martedì 5 agosto 2014

Petros Markaris racconta la crisi

Ho letto da qualche parte (non ricordo più dove) che il genere letterario che gli americani chiamano crime è quello che sa ritrarre meglio degli altri la società contemporanea, evidenziandone i problemi, le storture, i paradossi. E' quello anche che sa meglio scandagliare dentro l'animo umano, mostrando l'abisso che c'è dentro ognuno di noi. Lo scrittore greco Petros Markaris è uno che ci sa fare con questo genere. Il suo commissario Kostas Charitos della sezione omicidi della polizia di Atene è uno dei personaggi più realistici e credibili che abbia mai letto. Non è di quei detective che danno prova di sé con sparatorie adrenaliniche, inseguimenti mozzafiato e scazzottate al testosterone. Tutt'altro. Charitos osserva, riflette, intuisce. E lo fa nella sua semplicità di uomo comune, che vive in un appartamento modesto ma dignitoso insieme alla sanguigna moglie Adriana, cuoca eccezionale e casalinga perfezionista. Non manca il pericolo, certo: è un inconveniente del mestiere che, in un caso, lo ha portato a prendersi una pallottola in corpo e a farsi un lungo periodo in ospedale. Ma il cuore dell'azione non sta lì. Gli occhi di Markaris e del suo commissario sono sempre rivolti verso la sua società e le persone che la animano.
Nel caso de L'esattore, pubblicato nel 2012, la lente mette a fuoco gli effetti devastanti che la crisi economica sta provocando in Grecia. Si tratta del secondo volume delle trilogia che Markaris dedica al fenomeno che sta stritolando l'economia e la vita di tante persone. Nel 2011 aveva già affrontato il tema con Prestiti scaduti e poi, nel 2013, lo farà con Resa dei conti.
L'esattore colpisce perché la crisi viene affrontata su tre livelli. Il primo è l'oggetto dell'indagine. Un assassino uccide con la cicuta o l'arco i grandi evasori fiscali che lo Stato greco non riesce (o non vuole) colpire, generando un'ondata di paura in altri evasori fiscali che si affrettano così a pagare il dovuto all'Erario e diventando una sorta di eroe nazionale. Evidente l'imbarazzo del Governo greco e della polizia. Delicata l'indagine di Charitos. Geniale l'idea di Markaris.



Ma non è questo il livello che più colpisce. Non tanto quanto quello familiare. Caterina, figlia del commissario, laureata brillantemente in legge e sposa di un medico, è costretta a lavorare gratuitamente presso un avvocato. Non ha prospettive, è frustrata. Pensa di abbandonare la Grecia per andare a guadagnarsi da vivere in Africa accettando un prestigioso incarico di un ente delle Nazioni Unite. Suona familiare? Sì, suona familiare e fa tanta tristezza.
Il terzo livello, quello sociale, è ancora più disturbante. Ogni volta che Charitos e i suoi collaboratori devono prendere la volante per raggiungere il luogo dell'ennesimo omicidio, trovano le strade chiuse o intasate da code interminabili di automobili. Il solito caotico traffico di Atene? No, molto peggio. Manifestazioni, scioperi e agitazioni continue. Non passa giorno che il commissario non debba inventarsi itinerari alternativi per evitare gli ingorghi. Ma lo spettacolo che osserva lungo i marciapiedi è sempre lo stesso: serrande abbassate, negozi chiusi, uomini e donne, greci e immigrati, alla disperata ricerca di un'occupazione. Lui e il genero Fanis, entrambi impiegati pubblici, possono ritenersi fortunati perché son riusciti almeno a conservare il lavoro, subendo soltanto una riduzione dello stipendio e dei contributi. Ma la condizione diffusa dei lavoratori (o degli aspiranti tali) è desolante, se non tragica. E Markaris non la risparmia portando il commissario sulle scene popolate da cadaveri che, in un paio di casi, si rivelano poi suicidi dovuti alla disperazione, alla mancanza di fiducia nel futuro.
Come è facile intuire, anche la storia personale nascosta dietro l'assassino si rivelerà legata alla crisi. Amarissime le sue ultime parole che lasciano  il commissario stravolto e incapace di ribattere:
"Voglio dirle ancora una cosa, signor commissario. Lo Stato greco è l'unica mafia al mondo che è riuscita a fare bancarotta. Tutte le altre si sviluppano e prosperano."
 Speriamo in Tsipras, aggiungo io.

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