e da Giuseppe Camuncoli per i disegni. Un discreto esordio nel mondo di Tex per il curatore e sceneggiatore di Zagor, altro eroe storico della Bonelli. La tensione è subito molto alta. L'azione è concentrata a Tularosa, un misero pueblo del New Mexico, prima all'interno di una modesta cantina (dal nome sinistro El gato negro) poi nella polverosa main street. Qui, al tramonto, i protagonisti trovano il loro appuntamento con la vendetta e con la morte sfidandosi a duello: temi classici del Far West. Se non fosse per il flash back troppo lungo che provoca un calo della tensione dopo poche tavole e per l'inutile scambio di battute nel finale che spiega come è avvenuta la sostituzione fra Tex e uno dei personaggi, il racconto avrebbe mantenuto un ritmo più sostenuto, e sarebbe risultato più godibile. Camuncoli, qui alla sua prima prova con Aquila della Notte, è un bravo disegnatore noto all'estero grazie ai suoi lavori per la Marvel e la DC, ma la sua tendenza in questa storia a rappresentare le teste dei personaggi piuttosto tozze, soprattutto in Tex, non mi piace. Inoltre ho trovato i colori di Beniamino Del Vecchio troppo sparati.



Il curatore di Tex, Mauro Boselli, ci regala una short story in cui dominano temi come il pregiudizio e l'intolleranza verso il diverso. Nel buio è il titolo del racconto disegnato da un ottimo Luca Rossi e nel buio di un bosco si svolge la maggior parte dell'azione. L'atroce assassinio di due coniugi e la scomparsa della loro figlioletta spinge i prevenuti cittadini di Alder's Gulch, un piccolo centro del Colorado, ad accusare il “mostro” del villaggio. Una classica caccia all'uomo con tanto di torce nella notte e urla inneggianti alla forca. Ma Tex, Carson e Tiger riescono ad evitare il linciaggio, ristabilendo la verità dei fatti e facendo giustizia. Bello l'incipit iniziale con il passaggio brusco dalla scena felice in cui i ragazzini giocano a quella drammatica e violenta dell'assassinio. Da lì in avanti la tensione narrativa rimane sempre alta fino al colpo di scena finale. Da sottolineare anche il dettaglio della bambolina di legno trovata nel bosco dalla bambina che tornerà poi anche alla fine. Se proprio volessi trovare una pecca a questa storia direi che il finale ha una caduta nelle vignette conclusive. L'ultima tavola, infatti, prima ti colpisce allo stomaco con la trovata azzeccata del padre che inaspettatamente uccide il figlio assassino, per evitare un'ulteriore delitto. Poi però ti delude quando scopri che il “mostro”, che hai dato per morto tre tavole prima in seguito ad una fucilata ricevuta alla tempia, è vivo e parla con la bambina. Il che permette a Tex di fare una ramanzina, che suona un po' moralista, agli onesti cittadini di Alder's Gulch. Determinanti per la felice creazione dell'atmosfera cupa della storia sono i disegni del dampyriano Rossi all'esordio su Tex (molto riuscite le espressioni con cui ritrae nei volti dei cittadini l'odio, la rabbia, la paura) e i colori di Romina Denti.


