domenica 28 febbraio 2010

Welcome

E' la parola stampata su molti zerbini, compreso il mio, che poniamo davanti alle nostre porte di casa. E' una parola che esprime accoglienza, è un invito ad entrare, prepara il nuovo arrivato a ricevere un abbraccio. Ma non è sempre così. In molti casi è soltanto una formula vuota, un vezzo che calpestiamo distrattamente pulendoci le scarpe. Molte volte tradiamo quel messaggio rifiutando colui che sta sulla soglia, lo rigettiamo indietro da dove è venuto, soprattutto se questi è diverso da noi, se ci fa paura perché è sporco, povero, se ci tende la mano chiedendo solo un po' di rispetto.



Scrivo queste parole sollecitato da due stimoli diversi ma che vanno nello stesso verso. Il primo è il film Welcome, appunto, di Philippe Lioret con Vincent Lindon e Firat Ayverdi. E' la storia di un insegnante di nuoto di Calais e di un ragazzo curdo, immigrato "irregolare" secondo le autorità, che vuole a tutti i costi raggiungere la sua ragazza a Londra. E per farlo, è disposto ad attraversare la Manica a nuoto. L'indifferenza iniziale del francese cede il passo all'umanità che lo spinge ad aiutare il giovane, violando così una legge voluta da Sarkozy che vieta ai cittadini di aiutare i migranti. E' chiaro la critica verso le leggi di quell'Europa tanto democratica e liberale con i propri cittadini, e altrettanto crudele e violenta verso gli uomini e le donne che spingono ai suoi confini. Nello stesso tempo la storia personale del maestro di nuoto lo vede ritrovare se stesso solo nel confronto con l'altro, gli fa trovare la propria dignità di essere umano solo cercando di vedere riconosciuta la dignità dell'altro.



Anche da noi in Italia ci sono delle leggi barbare tali per cui la clandestinità è un reato, ovvero la sola condizione di essere entrato nel nostro paese senza i permessi o documenti necessari rende la persona colpevole agli occhi della giustizia italiana. Non ci sono motivazioni etiche, sociali o politiche che giustifichino simili provvedimenti; ma soltanto ragioni economiche. Infatti in questo modo il migrante è sempre più ricattabile e, pur di sopravvivere, è disposto a lavorare in ogni condizione di sfruttamento.



E' anche contro queste oscenità che oggi, 1 marzo, si svolge lo sciopero degli stranieri. Si fermeranno molti migranti che vivono e lavorano qui da noi per ottenere più visibilità sui loro diritti, spesso negati, sul loro contributo quotidiano  alla nostra società, sulle loro intelligenze che la arrichiscono.

Purtroppo non ci saranno tutti quegli immigrati, regolari e no, che rischierebbero tanto a farsi vedere. E' anche per loro che il maggior numero di italiani dovrebbe scendere in piazza partecipando alle varie manifestazioni che si terranno in tutte le grandi città. E' un peccato che i sindacati confederali non se la siano sentita di indire una giornata di mobilitazione generale: non so quante Rosarno dovranno ancora accadere perché la nostra coscienza venga toccata, perché Welcome non sia solo una parola vuota stampata sui nostri zerbini.

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