martedì 14 ottobre 2014

"Il richiamo di Alma" torna a Trieste con il fumetto di Vanna Vinci


Non poteva mancare ovviamente Trieste fra i luoghi che Vanna Vinci toccherà lungo il tour di presentazione de Il richiamo di Alma, il suo ultimo libro a fumetti, edito da Bao Publishing. La città giuliana è, infatti, lo sfondo in cui si muove Alma, la protagonista del romanzo di Stelio Mattioni, dal quale l'artista cagliaritana ha tratto il racconto a fumetti.
Così si è espressa Vanna a proposito del romanzo dell'autore triestino, pubblicato da Adelphi nel 1980:
"Il libro è bellissimo. Molto forte è la componente triestina. La figura della protagonista secondo me è l’immagine sia della città in se stessa che delle donne triestine, della loro sensualità in alcuni momenti accogliente, in altri sfuggente."
Dopo la pubblicazione a puntate sulle pagine del quotidiano locale Il Piccolo, avvenuta la scorsa estate, ora Il richiamo di Alma è finalmente un libro: il secondo che Vanna Vinci dedica a Trieste, sua "città mentale", dopo Aida al confine. In entrambi i casi la protagonista femminile, oggi Alma, allora Aida, compie un viaggio dentro di sé attraverso il viaggio esteriore lungo le vie e i luoghi di Trieste, rappresentati con estrema fedeltà dall'autrice.
A volte, chi viene da fuori città, posa il proprio sguardo su di essa e ne coglie lo spirito molto meglio di coloro che vi risiedono stabilmente. Certo, bisogna possedere una sensibilità particolare e concedersi il tempo per immergersi tanto nei dettagli quanto nel respiro d'insieme. Pare che Vanna Vinci ci riesca benissimo con questa città di confine, mentale ancor prima che fisico.

giovedì 9 ottobre 2014

Adah - Il capolavoro di Ken Parker


L'appassionato ma anche il distratto lettore di fumetti che non conosce ancora Ken Parker ha un'ottima occasione per rifarsi. Da venerdì scorso può infatti trovare in edicola, libreria o fumetteria il numero 23 della collana Ken Parker edita da Mondadori. Leggerà così due storie, già pubblicate nel 1982 dalla Cepim di Sergio Bonelli nei due rispettivi albi: La donna di Cochito e Adah. Dopo aver girato l'ultima pagina di Adah capirà, ne sono certo, perché Ken Parker è un fumetto unico. Probabilmente si appassionerà a tal punto del personaggio che vorrà recuperarne tutte le copie. Perché Adah è un capolavoro. Mi sbilancio dicendo che probabilmente è il culmine raggiunto dalla coppia Giancarlo Berardi - Ivo Milazzo. Certo, ci sono altre storie che fanno gridare al capolavoro, come Chemako, La ballata di Pat O'Shane, Lily e il cacciatore, Casa dolce casa, Diritto e rovescio o Sciopero (alla quale sono particolarmente legato). Ma Adah ti colpisce, ti sbalestra perché ti rendi conto che è qualcosa di davvero speciale.



Adah è una donna nera di quasi sessant'anni che racconta nel 1908 la storia della prima parte della sua vita, dalla schiavitù alla libertà. Lo fa leggendo le pagine del suo diario e questo è reso graficamente da vignette disegnate a mezzatinta e commentate da didascalie tratte dallo stesso diario: una scelta grafica quanto mai azzeccata. A queste si alternano sequenze con il consueto bianco e nero di Milazzo che raggiunge in questa storia una simbiosi perfetta con la sceneggiatura di Berardi.
Adah è il racconto di un'emancipazione, della conquista della libertà, dove con libertà non si intende soltanto la rottura delle catene, ma la piena espressione delle potenzialità di una persona. Berardi ci racconta con crudo realismo e con grande precisione storica la vita degli schiavi neri negli stati del Sud. Lo fa attraverso gli occhi di una bambina che scopre il suo mondo alternando stupore a paura. Mondo popolato da tanti tipi umani, connotati con la solita maestria da Berardi. E crescendo, Adah scopre di essere una schiava privilegiata: nota che la sua famiglia non è costretta a lavorare nelle piantagioni di cotone del padrone e che la sua casa è migliore del lurido dormitorio dove alla sera cadono sfiniti gli altri schiavi. La bellissima madre le rivela che lei e i suoi fratelli sono figli del signor Barrow, il loro padrone. E allora l'autore ci mostra i sentimenti di una bambina che cerca di essere amata anche dal suo impossibile padre. E che ovviamente non ce la fa, e piange.
Poi viene la Guerra di Secessione, raccontata attraverso le speranze e i pensieri degli schiavi. Barrow muore in battaglia e i componenti della famiglia di Adah, privi della protezione del padrone, si perdono o muoiono presi di mira dai figli legittimi bianchi di Barrow. La liberazione dalle catene della schiavitù giunge amarissima per Adah, preda della violenza dei soldati nordisti.



