mercoledì 28 dicembre 2011

Layla - la versione definitiva

"In my humble opinion, it's the finest version"



Eric Clapton non dice final in realtà, ma finest e concordo sulla scelta di questo aggettivo: ma secondo me è così finest da essere anche final....
Mi riferisco alla versione della canzone Layla, introdotta dalle parole sopraccitate, che Slowhand ha eseguito l'aprile scorso insieme a Wynton Marsalis presso il Lincoln Center di New York, accompagnati dalla Jazz at Lincoln Center Orchestra (ne avevo parlato già qui).
Il risultato di questo incontro è stato un pezzo unico, mai ascoltato prima: un orchestrazione con tromba, trombone a tiro, clarinetto e percussioni in cui la chitarra elettrica del bluesman inglese si inserisce perfettamente. L'intro è già spiazzante: un caleidoscopio di suoni provenienti da tutti gli strumenti che lascia poi spazio al tema musicale eseguito ad un ritmo più lento del solito, quasi trascinato, che ti comunica tutta la sofferenza del brano. Le pene d'amore vissute per Layla emergono dalla voce struggente di Clapton, dall'arrangiamento bluesato, dal sorprendente assolo di chitarra seguito dalla tromba, dal trombone e dal clarinetto in un finale strepitoso.
Non bisogna mai porre limiti alle capacità del bluesman inglese, ma credo che sarà difficile ascoltare una versione di Layla più emozionante.
"See if you can spot this one"


E sì che già vent'anni fa Clapton aveva stupito tutti con un diverso arrangiamento di Layla. Toccare uno dei suoi cavalli di battaglia, trasformandolo nella versione unplugged, sarebbe potuto diventare un fiasco completo, invece fu un successo. Slowhand si diverte a stuzzicare il pubblico dello show acustico di MTV, invitandolo a riconoscere il pezzo che si accinge ad eseguire. Un orecchio appassionato della musica di Clapton non impiega nemmeno un secondo a capire di quale pezzo si tratta, ma rimane incredulo della misurata e intima strumentazione che trasforma Layla in un'altra canzone, facendola però restare allo stesso tempo sempre la stessa.
Personalmente son molto legato a Layla unplugged. E' stato un disco, o meglio una musicassetta, che ho fatto suonare fino alla consunzione dal momento in cui me la son regalata come premio per aver superato nell'ottobre del 1992 l'esame di Fisica 2 che, per noi studenti del secondo anno di ingegneria elettronica, rappresentava un vero scoglio e giro di boa insieme, in quanto bloccava tutti gli esami successivi e poiché era "gestita" da un terribile professore che aveva mandato a militare un sacco di ragazzi. Fiero del mio 23 ottenuto al primo tentativo, mi catapultai nel negozio di dischi più vicino, alla scoperta di Unplugged e di quel Clapton che avevo appena conosciuto l'estate precedente grazie ad una romantica Wonderful tonight eseguita da un musicista di un piano bar.
Questo pezzo pop mi aveva spalancato le porte del repertorio blues e rock del musicista inglese. Fra i tanti brani spiccava uno: si distingueva per la ruggente intro con assolo di chitarra (che solo in seguito scoprii essere eseguito nella registrazione originale dal compianto Duane Allman), per il travolgente svolgimento rock e per un secondo movimento, chiamato la pano coda (scritto da Jim Gordon). Si trattava appunto di Layla. Il titolo chiamava in causa una principessa dell'India e un amore ostacolato: il riferimento era personale e legava Clapton ad una coppia: il suo amico George Harrison e la moglie Pattie Boyd.
Il fascino della versione originale del 1970 è comunque sempre intatto ed imperituro, come si può apprezzare in questa interpretazione del 2009.