Ma la short story più convincente è, non l'avrei mai detto, Randy il fortunato, scritta da Roberto Recchioni e disegnata da Andrea Accardi. La coppia di autori (all'esordio sulle pagine di Aquila della Notte) è già nota ai lettori della serie bonelliana Le Storie per un paio di albi sul mondo dei samurai che, incomprensibilmente per il sottoscritto, avrà l'onore di una miniserie ad hoc. Non riponevo la minima fiducia nella capacità di Recchioni di imbastire una storia di Tex: non credevo che il suo stile narrativo, che punta spesso all'eccesso, ad alzare i toni, ad abusare dell'azione, potesse adattarsi a raccontare un episodio di Tex Willer. In sostanza, non avrei mai pensato che un autore che ogni tanto fa un po' lo sbruffone potesse scrivere un racconto avente come protagonista un personaggio, come Tex, a cui gli sbruffoni vanno di traverso. E invece mi sbagliavo. Recchioni ha saputo rappresentare in modo originale una delle caratteristiche salienti di Tex: la sua capacità di non mollare mai la preda e di seguirla fino in capo al mondo. Il fuorilegge Randy, la preda in questione, è così ossessionato dal Ranger al punto da sognarlo la notte. Tex è un incubo, è un angelo vendicatore a cui Randy sa, in fondo, di non potersi sottrarre. Il racconto scorre con il giusto ritmo, a partire dall'incubo iniziale, attraverso il breve flash back (che, rappresentato in forma di racconto, non abbassa affatto la tensione), fino alla rapina e alla sanguinaria e ineluttabile resa dei conti. Tex appare direttamente in poche vignette ma la sua presenza è costante, in tutte le tavole, attraverso l'ossessione di Randy. Accardi dà il meglio di sé nelle espressioni con cui ritrae il volto dei personaggi, da quella impenetrabile di Tex, a quella ora terrorizzata, ora da spaccone e infine, in punto di morte, liberatoria di Randy. I colori, ancora di Oscar Celestini, non appesantiscono i disegni, anzi li valorizzano.

giovedì 11 dicembre 2014

Alan Ford, il Maresciallo Tito e la censura (reale o presunta)


Nel post precedente riferivo di un'interessante mostra dedicata ad Alan Ford, inaugurata pochi giorni fa a Sarajevo e organizzata dall'Ambasciata d'Italia nell'ambito delle iniziative previste nel Mese della cultura italiana in Bosnia Erzegovina. La fonte era un'intervista al curatore, il professore Daniele Onori, pubblicata sul web dal think tank Osservatorio Balcani e Caucaso, nella quale si spiegano i motivi dell'enorme diffusione che ebbe il fumetto di Max Bunker e di Magnus nella vecchia Repubblica di Jugoslavia.
Un passo dell'intervista, fra gli altri, mi ha suscitato una particolare curiosità. Alla domanda se la versione jugoslava di Alan Ford avesse mai subito una censura, Onori risponde:
"Sì, ma in forme e dimensioni del tutto marginali. Nella nostra mostra tuttavia abbiamo scelto di dedicare attenzione anche a questo aspetto, perché rivela elementi interessanti sotto il profilo culturale, della comparazione tra la situazione italiana e quella jugoslava del tempo. Più che di censura dovremmo parlare di adattamento culturale, e di scelte operate dal traduttore."
Mi è subito sembrata una risposta diplomatica. Così, con l'aiuto del mio collega Dalibor (colui che mi passò i fumetti Bonelli in serbocroato), ho indagato un po' scoprendo che il termine "adattamenti  culturali" è un bell'eufemismo.
Per esempio, i censori jugoslavi non gradivano affatto le vignette nelle quali erano presenti dei riferimenti al nazismo, così li eliminavano del tutto. Quindi un'immagine di Hitler e uno slogan fascista venivano trasformati rispettivamente in un bel razzo e in una parola più innocua, come si può vedere di seguito nelle due versioni, quella originale italiana e quella serbocroata:





Idem, ad un ufficiale nazista venivano tolti tutti gli elementi della divisa che lo denotavano quale appartenente al Terzo Reich, per farlo apparire come un soldato di un'armata qualsiasi.



















La stupida rigidità dei censori socialisti non permetteva loro di capire la satira che Bunker e Magnus stavano realizzando in questo caso verso l'ideologia nazista. D'altronde stupidità e rigidità sono due concetti che ben si adattano alla parola censura e, soprattutto, a coloro che la praticano. Da questo sito web in lingua croata dedicato ad Alan Ford si possono ricavare altri esempi di tagli o arrangiamenti operati nei confronti del fumetto.