Si chiude la prima delle tre parti in cui è suddivisa la storia e il nuovo lettore si rende conto che Ken Parker non è ancora entrato in scena. Da una parte immagino il suo stupore, dall'altra penso che non lo consideri un problema perché il racconto di Adah è così coinvolgente da buttarsi a capofitto nella seconda parte. Dove troviamo la protagonista arrangiarsi come può fra le macerie della Richmond del dopoguerra. Vediamo Adah uscire dalla miseria grazie all'incontro fortuito con Horace, un ragazzo nero, sua vecchia fiamma nella piantagione, che si è fatto strada nelle agenzie governative. Trepidiamo per lei perché intuiamo che il suo ragazzo la sta ingannando e non possiamo far altro che disperarci insieme a lei quando Horace sparisce portandosi dietro quel poco che Adah aveva accumulato. Siamo felici per lei quando ritrova Tom, il fratello idealista che lotta per l'emancipazione dei neri, ma un smorfia d'amarezza attraversa il nostro viso quando la vediamo costretta per poter campare a fare la prostituta d'alto bordo. Non posso immaginare il lettore che non si rattristi a vedere come l'ex schiava Adah soddisfi ora i piaceri dei ricchi signori del sud, schiera cui il suo stesso padrone apparteneva. Ma anche questa parte della vita di Adah ha una fine improvvisa e burrascosa. La seconda parte della sua storia si conclude infatti con una sequenza drammatica di vignette a mezzatinta che vedono Adah sparare ad Arthur, il fratellastro bianco, membro del Ku Klux Klan e autore dell'assassinio di Tom.



Inizia la terza parte ed entra in scena Ken. Il lettore è giunto a tre quarti della storia e Ken appare solo ora. Ventiquattro tavole soltanto. Ma sono sufficienti per far capire, a chi non lo conoscesse, chi è Ken Parker. Lo ha detto anche Berardi: Ken non è il vero protagonista dell serie, "è una figura a latere, un testimone, il fulcro attorno al quale si raduna una commedia umana". Lui fa emergere le storie degli altri personaggi come Adah. Sono loro i veri protagonisti della serie. Ma come lo fa? Quale è la qualità umana di Ken che permette al personaggio di diventare il vero protagonista? E' l'empatia, la sua grande capacità di ascolto, di immedesimarsi nei panni dell'altro, e di rimandare al suo interlocutore ciò che ha ascoltato arricchito dalla propria esperienza. E' questo rimando che dà poi al personaggio la forza di affrontare la propria vita, di compiere le proprie scelte, di diventare il protagonista della propria storia. E in Adah è evidentissimo, così come lo era stato con Pat O'Shane.
Adah è in fuga: Arthur si è miracolosamente salvato e la legge la insegue, costringendola a cambiare continuamente città. E' a Hoolbrook, in Arizona, che il destino di Adah si incrocia con quello di Ken. E qui sono ambientate due tavole a mezzatinta tratte dal diario di Adah in cui c'è il cuore di tutto. Adah ci esprime le emozioni e le sensazioni provate durante il racconto della propria storia a Ken, che siede davanti a lei. Ecco alcuni passi:
"Durante il racconto, spiai continuamente il suo viso augurandomi e temendo allo stesso tempo di trovarci sdegno, ribrezzo, paura. ... Immobile ed inespressivo, il suo viso non tradiva nessuna emozione. Solo gli occhi palpitavano di vita. Erano chiari e vellutati, dolci e profondi, ingenui e disincantati. Più che ascoltare le mie parole, sembrava leggere le contraddizioni che nascondevano. Per un attimo mi sentii esposta e violata. Come si permetteva quel tizio di mettermi a nudo più di quanto non stessi già facendo io stessa? Con quale diritto e a che scopo s'impadroniva delle mie sensazioni più intime? Fui sul punto di tacere. Ma non c'era arroganza nel suo sguardo. Se mai, dolorosa partecipazione di chi ha vissuto i momenti drammatici della vita e riesce ad amarla."