lunedì 26 dicembre 2011

Mia faza, mia raza

...Per cominciare c'è il "partito dei profittatori". Ne fanno parte tutte le imprese che negli ultimi trent sessant'anni hanno approfittato del sistema clientelare. Innanzitutto le imprese edilizie, che hanno fatto fortuna grazie ai Campionati del Mondo di Calcio del 1990 alle Olimpiadi del 2004, aggiudicandosi appalti pubblici a cifre astronomiche. Al partito dei profittatori appartengono anche le imprese che riforniscono gli enti pubblici: per esempio le ditte che vendono farmaci e apparecchiature mediche agli ospedali...
....Senza le nuove misure d'austerità tutto sarebbe rimasto com'era. Il partito dei profittatori - imprese edilizie e fornitori di ospedali -  aveva stretti legami con il partito al governo e i suoi ministri. Negli apparati dello stato tutti erano a conoscenza di questi accordi e del loro costo per la collettività, ma nessuno ne parlava. E non solo perché i partiti intascavano contributi colossali, ma anche perché le imprese corrotte finanziavano le campagne elettorali dei deputati e assicuravano ai loro familiari posti di lavoro ben retribuiti. Il partito dei profittatori è anche quello degli evasori fiscali, soprattutto professionisti con redditi alti come medici e avvocati. "La visita costa 80 euro. Se vuole la fattura sono 110.", è la frase che si sente ripetere ogni greco italiano  quando entra in uno studio medico. Alla fine la maggior parte dei pazienti rinuncia alla fattura pur di risparmiare 30 euro. Le autorità tollerano e si voltano dall'altra parte per non vedere. E' la conseguenza dell'alleanza che hanno stretto con i professionisti e le imprese...


...La seconda fazione si potrebbe chiamare "partito degli onesti", ma preferisco "partito dei martiri". Ne fanno parte i proprietari delle piccole e medie imprese, i loro dipendenti e i lavoratori autonomi, come i tassisti o gli artigiani. Questi cittadini, che lavorano sodo e pagano regolarmente le tasse, dimostrano che la tesi diffusa in Europa secondo cui i greci gli italiani sono pigri e scansafatiche è completamente falsa. Il partito dei martiri è il più numeroso. Eppure non è abbastanza forte da stringere alleanze vantaggiose, e alla fine viene sfruttato da tutti. I martiri sono gli italiani i greci più colpiti dalla crisi.... Al partito dei martiri appartengono anche i lavoratori e i disoccupati del settore privato.....


..C'è poi il terzo gruppo, che chiamerò il "partito del Moloch". Questo partito recluta i suoi militanti nell'apparato dello stato e nelle imprese pubbliche, ed è diviso in due correnti: da una parte ci sono gli impiegati e i funzionari pubblici, dall'altra i sindacalisti. Il partito del Moloch è la componente esterna al parlamento su cui fa affidamento il partito che si trova di volta in volta al governo. Ed è anche il garante del sistema clientelare, perché è composto in gran parte da quadri e funzionari di partito..... I dipendenti pubblici che fanno parte del partito del Moloch, tuttavia, non sono tutti uguali. Una parte dei suoi militanti starebbe meglio nel partito dei martiri: per esempio quei funzionari che si sono guadagnati il posto di lavoro con un concorso e non grazie a raccomandazioni politiche. Sono gli unici dipendenti pubblici che lavorano (a volte per due o per tre, perché devono fare anche il lavoro degli altri) e sono quindi loro stessi vittime del sistema. Gli altri, invece, hanno stretto un'alleanza non solo con i partiti al governo, ma anche con il partito dei profittatori. Questa grande coalizione domina il partito del Moloch da trent sessant'anni...


..La quarta e ultima fazione della società greca italiana è quella che mi preoccupa di più. E' il "partito dei senza futuro", tutti quei ragazzi greci italiani che passano la giornata seduti davanti al computer cercando disperatamente su internet un lavoro in qualsiasi parte del mondo.... Questi ragazzi hanno una laurea e a volte perfino un dottorato. Ma dopo gli studi li aspetta la disoccupazione....


Brani tratti da un articolo dello scrittore greco Petros Markaris, firmato per Die Zeit e pubblicato in Italia da Internazionale 928 del 16 dicembre 2011.
Le parti in corsivo sono state aggiunte da me al posto di quelle barrate nel testo originale.

sabato 24 dicembre 2011

Ken Parker, i bambini e il Natale

Come potevo non postare questa cartolina natalizia di Ivo Milazzo che afnews oggi riporta?
Che poi l'avevo già vista tempo fa sul sito dell'Associazione Amici di Ken Parker del compianto Paolo Molinaroli, dove scopro che era nata nel Natale 1998 come cartolina/brochure per un'iniziativa di solidarietà intitolata "I bambini hanno diritto all'infanzia".

lunedì 19 dicembre 2011

KP 8: Colpo grosso a San Francisco

Titolo: Colpo grosso a San Francisco
Data: Gennaio 1978

Soggetto/Sceneggiatura:
Giancarlo Berardi
Disegni/Copertina:
Ivo Milazzo



In seconda di copertina un canto funebre, con il consueto disegno di Ivo Milazzo per la rubrica "Tracce nel vento".