Ma il caso più eclatante di censura fu quello relativo all'albo 39 intitolato "Belle Epoque", uscito in Italia nel settembre del 1972. Qui Alan Ford e Bob Rock indossano la divisa della Legione Straniera e vengono proiettati in un'avventura ambientata nel deserto. Uno dei personaggi è uno sceicco a cui Bunker fa recitare la parte di un cattivo piuttosto ingenuo (per usare un eufemismo), disposto a scambiare il proprio oro in banconote, perché ritenute di maggior valore. Alla fine della storia lo sceicco ci lascia pure le penne. "Dobra stara vremena", questo il titolo in serbocroato, dovrà attendere l'aprile del 1987 prima di venire pubblicato nella repubblica balcanica. Il motivo non è del tutto chiaro. Forse al regime di Tito non piaceva mettere alla berlina uno sceicco, ovvero un rappresentante di quel mondo arabo non allineato con cui negli Anni Settanta la Jugoslavia intratteneva buoni rapporti economici e politici.


Fino a qui abbiamo parlato di censura, più o meno marcata, ma reale. Ora ci spingiamo invece sul territorio della censura presunta, o meglio della censura spacciata per vera ma frutto invece di uno scherzo, cui molti ancora credono.
Mi riferisco a questo albo speciale di Alan Ford che raffigura in copertina nientemeno che Josip Broz, il Maresciallo Tito, il Presidente della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.



L'origine di questo albo non è chiara. Certo è che Bunker e Magnus non l'hanno mai scritto e disegnato, non fa parte della pubblicazione ufficiale, ma nasce da una stamperia clandestina o, più semplicemente, dall'ironia di un appassionato lettore di Alan Ford che ha voluto inserire il capo di stato jugoslavo all'interno di un'avventura del biondo agente segreto.



A questo link su youtube è disponibile l'intera storia attraverso lo slide show di tutte le tavole. Pare che sia un albo molto ricercato e abbia una quotazione sul mercato dei collezionisti fra le più alte della serie di Alan Ford, pur non facendone parte. Complimenti all'autore.

martedì 9 dicembre 2014

Alan Ford in Jugoslavia


In questo vecchio post avevo scritto della enorme diffusione che ebbero i fumetti Bonelli in uno Stato che ormai non esiste più, la Jugoslavia. E della lingua in cui venne tradotto, il serbocroato, la cui origine, storia e fine sono molto interessanti. Dimenticavo però di citare il fumetto italiano che fu un vero fenomeno di massa in quelle terre e che tuttora è pubblicato in molti degli Stati in cui la vecchia federazione socialista si è divisa. Mi riferisco ad Alan Ford.
Lo spunto viene da una mostra inaugurata a Sarajevo pochi giorni fa, intitolata "Alan Ford in BiH: ieri e oggi", organizzata dall'Ufficio Culturale della locale Ambasciata Italiana. Molto interessante l'intervista al suo curatore, il professor Daniele Onori, pubblicata dal think tank Osservatorio Balcani e Caucaso che potete trovare a questo link. Cercando ulteriori notizie mi son imbattuto poi, sempre sullo stesso sito, nella recensione di un saggio del 2012 di Lazar Džamić intitolato “Cvećara u Kući Cveća” (La fioreria nella Casa dei fiori) in cui si analizzano le motivazioni dell'enorme successo che il fumetto di Max Bunker e di Magnus conobbe nel paese Balcanico.


In entrambe le letture mi ha incuriosito il fatto che Alan Ford e il suo mondo fosse in piena sintonia con la società, lo spirito e il modo di sentire jugoslavo. Da come Max Bunker, creando quella combriccola di personaggi grotteschi, avesse descritto un universo in cui non solo si potevano rispecchiare i lettori italiani, ma anche quelli dell'altra costa dell'Adriatico. Alan Ford metteva in luce, quindi, un'affinità fra i due popoli data dall'essere un po' cialtroni, con un rapporto scostante col lavoro e una propensione congenita alla disorganizzazione.
La critica del sistema capitalistico era poi un altro tratto che rese popolare nella Repubblica socialista il fumetto di Bunker. Ma anche il suo essere una satira, non certo voluta dall'autore milanese, del sistema politico jugoslavo, con quel Numero Uno che tanti lettori associavano al Maresciallo Tito (incredibile la coincidenza tra la fioreria che fa da copertura al gruppo TNT e l'ultima residenza in cui dimorò il leader comunista, chiamata appunto La Casa dei fiori).