Empatia: il cuore di tutto. Adah è colpita dalla partecipazione di Ken. E quindi ascolta le sue parole, che la invitano e le danno la forza per affrontare la Giustizia. Solo così Adah potrà essere una persona veramente libera. Le pagine seguenti vedono Ken aiutare Adah nel liberarsi definitivamente dai suoi spietati inseguitori e, soprattutto, vedono Ken "discreto come un amico e protettivo come un fratello", accompagnare la protagonista nel suo viaggio incontro alla Giustizia. Ma a volte il destino riserva sorprese insperate: in tribunale i due scoprono che il tentato omicidio di Adah era stato prescritto da una precedente amnistia e che gli inseguitori di Adah non erano uomini di Giustizia ma sicari di famiglia.
La tavola finale, ancora a mezzatinta, è fra le più belle di tutta la serie. Ken accompagna Adah al treno. I due si scambiano un arrivederci "ben sapendo che si trattava di un addio". Sono i primi passi di una donna finalmente e veramente libera. Passi ancora incerti ed insicuri, ma guidati da una grande forza interiore che sta nascendo e che fa pronunciare ad Adah le parole finali:
"Mi ci erano voluti ventotto anni per capire che la libertà è un bene prezioso che va conquistato giorno per giorno. Da allora però non l'ho più scordato. Così come non scorderò mai chi me l'insegnò, un uomo bianco dagli occhi vellutati" 

domenica 5 ottobre 2014

Adam Wild, la freschezza dell'avventura


Giri l'ultima pagina e hai la sensazione di avere appena letto una di quelle storie d'avventura d'altri tempi: quando gli eroi si battevano con ardimento in lontani luoghi esotici e affrontavano a viso aperto nemici spietati. Eroi un po' guasconi, che senza guai non ci sapevano stare. Eroi a cui ribolliva il sangue di fronte ad un'ingiustizia e che non si perdevano in calcoli o riflessioni: passavano subito all'azione. Moschettieri, pirati, esploratori. Ecco: esploratori è la parola giusta! Adam Wild è un esploratore scozzese che vive alla fine dell'Ottocento a Zanzibar, dove la schiavitù è ufficialmente abolita ma il suo commercio è comunque praticato grazie alla connivenza delle autorità corrotte. E allora un eroe d'altri tempi che cosa fa per ottenere giustizia? Va dritto a casa del potente trafficante e lo ammazza con le proprie mani.


Vitalità e freschezza sono le caratteristiche de Gli schiavi di Zanzibarl'albo d'esordio della nuova collana mensile con cui la Sergio Bonelli Editore ritorna alla grande avventura. E chi se non Gianfranco Manfredi poteva confezionare un albo in cui Avventura e Storia si intrecciano così armoniosamente. Dopo il Far West cavalcato da Magico Vento, dopo Roma e l'Abissinia della prima guerra coloniale italiana combattuta da Volto Nascosto e dopo la Cina della Guerra dei Boxer vissuta da Shanghai Devil, il teatro della nuova avventura è l'Africa subequatoriale. Ancora il colonialismo è uno dei temi principali, qui rappresentato in una delle sue più aberranti manifestazioni: lo schiavismo. Ed ecco quindi Adam Wild, un eroe dal fisico prestante e dal sorriso beffardo, che si ribella allo status quo.
Ottima prima per la nuova serie Bonelli: storia con tanto ritmo, personaggi ben caratterizzati (oltre al protagonista, promettono bene il conte Molfetta e la principessa bantù Amina, liberata dal nostro eroe) e un'ambientazione affascinante. Merito certamente anche dei disegni chiari e precisi di Alessandro Nespolino, l'ideatore grafico del personaggio che rappresenta una Zanzibar affascinante ed evocativa.
Adam Wild si presenta come la migliore novità autunnale di casa Bonelli, al di là della tanto sbandierata rivoluzione dylandoghiana e della seconda stagione di una serie di cui sarò volentieri orfano... 


sabato 4 ottobre 2014

Il nuovo corso della Bonelli


Ci ho messo un po' di tempo, ma oggi ho finito di guardare su Youtube i 108 minuti della conferenza stampa che la Sergio Bonelli Editore ha tenuto la mattina di venerdì 26 settembre al Blue Note di Milano. Si tratta di un evento storico per la pluridecennale storia della gloriosa casa editrice milanese, perché è la sua prima conferenza stampa in assoluto. Mai prima d'ora, infatti, quelli di via Buonarroti 38 avevano convocato giornalisti e addetti ai lavori per comunicare nuovi prodotti e nuove strategie. Segno quindi di una svolta nelle logiche di comunicazione della casa editrice.
La data scelta non è poi casuale: tre anni fa moriva Sergio Bonelli e il primo pensiero di Michele Masiero (caporedattore) e di Mauro Marcheselli (direttore editoriale) è rivolto giustamente a lui e alla nuovissima sezione del sito dedicata alla sua figura di autore ed editore oltre che all'uomo Sergio Bonelli.
Quali i temi di questa conferenza stampa? Sostanzialmente due: la presentazione di nuove testate o il rinnovo di testate già esistenti e, soprattutto, l'annuncio della volontà della casa editrice di portare i propri personaggi nelle produzioni multimediali.
Adam Wild, la seconda stagione di Orfani intitolata Ringo, e Dylan Dog sono state quindi le collane presentate dai rispettivi autori. Protagonista di questa prima parte: Roberto Recchioni che ha visto il suo già notevole ego diventare smisurato dopo che un'inaspettata comparsa sul palco di Tiziano Sclavi ha sancito ufficialmente il passaggio di testimone nella direzione artistica di Dylan Dog (la mano di Sclavi appoggiata sulla spalla di un Recchioni a capo chino sapeva tanto di investitura medievale da parte del vecchio re che si ritira nei confronti del novello regnante).