Si conclude in questo albo la lunga caccia di Ken nei confronti di Donald Welsh, il sicario che ha ucciso il Commissario agli Affari Indiani Ely Donehogawa e ha causato la guerra fra i Dakota e l'esercito descritta nel numero 4 Omicidio a Washington. E' un episodio che si distingue per la presenza di molta azione da una parte e per il notevole spazio lasciato ai personaggi comprimari dall'altra.
L'azione è subito protagonista nelle prime pagine, quando Welsh, caduto in mare con un pugnale conficcato in una spalla di fronte alla baia di San Francisco, deve vedersela nientemeno che con gli squali. La tavola seguente mostra le fasi della lotta in cui si apprezzano le doti (un po' troppo) atletiche dell'assassino. Da notare le belle vignette scontornate di Milazzo che allargano il campo: la prima completamente dentro l'acqua e l'ultima priva del contorno superiore corrispondente allo parte fuori dell'acqua.


Arrivato a Frisco, Welsh incontra gli altri protagonisti della vicenda. Dapprima la simpatica borseggiatrice Donna Ashford, che cade presto vittima del fascino del sicario.


E poi lo sbalestrato dentista Jack Boots, amico "interessato" di Donna.


La prima parte della storia è tutta incentrata su questi tre personaggi. Welsh dimostra qui il suo lato falso di simpatico e belloccio, al quale Donna non sa resistere, tanto da farsi coinvolgerere nel pericoloso progetto di assaltare la locale Zecca dello Stato.



Il sicario è molto abile nel convincere la ragazza a far entrare nella squadra anche il dentista: dimostra tutto il suo opportunismo riguardo ai modi che Donna dovrà usare.



Ken entra in gioco appena a pagina 39, sottolinenado così il peso dato da Berardi nella sceneggiatura al coro dei personaggi.


Insieme a Dash si mette subito alla ricerca di Welsh. La vignetta seguente ritrae una fase dell'indagine dei due: mi piace molto per come Milazzo usa i chiaroscuri per darle profondità.



La riuscita del colpo alla Zecca si deve all'astuzia e all'ingegno di Welsh che usa le bombole di gas esilarante del dentista per addormentare la guarnigione di soldati di guardia all'oro.


L'altro colpo di genio del sicario consiste nel particolare mezzo di fuga che permette a lui, Donna e Boots di scappare dal fortino in cui si trova la Zecca: una mongolfiera.


La differenza fra un criminale e un ladro è la totale mancanza di scrupoli nel rispetto della vita umana: lo dimostra Welsh quando, nonostante l'opposizione del dentista, "bombarda" con dei candelotti di dinamite i soldati che si sono nel frattempo risvegliati.

Ken è riuscito a capire il piano di Welsh grazie a vari indizi lasciati dal trio a Frisco e accorre alla zecca provocando lo stupore del sicario, rappresentato mirabilmente da Milazzo nelle due vignette seguenti.

Welsh si è liberato del dentista uccidendolo e gettandone il corpo nel vuoto. Nelle ultime pagine dell'albo troviamo un condensato di tante emozioni: la rabbia di Welsh e la tenacia di Ken nel perseguire la sua vendetta ritratte in queste due vignette.


In un' indimenticabile tavola leggiamo sul volto di Donna il susseguirsi prima di paura, poi di sollievo e infine di orribile incredulità di fronte al tradimento di Welsh.


L'epilogo non poteva essere diverso e non poteva non chiudersi laddove era iniziata la storia: nel mare. Questa volta però Welsh deve vedersela con un rivale ben più pericoloso di uno squalo: un uomo in cerca di vendetta.
Nelle due tavole finali (mute a meno dell'ultima vignetta) avvertiamo tutto l'odio reciproco fra i due nemici. Berradi e Milazzo non risparmiano al lettore un primo piano del volto di Welsh colpito a morte: la smorfia di dolore, il sangue che esce dalla bocca, le palle degli occhi che si rivolgono all'indietro. E poi il corpo esanime che assume una postura sgraziata mentre Ken se lo lascia alle spalle.
Nelle due vignette conclusive, infine, si sente il peso, ma anche la necessità, del gesto compiuto da Ken sulle sue spalle ricurve.



