sabato 6 marzo 2010

Quella notte alla Diaz

Ricordo bene quel pomeriggio in cui appresi, leggendo il Televideo, della morte di Carlo Giuliani a Genova. Rimasi attonito, senza parole. Non credevo possibile fosse avvenuta una cosa simile in Italia. Provai paura. E con sgomento e rabbia seguii le notizie e le immagini delle manifestazioni del G8 che si diffusero da Genova nei giorni successivi. Il sogno di un fiume di persone giunte nella città ligure per chiedere, attraverso un linguaggio pacifico colorato e gioioso, un mondo diverso e più giusto si trasformò in un terribile incubo. L'incubo ebbe luogo lungo dapprima lungo le vie di Genova e poi nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto.


Ho rivissuto quelle brutte emozioni che provai quei giorni, leggendo il racconto a fumetti "Quella notte alla Diaz" di Christian Mirra, pubblicato da Guanda. E' una testimonianza agghiacciante in prima pesona di quella che secondo Amnesty International è stata "la più grande sospensione dei diritti democratici, in un paese occidentale, dalla fine della II guerra mondiale". L'autore la visse sulla propria pelle, fu uno dei ragazzi aggrediti e selvaggiamente picchiati alla scuola Diaz durante la notte cilena fra sabato 21 luglio e domenica. La parola giusta sarebbe torturati, ma il nostro codice penale non prevede il reato di tortura. Il racconto ha il pregio, secondo me, di restituire per quanto possibile l'orrore cui fu sottoposto l'autore e molti altri e altre come lui. Lo fa attraverso delle tavole che sono un pugno nello stomaco, ma che servono a far capire l'abisso di dolore e paura in cui finirono molti manifestanti innocenti.


Nello stesso tempo il racconto è anche un alto esempio di giornalismo grafico, perché è una testimonianza personale ma precisa dei fatti della Diaz e di ciò che successe all'autore in ospedale nei giorni seguenti. Ma non solo: Mirra ci ricorda i tentativi della polizia di negare i pestaggi, l'emergere della verità poco a poco e il faticoso iter processuale che lo vide coinvolto. Fatti raccontati attraverso i suoi pensieri e le sue emozioni.


E' un documento di denuncia civile che vorrei fosse letto da tuti quelli che pensano ancora oggi che a Genova i manifestanti se la sono cercata. Vorrei che lo leggessero quelli che ancora pensano che in Italia la legge è uguale per tutti. Non lo è sicuramente per i responsabili delle forze dell'ordine protagonisti di quei giorni che invece hanno fatto carriera. Tuttavia oggi ho letto una notizia che dà un po' di fiducia: in appello è stata ribaltata la sentenza di primo grado per i reati commessi nella caserma di Bolzaneto. 44 fra rappresentanti delle forze dell'ordine e medici sono stati riconosciuti colpevoli, anche se i reati sono prescritti.
E' solo una coincidenza ma pochi giorni fa ho letto Uomo Faber, l'omaggio in forma di racconto a fumetti che Ivo Milazzo e Fabrizio Calzia hanno dedicato a Fabrizio De André. Il cantautore genovese frequentò proprio la scuola Diaz da ragazzino e a questo sono dedicate alcune belle tavole nelle quali si vede il piccolo De André che, entrando in classe, ha una visione terribile. Immagini di poliziotti che picchiano inermi ragazzi dentro una scuola che si trasformano in sequenze dove giacche blu seminano la morte in un villaggio di pellerossa. Un accostamento fra il G8 di Genova e il massacro di Sand Creek che trova nel cantautore il trait d'union.

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