mercoledì 3 dicembre 2014

Il respiro e il sogno di Ken Parker


Qualche mese fa prestai ad un'amica l'albo a fumetti intitolato Il respiro e il sogno di Berardi & Milazzo, pubblicato nel 1991 dagli Editori del Grifo all'interno della collana La nuova Mongolfiera. La mia amica ama i fumetti ma non conosceva Ken Parker: decisi quindi di farglielo conoscere attraverso una storia a colori che è la summa dei temi affrontati nelle avventure di Lungo Fucile e, nello stesso tempo, è anche uno degli apici stilistici raggiunti dalla coppia di autori. La reazione della nuova lettrice kenparkeriana fu entusiasta: non si sarebbe mai aspettata di leggere con tale interesse una storia, anzi quattro brevi racconti, a fumetti in cui non compare nemmeno un baloon. Questa è infatti la peculiarità de Il respiro e il sogno. Ken è immerso nella natura, durante le quattro diverse stagioni dell'anno, e interagisce con animali e indiani crow di cui non conosce la lingua. Quattro storie mute, perché le parole non servono. E laddove farebbero comodo, interviene il linguaggio dei segni a consentire la comunicazione tra Ken e gli indiani. Il tema ecologista, uno dei più importanti di tutta la saga, è dominante: la natura viene rappresentata ora con toni poetici ora anche nelle sue manifestazioni più violente.
Il rapporto di Ken con gli animali è protagonista assoluto in due racconti. Nel primo, Cuccioli, ambientato in un gelido e innevato bosco invernale, troviamo Lungo Fucile cacciatore di una cerbiatta che prima ferisce e poi, pentito, soccorre accudendo anche i suoi cuccioli. Qui sembra che Ken saldi il suo debito nei confronti del mondo animale. Il suo prodigarsi amorevole fa tornare alla mente infatti le cure che lui ricevette, nella condizione di infermo e disperso nella foresta innevata, dalla cagnetta Lily, in quell'indimenticabile episodio della serie Cepim in cui troviamo il primo speciale rapporto di Ken con un animale. La spietata legge della natura, che prevede cacciatori e prede, colpisce nel drammatico finale la cerbiatta ristabilita dalla ferite e i suoi cuccioli, quando un malridotto indiano uccide tutta la famiglia di cervi per poter sfamare la sua. Ken dimostra tutta la sua umanità: prima, colto dalla rabbia, reagisce imbracciando il fucile con un'espressione inferocita, per poi placarsi subito, non appena si rende conto dello stato di grave indigenza in cui versano i vagabondi indiani. Una mano alzata a mo' di saluto e si chiude un incontro intenso fra due esseri umani durato pochi istanti, in cui hanno giocato solo sguardi e gesti. Senza parole.



Anche nel terzo racconto, Soleado, ambientato in un arido e torrido paesaggio semidesertico, Ken si spende aiutando un animale in difficoltà. In questo caso l'oggetto delle attenzioni è una cavalla selvaggia pronta a partorire. Piene di dolcezza e di ironia sono le scene in cui il Nostro si prende cura della mamma e del piccolo. Fino all'attacco improvviso di un superbo stallone. La riconoscenza della cavalla nei confronti di Ken si manifesta nel suo rapido intervento a bloccare il fatale impeto del maschio. I tre quadrupedi si allontanano insieme e l'episodio si chiude circolarmente con la stessa sequenza di vignette: la mano di Ken che ripara lo sguardo dagli accecanti raggi del sole.
Nel secondo racconto, La luna delle magnolie in fiore, il risveglio primaverile della natura e dei sensi amorosi sono i temi protagonisti. Si tratta dell'episodio più allegro, anche se non mancano momenti drammatici. Ironia e dolcezza segnano l'incontro di Ken con una coppia di indiani crow, fratello e sorella. Se con l'uomo Ken ingaggia una divertente competizione sulle rispettive capacità di cacciatore (realizzato attraverso il linguaggio dei segni), con la ragazza è tutto un gioco di sguardi e sorrisi fino al dono finale di un fiore. Non manca l'intervento degli animali: drammatico quello di un puma che azzanna a morte il cavallo dei due fratelli (finendo comunque ammazzato da Ken), divertente quello della coppia di castori in fase di corteggiamento che fa da contrappunto ai timidi e, alla fine, vani approcci di Ken verso la ragazza indiana.