Welsh è finalmente morto segnando così la fine del breve ciclo di avventure di Ken legate alla sua caccia.
Si è trattato di un bell'albo, pieno di ritmo, con molto spazio concesso al trio di ladri e ad altri piccoli personaggi di secondo piano, sempre ben caratterizzati (vedi i due "navigati" ragazzini che trovano Welsh svenuto sulla spiaggia dopo la lotta con lo squalo, la "generosa" Ma' Flegel che aveva ospitato Ken e il fratello a Frisco nel passato, il portiere omosessuale dell'albergo in cui Welsh e Donna hanno soggiornato).
E poi c'è il registro di Berardi che alterna magistralmente pathos a siparietti ironici, azione a forti passioni. Siamo solo all'ottavo albo della serie ma la storia di Ken si caratterizza già per il suo stile di sceneggiatura, contenuti e disegni.

sabato 17 dicembre 2011

Come si legittima la violenza?


È giovedì pomeriggio, sono da poco passate le 3. Guido per le vie di Trieste in direzione casa. Sono sollevato. Lo sono sempre (e chi non lo sarebbe) quando esco da una visita specialistica nella quale il medico ti ha appena rassicurato che il tuo fastidioso sintomo non è la spia di nulla di grave.
Accendo così la radio e mi sintonizzo su Radio Tre: a quest'ora c'è Fahrenheit e sentir parlare di idee e libri non può che migliorarmi ancor di più l'umore. Riconosco subito la voce calda di Loredana Lipperini che presenta il tema su cui si dibatte: Come si legittima la violenza? Lo spunto viene dai tragici fatti di cronaca di Torino e di Firenze, nei quali il razzismo riveste un ruolo chiave. Gli interlocutori della Lipperini sono autorevoli: Chiara Volpato, docente di Psicologia sociale all'Università di Milano Bicocca, autrice di "Deumanizzazione. Come si legittima la violenza", e Marco Revelli, docente di Scienza della Politica all'Università del Piemonte Orientale. Il nocciolo della riflessione verte sul clima di tensione e di intolleranza che la crisi economica sempre più profonda sembra aver acuito in Italia e sulle responsabilità della politica e della comunicazione.

Alla domanda riguardante le origini del razzismo in Italia, la Volpato risponde in un modo che mi trova d'accordo: il nostro razzismo nasce dal fascismo, ovvero da un regime che aveva sposato una durissima politica razziale, inaugurandola fra l'altro proprio a Trieste con il famoso discorso tenuto da Mussolini in Piazza Unità sulle leggi razziali. Gli italiani, continua la Volpato, non hanno mai fatto i conti con questo aspetto della loro storia, ma l'hanno rimosso. Ancor oggi molti ragazzi, ma non solo, pensano che fascismo e discriminazione e persecuzione degli gli ebrei non abbiano nessuna relazione o, quantomeno, che il rapporto sia trascurabile.
Spostandosi sul piano della politica, Marco Revelli sottolinea come nelle istituzioni italiane di tutti i livelli, nazionali e locali, sieda una forza politica, la Lega Nord, che da vent'anni fa del razzismo una sua bandiera. E questo non può non avere conseguenze sulla società.
Il mio buon umore a questo punto se n'è già andato: tutto dannatamente vero quanto affermato dagli ospiti ma è ciò che dice la Lipperini a gettarmi nella tristezza più nera. Si sta discutendo del ruolo dei media e la conduttrice cita l'incipit di ciò che il sito di satira Nonciclopedia recita riguardo alla voce Primo Levi:
1° Levi è morto. Chiunque fosse, qualunque cosa facesse, era ebreo, perciò ci tengo a tranquillizzare la popolazione. È morto.
Agghiacciante! Rimango senza parole. Penso che in nome della libertà di espressione si tollerano queste pagine sulla rete che vorrebbero essere di satira, ma che sono soltanto antisemite. C'è un limite alla libertà di espressione: l'offesa della dignità dell'uomo.
Spengo la radio, sono depresso. Ma il mio masochismo mi spinge, una volta giunto a casa, ad accendere il pc, andare in rete sul sito di cui sopra e leggere per intero la voce riguardante lo scrittore torinese. Non mi fermo, cerco Anna Frank sul sito: stessa porcheria. Mi incazzo come un treno e mi viene in mente un pensiero molto triste e che mi fa anche paura.
Penso che chi scrive queste parole è ignorante, non ha empatia e vuole mettersi in mostra. In altre parole: è pericoloso.

