domenica 30 giugno 2013

Il diverso respiro delle storie di Tex

Tex - vignetta di Corrado Mastantuono
Recentemente, per varie ragioni, ho lasciato un po' indietro la lettura degli albi mensili Bonelli. Non è un male in sé perché puoi recuperare infilando una serie di numeri contigui che ti consentono di apprezzare meglio le storie. E quello che mi è successo leggendo di seguito le ultime due avventure del Ranger di carta più famoso al mondo. La prima storia di Tex è stata scritta da Tito Faraci e disegnata da Corrado Mastantuono, la seconda vede il ritorno dopo molto tempo di Claudio Nizzi ai testi e di Lucio Filippucci alle matite. Due storie di due albi ciascuna che più diverse l'una dall'altra non potrebbero essere. Che cosa le differenzia? Il respiro e lo spessore dei personaggi.
La prima (L'inseguimento - 629 e Lotta senza respiro - 630) è un godibilissimo intreccio in cui Tex e Tiger Jack inseguono il rapinatore di banche Vince Stanton per arrivare al capo della banda Mitch Fraser. In realtà i soggetti in gioco sono molti di più e gli inseguitori si alternano e si scambiano continuamente. I colpi di scena non mancano e la lettura fila veloce fino all'ironica conclusione. Molto si deve ai magistrali disegni di Mastantuono: i volti espressivi e tirati dei fuorilegge, le scene d'azione rese con un dinamismo e un realismo eccellenti (l'unico difetto: il volto di Tex, a volte troppo duro, quasi cattivo). Giri la quarta di copertina del secondo albo con la coscienza di esserti divertito. Ma cosa ti resta? Ben poco. Quali personaggi ti rimangono dentro? Nessuno. Non c'è spessore, né nei fuorilegge, né negli apache (la cui presenza è troppo fugace), né nel gruppo di cowboys inseguitori. Ti rendo conto che la storia è stata solo uno sfoggio di virtuosismo western. Piccolo cabotaggio, insomma.


Mitch Fraser - vignetta di Corrado Mastantuono
Di tutt'altra pasta l'avventura successiva (L'oro dei monti San Juan - 631 e I volontari di Hermann - 632): un classico, già letto molte volte ma che non stanca mai se viene svolto con attenzione e disinvoltura. D'altronde da un maestro come Claudio Nizzi, il decano degli sceneggiatori di Tex, è lecito aspettarsi una storia di alto livello, di ampio respiro appunto. Niente di nuovo, come detto: la tribù di Utes del capo Hierba Buena vede sconvolta la propria vita dai piani criminosi della solita accolita di affaristi e politicanti (il ring) che, in nome del profitto, vuole sbarazzarsi degli scomodi indiani di turno, alla faccia degli accordi presi a Washington. L'oro della riserva Utes fa gola al banchiere Blackwood, al governatore Mortimer, all'avvocato Nesbitt e al pennivendolo Nolan. Il piano è semplice: addossare agli innocenti Utes la responsabilità di attacchi compiuti ai danni di minatori, sollevare una campagna di stampa ad hoc, spedire un corpo paramilitare di volontari per cacciare gli indiani dalla loro riserva mettendo militari e governo centrale di fronte al fatto compiuto. Ovviamente Tex e Carson si metteranno di traverso riuscendo a ribaltare le sorti della spedizione del colonnello in pensione Hermann e dei suoi volontari grazie alle tattiche di guerriglia di cui il Ranger è ormai maestro.


Gli Utes nella neve - vignetta di Lucio Filippucci
Anche se i disegni di Filippucci (che preferisco su Martin Mystère) non rendono sempre bene il volto di Tex e se l'epilogo della storia è un po' troppo frettoloso, quando chiudi l'albo sei conscio di aver letto una storia che più texiana non poteva essere. E non solo per la trama e la sceneggiatura con alcune vere chicche (come lo scontro fra gli Utes, capitanati da Tex, e i volontari, diretti da un iroso Hermann, sugli scenari imbiancati dei monti San Juan, ottimamente resi, questi sì, da Filippucci), ma soprattutto per i personaggi che ti rimangono dentro a lungo grazie alle efficaci caratterizzazioni psicologiche. Su tutti spiccano Hermann, Hierba Buena e Mortimer. La penultima tavola, che vede i quattro componenti del ring sfilare ammanettati lungo le vie di Denver alla volta della prigione dello sceriffo, sono da antologia. Non si può fare a meno di ricordare le parole di Gian Luigi Bonelli:
"So cosa vogliono i miei lettori: il trionfo del bene. La carogna presa a cazzotti. La gente odia il militare arrogante, il pezzo grosso, il banchiere. Odia il potere. E anche io odio il potere o, come si dice oggi, il palazzo."
Il ring finisce in prigione - tavola di Lucio Filuppucci

Questo è Tex. Non solo, ovviamente, ma non è certamente quello di Faraci che spende due albi interi per eliminare una banda di fuorilegge priva del minimo spessore.

4 commenti:

  1. Duro, ma necessario. LucaT

    RispondiElimina
  2. Speriamo ti leggano anche in Bonelli e recepiscano il messaggio.
    TonyF

    RispondiElimina
  3. Uhm... Non sono così sicuro. Anche io nutro dubbi su certe avventure del Tex di Faraci (mi sembra che ne avessimo già "parlato" in qualche commento), ma non me la sento di "invocare la restaurazione". Purtroppo, il Tex di Nizzi - autore peraltro che ho letto e perfino studiato mi permetto di dire a lungo - negli ultimi anni della sua gestione era diventato un bolo narrativo che restava sullo stomaco.
    Non si può tenere un personaggio in naftalina per trent'anni e sperare "di farla franca". Altrimenti tra non molto tempo, i lettori avrebbero fatto quello che non era riuscito a El Muerto o Yama: inviare a Messer Satanasso il prode Ranger. La neccessità di rinnovamento c'era eccome, e secondo me lo stesso Sergio Bonelli ne era consapevole (il restyling è partito sotto la usa gestione infatti).
    Sugli esiti, ripeto, sono d'accordo che non sono sempre all'altezza delle premesse roboanti, ma fa parte del gioco, del cambio di ritmi e registri. E poi dovremmo parlare anche di Boselli :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Marco, sei andato un po' oltre le intenzioni di questo post. Ho paragonato due storie del Ranger pubblicate consecutivamente e scritte da due sceneggiatori diversi, evidenziando come il respiro delle storie e la profondità dei personaggi fossero ben diverse (a vantaggio di quelli Nizzi, ovviamente....). Non sto invocando affatto la restaurazione: ho detto solo che, piuttosto di un Tex pieno di stereotipi e privo di spessore come quello scritto da Faraci in questa avventura, preferisco di gran lunga la tradizione nizziana profusa nella vicenda degli Utes.
      Che il Tex di Nizzi, nel tempo, avesse mostrato i suoi limiti e che la necessità di evoluzione fosse necessaria affidando il Ranger a nuovi sceneggiatori, mi trova ampiamente d'accordo. Se vai a rileggerti, infatti, altri miei post a commento di storie precedenti, vedrai come abbia spesso lodato il Tex corale di Boselli (e come non farlo...), quello classico di Manfredi e anche quello del "neofita" Ruju. Perfino quest'ultimo, arrivato sulle pagine texiane ben dopo Faraci, lo sa interpretare meglio proponendo delle storie che ho letto con grande piacere.
      Ciao

      Elimina

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...