Se una dolce malinconia accompagna le vignette finali de La luna delle magnolie in fiore, un profonda amarezza pervade il quarto racconto, Pallide ombre, l'episodio più articolato e complesso. Ken si trova ancora a caccia, ma questa volta la canna del suo lungo fucile bagnato da un'incessante pioggia autunnale è puntato su un bisonte solitario. Una serie di flash-back segna il cammino di avvicinamento di Ken verso l'animale. In questi ricordi il Nostro rievoca momenti della sua infanzia spensierata in compagnia di suo padre, dei suoi giochi all'aperto, dell'incipiente sentimento di rispetto nei confronti della natura e degli animali, rappresentati dagli enormi branchi di bisonti che un tempo popolavano le grandi pianure, del suo rapporto di amicizia con un indiano suo coetaneo (Due pance, che poi rincontreremo più avanti nello speciale Ai tempi del Pony Express) durante l'adolescenza e della rivalità fra i due per questioni amorose. Colpiscono allo stomaco i due flashback finali. Il primo vede Ken e Due pance assistere di nascosto allo scempio di un branco di bisonti perpetrato per puro divertimento da parte di un gruppo di bianchi viaggiatori di un treno. Nel secondo, Ken ormai scout dell'esercito, scorta insieme a dei soldati un gruppo malconcio di donne e bambini indiani attraverso un maleodorante tappeto di carcasse di bisonti. Lo sterminio degli animali come mesto presagio del genocidio degli indiani appare prepotente in questo racconto. Spiccano anche alcuni tratti caratteristici di Ken, quali il valore dell'amicizia che va al di là del colore della pelle: seme di quel sentimento di uguaglianza fra gli uomini che accompagnerà sempre Ken nella sua vita.
Per stemperare l'amarezza, il volume si chiude con Quack, omaggio a Paperino, la comica finale, ovvero tre tavole mute di un simpaticissimo duello impossibile fra Ken e Paperino, nate per celebrare il personaggio disneyano nell'anniversario della sua creazione.
Questi quattro racconti, più la comica finale, sono rappresentativi di Ken Parker anche per lo stile e per i disegni. Il linguaggio cinematografico che aveva abolito le didascalie dopo alcuni albi della serie Cepim, qui elimina anche le parole. E allora sono i primi piani e l'espressività che solo Milazzo sa dare ai volti dei protagonisti, uomini ed animali, a recitare, a comunicare sentimenti ed emozioni. Poche tavole per raccontare tanto: e allora il ritmo della narrazione e la concitazione dell'azione sono ottenuti anche con il ricco alternarsi dei piani e dei campi. Gli acquerelli danno poi un tocco di verità e di vita alla pagina.



Mondadori ripropone quest'imperdibile storia nel trentunesimo volume in questi giorni in edicola, fumetteria e libreria della collana Ken Parker. Fanno da cornice altre due episodi, inseriti nella continuity, intitolati Dove muoiono i titani e Un alito di ghiaccio, che vedono il Nostro braccato dalla legge attraverso la regione dei Grandi Laghi fino al confine con il Canada. Tutti e tre gli episodi furono originariamente pubblicati suddivisi in diverse puntate su due riviste: Orient Express e Comic Art. Appartengono quindi alla seconda fase della storia editoriale del nostro amato personaggio, successiva alla serie in bianco e nero della Cepim. La fase dove ci si concesse più libertà per la sperimentazione (e Il respiro e il sogno ne è un esempio tangibile) e dei tempi più consoni per la realizzazione delle storie.

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