lunedì 12 dicembre 2011

Intervista a Moreno Burattini

"Mi reputo molto fortunato (nonostante altre disgrazie) per aver potuto coronare un mio sogno di ragazzo, quello di lavorare nel mondo della carta stampata e di scrivere storie. Tutto si è svolto come se uno sceneggiatore avesse scritto per me un copione pianificando gli accadimenti, e ringrazio l’anonimo autore della commedia della mia vita."
Queste sono alcune parole estratte dall'intervista che Moreno Burattini mi ha concesso molto cortesemente e che potete trovare integralmente qui, su Fucine Mute. Il curatore e sceneggiatore di Zagor ripercorre la sua carriera professionale soffermandosi principalmente su due grandi temi, strettamente legati fra loro. Da una parte il personaggio e il mondo dello Spirito con la Scure che, da più di vent'anni, occupa la maggior parte del suo tempo, dopo aver rappresentato da ragazzo l'eroe a fumetti preferito. Dall'altra il rapporto che lo ha legato per tutti questi anni a Sergio Bonelli, creatore ed editore dello stesso Zagor, ma che ha rappresentato, anche nei panni di Guido Nolitta, molto di più che un semplice datore di lavoro. Di questo e altro Moreno Burattini parla nel corso della nostra conversazione, avvenuta alla fine di questo anno, il 2011, che da una parte gli appassionati di fumetto ricorderanno per il cinquantesimo anniversario della nascita di Zagor, dall'altra per la scomparsa di Sergio Bonelli.

domenica 11 dicembre 2011

Un uomo che ha vissuto la vita di dieci uomini


Kirk Douglas, l'indimenticabile interprete del colonnello Dax in Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick e di tanti altri personaggi, compie oggi 95 anni. Il Post lo ricorda così.
Personalmente non posso non ricordare il ruolo che interpretò in Sfida all'O.K. Corral, il film di John Sturges, in cui il suo Doc Holiday è di una spanna sopra tutti gli altri attori che hanno rappresentato lo stesso personaggio in altre riproposizioni cinematografiche dell'infinito duello fra lo sceriffo Wyatt Earp e i Clanton.


sabato 10 dicembre 2011

Tentacoli sulla democrazia

A distanza di una settimana la rivista Internazionale propone due interessanti cartoline nella rubrica Graphic journalism che hanno qualcosa in comune. Entrambe ci parlano di democrazia e di forze più o meno occulte che la insidiano. Lo stato delle due democrazie oggetto delle cartoline è molto distante l'uno dall'altro. In un caso Golo ci mostra come l'esercito condizioni fortemente la nascente democrazia egiziana. Nell'altro Peter Kuper denuncia l'influenza di una potente lobby economica sulla vita politica e sociale della consolidata democrazia statunitense. Aldilà delle riflessioni di natura etica che inducono nel lettore queste cartoline a fumetti, un punto interessante che le accomuna anche graficamente è la scelta di rappresentare il potere minaccioso attraverso l'immagine di una piovra e dei suoi tentacoli. Certo una metafora non originalissima (noi italiani ne sappiamo qualcosa di Piovra...) ma la resa grafica in entrambi i casi (soprattutto in quello di Kuper) è molto efficace.