L'apertura delle presentazioni tocca in realtà a Gianfranco Manfredi che illustra le caratteristiche del suo nuovo personaggio Adam Wild (in edicola dal 4 ottobre), soffermandosi molto sul ricco parco disegnatori. Avventura classica nel solco della migliore tradizione bonelliana: questo dobbiamo aspettarci dalla serie che, ne sono certo, non deluderà le aspettative dei lettori che conoscono l'autore marchigiano e i suoi precedenti successi bonelliani (Magico Vento, Volto Nascosto, Shanghai Devil e diverse storie di Tex).
Ad un autore che ha dato e sta dando tanto alla Sergio Bonelli Editore e, quindi, al fumetto italiano mi sarei aspettato che fosse concesso molto più spazio. Invece stop. Pochi minuti e viene liquidata la pratica Manfredi/Adam Wild. E allora via con lo show di Recchioni, già ringalluzzito dalla pacca sulla spalla di Scalvi. E avanti con Dylan Dog e il suo nuovo corso. E poi ancora con la seconda stagione di Ringo. Lo sceneggiatore romano è prolisso e ti investe con un fiume di parole. Dice tante cose interessanti ma la sensazione è che si prenda più spazio di quello che gli spetterebbe.



Le cose non migliorano poi quando vengono introdotti Vincenzo Sarno (responsabile del Business Property Development della Bonelli) e Alessandro Ravani (amministratore delegato di RaiCom). Si illustra la nuova strategia della casa editrice che vuole puntare a produrre serie televisive, film, videogiochi, merchandising. Multimediale, quindi, a partire dal core business fumetto. E la prima prova concreta quale sarà? Inutile dirlo: Orfani. Lo si poteva già intuire leggendo la serie cartacea che il naturale sviluppo sarebbe stato il motion comic. Non mi sarei aspettato una collaborazione con la Rai. E invece eccola: 10 puntate da 30 minuti in onda su Rai4 a partire da dicembre. Cos'è il motion comic? Avete presente SuperGulp! Fumetti in TV di quasi quarant'anni fa? Ecco, più o meno quello, ma in una versione molto più effettata (madonna che brutto termine che mi usa Sarno) e in 3D. Più stilosa e fashion, insomma, ma sempre quella roba là. Ma tant'è..
E quindi ancora Recchioni a disquisire di nuovi media, di nuovi linguaggi di narrazione da portare nel fumetto: quelli delle serie televisive e dei videogiochi, tanto per essere chiari. E poi ti domandi perché un albo di Orfani lo leggi mediamente in metà tempo di un altro albo Bonelli? Sì ma Recchioni ti dice che anche il primo albo di Dylan Dog usava un linguaggio talmente innovativo che lo leggevi velocissimamente. Come se la stessa velocità (tutta da dimostare) di lettura fra il Dylan Dog numero 1 e un albo a caso di Orfani bastasse per metterli sullo stesso piano della qualità.... E non basta il motion comic: anche uno sceneggiato radiofonico adatterà Orfani e verrà trasmesso prossimamente.
Mi domando: ma fra tutta la sterminata library (Sarno la chiama così) di personaggi e storie che costituiscono il patrimonio fumettistico e quindi culturale degli oltre sette decenni di storia della Bonelli, proprio con Orfani si doveva fare il grande salto nel multimediale?


Ciliegina sulla torta: le domande in chiusura da parte dei giornalisti/blogger presenti in sala sono tutte per Recchioni e alcune per Sarno o Masiero/Marcheselli: tutte incentrate su Dylan Dog, Orfani e nuova strategia editoriale. Certo, la grossa novità uscita dalla conferenza stampa è l'ingresso in pompa magna della Bonelli nelle produzioni multimediali. Ma proprio perché il tema è così importante non solo per la casa editrice ma per tutto il fumetto italiano, va lasciato affrontare da Recchioni e basta? A me, invece, sarebbe piaciuto vedere attivi sul palco insieme a Manfredi (e non passivi in platea) gli autori storici della Bonelli, come Castelli, Sclavi, Boselli, Serra e Medda. Per non parlare di Berardi e Burattini (mi pare assenti anche dalla platea). O di Enoch, Vietti e Ruju. Questa gente qua (e tanti altri ancora) sono la Bonelli. E loro sono i più titolati a parlare di un argomento del genere.

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