Tavola di Golo, da Internazionale 926 del 2 dicembre 2011
Tavola di Peter Kuper, da Internazionale 927 dell'8 dicembre 2011

giovedì 8 dicembre 2011

Addio a Hubert Sumlin, king of blues


Questa è la copertina di un disco storico. Siamo a Londra nel 1970. Il bluesman americano Howlin' Wolf e la sua band incontrano dei musicisti inglesi più giovani. Nascono delle sessions leggendarie che vedranno la pubblicazione nell'anno successivo. In "The London Howlin' Wolf sessions" c'è da una parte il blues di Chicago di Howlin' Wolf e del suo chitarrista Hubert Sumlin, dall'altra una serie di star britanniche che devono molto alla musica dei "vecchi" americani: i loro nomi sono Eric Clapton, Steve Winwood, Bill Wyman, Charlie Watts. Il disco realizza dal vivo un incontro fra due mondi che in realtà si era già avverato musicalmente in precedenza, e continuerà ancora a farlo negli anni successivi. Il rock britannico di fine anni Sessanta e inizio anni Settanta deve molto alle influenze blues di Howlin' Wolf e della chitarra elettrica di Hubert Sumlin. Quel genere unico di rock-blues suonato in Inghilterra prima da John Mayall e dai suoi Bluesbreakers (con Eric Clapton come chitarrista solista), e poi dai Cream di ancora Eric Clapton, Jack Bruce e Ginger Baker è figlio delle chitarre elettriche di bluesman americani come Sumlin. Il rock inglese successivo, a partire dai Led Zeppelin, viene da qui. Sumlin in particolare influenzò il modo di suonare di numerosi altri chtarristi oltre a Clapton: Keith Richards, Jimmy Page, Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan, Jeff Beck, Frank Zappa, Carlos Santana, solo per citare i più famosi.

Hubert Sumlin è morto il 4 dicembre all'età di 80 anni e con lui se ne va una vera e propria leggenda del blues: oltre che con Howlin' Wolf, suonò anche con James Cotton e Muddy Waters. Forse non ci rendiamo conto abbastanza di quanto la musica che ascoltiamo oggi dipenda da quello che hanno composto e suonato musicisti come Hubert Sumlin, e dallo stile in cui l'hanno fatto. I grandi mass media non ne parlano. Personalmente devo la conoscenza musicale di Sumlin ad un mio ex-collega, Andrea, vero cultore di blues. Fu lui che alcuni anni fa, sapendo della mia passione per Clapton, mi registrò una copia di "The London Howlin' Wolf sessions", facendomi così scoprire la maestria del chitarrista americano. Fortunata coincidenza volle che proprio in quell'anno, il 2004, Sumlin pubblicò l'album "About them shoes", il suo ultimo registrato in studio, in cui esegue dei classici di Willie Dixon e Muddy Waters, accompagnato, guarda caso, da Eric Clapton e Keith Richards. Ovviamente il disco fu mio in men che non si dica e girò sul piatto del mio stereo a lungo. Oggi purtroppo lo vado a ripescare dalla mia libreria in occasione di un triste evento. Leggo sul libretto allegato al cd una frase  di Michael Barthel che conclude la presentazione dell'album, e che riassume in poche semplici parole quello che è stato Sumlin:
"And Hubert Sumln is there, always smiling through it all, an playing his guitar, sweet and beautiful. Here's what he's got to say."

lunedì 5 dicembre 2011

Dottore vola in cielo a fare un tacco da Dio

Ieri, in occasione di Fiorentina - Roma, i tifosi della curva Fiesole hanno voluto ricordare con queste parole il Dottore, Socrates, il capitano della Seleção dei primi anni Ottanta, che militò una stagione nella Fiorentina. Era il 1984 quando il dinoccolato centrocampista brasiliano arrivò sulle sponde dell'Arno e io festeggiai alla grande. Ricordo benissimo quanto fossi fiero che un calciatore così bravo, elegante e efficace, un fuoriclasse insomma, giocasse nella mia amata Viola. Ne avevamo bisogno. Il grande ma iellato Giancarlo Antognoni (che si fa abbracciare dal brasiliano in questa foto) era infortunato: a centrocampo avevamo bisogno di un faro. Ma così non fu... Socrates giocò un pallido campionato con poche, anche se belle, reti. Il suo tocco magico si potè ammirare solo a sprazzi. Fu un vero peccato, ci rimasi molto male. Il Dottore passava le serate a tirar tardi, a bere birra e a discutere di politica. Probabilmente questo era il suo grande interesse: in fondo lui è stato un extraterrestre nel mondo del calcio, e non solo tecnicamente parlando.
Un grande che ci fece correre i brividi lungo la schiena quando pareggiò la rete di Rossi trafiggendo l'incolpevole Dino Zoff. Il portiere azzurro, appresa la notizia della morte di Socrates, ha dichiarato: "Da capitano a capitano, a Socrates dico che rimarrà nella storia. Ricordo quel gol dell'1-1 nell'82. Quando si subisce una rete si pensa sempre di chi è la colpa ma gol così li fanno solo i campioni". E Socrates lo era, e io da ragazzino me ne gloriavo davanti ai miei amici e compagni di scuola che erano tutti juventini, visto che il nostro paese, Mariano del Friuli, ha dato i natali proprio al Dino nazionale. Si può solo immaginare il coraggio che un ragazzino, unico tifoso viola fra i suoi coetanei, ha dimostrato, completamente circondato da gobbi. E quindi uno come Socrates mi serviva proprio.... Pura linfa vitale....
Come il grande Antognoni, il giocatore per cui diventai un tifoso viola: ricorderò sempre il 22 novemnre del 1981. quando rimasi sgomento di fronte alle immagini televisive che mostravano il terribile incidente in cui il numero 10 cadde esanime dopo un violentissimo scontro col portiere genoano Martina. La disperazione degli altri giocatori fu ancora più agghiacciante... e così cominciai a seguire le vicende di quel giocatore, prima in ospedale, poi con la lenta ripresa e il rientro fino alla conquista del titolo mondiale nell'estate successiva. Proprio quella che lo vide giocare contro Socrates, e segnare una rete ingiustamente annullata dall'arbitro (sarebbe stata il 4 a 2). Ma mi tolsi la soddisfazione di vederlo dal vivo: fu la prima volta che andai allo stadio, insieme a mio padre, a vedere un Udinese - Fiorentina, finita con un 2 a 2. Ricordo l'emozione di entrare allo stadio, colmo di gente, vedere la curva viola festante, i giocatori e soprattutto Antognoni.
A un ragazzino bastava poco per emozionarsi, anche solo due braccia levate al cielo....





domenica 4 dicembre 2011

Un ebook per Sergio Bonelli

Immagine di Vittorio Tolu

Subito dopo la morte di Sergio Bonelli la mailing list Ayaaaak ha avuto l'idea di realizzare un ebook collettivo a lui dedicato. Ha invitato quindi i lettori a spedire i propri ricordi sulla persona e sul lavoro dell'editore e sceneggiatore scomparso. L'ebook sarebbe stato pubblicato il 2 dicembre, giorno nel quale Sergio Bonelli avrebbe compiuto 79 anni. Mi è piaciuta subito l'idea, così anche io ho inviato il mio personale ricordo.
Come promesso dai promotori dell'iniziativa, l'ebook è pronto e si può comodamente scaricare in pdf, epub o mobi.
Buona lettura!

sabato 3 dicembre 2011

Esportatori di fumetto


Una mostra organizzata da un ente italiano, ma con sede fuori dal territorio nazionale, che valorizza all'estero un vanto culturale italiano, ma poco apprezzato in Italia.
Dove? Ma a Paris, bien sûr!
E cose c'è di speciale nei 15 artisti protagonisti della mostra? Questo:

La caractéristique italienne est d’avoir su garder et créer des formes expressives propres au territoire, constitué souvent de petites villes et de réalités de province, en proposant des thèmes d’une histoire oubliée ou censurée. Il y a une recherche culturelle comune qui trouve ses racines dans un’éducation attentive aux arts visuels, au cinéma, à la photographie, à la littérature. Une tradition qui va au délà des confins et qui lie idéalement les auteurs à la réalité plus vaste du circuit international de « graphic novel ».
Tous les livres présents dans l’exposition ont été publiés en France, un des centres névralgiques de la production de bande dessinée,  qui a reconnu la potentiel du développement du « roman graphique » italien.
Dans cette exposition on mettra à feu les interactions entre la BD, la littérature, le théâtre, le cinéma qui font de Graphic Novel un phénomène artistique et culturel à large spectre qui a contaminé aussi les auteurs de grande renommée. La grande effervescence  autour de la bande dessinée contemporaine est le signe d’un mouvement  au niveau international dans un  tam tam culturel qui démontre comme la culture et l’art soient encore une fois un des éléments propulsifs de la société.
La reconnaissance d’une position de relief des auteurs italiens dans le cadre d’un phénomène à portée internationale se confirme.

 

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